Artisti in Rete a Vicenza: da Nicola Galli ad Adriano Bolognino

Da sx: Bevilacqua, Bolognino e Galli
Da sx: Bevilacqua, Bolognino e Galli

Il direttore artistico Alessandro Bevilacqua: “In dialogo per valorizzare le potenzialità del territorio oltre che dell’artista”

Il festival Danza in Rete di Vicenza da quattro anni sviluppa il progetto Artista in Rete, che in questa edizione vede una significativa evoluzione: la sua durata da annuale si prolunga in triennale.
Abbiamo approfondito la natura e le potenzialità di questa iniziativa con Alessandro Bevilacqua, direttore artistico della sezione contemporanea, e con gli artisti recentemente coinvolti.

Un/a artista-coreografo italiano emergente: è questo il profilo ricercato dell’Artista in Rete. Con questa etichetta si definisce un artista associato del festival: nel 2022 Lorenzo Morandini, l’anno successivo Roberto Tedesco, poi Nicola Galli; ora è la volta di Adriano Bolognino. Coreografi con poetiche ed esperienze molto differenziate tra loro, proprio perché la pluralità dei linguaggi è una cifra di Danza in Rete, perseguita «per sperimentare sul campo gli effetti che possono dare gli incontri», dichiara Bevilacqua. «Ciascuno è arrivato con necessità e modi diversi, questo ha reso tutto molto più avvincente perché non ci si è mai fossilizzati sulle stesse pratiche. Ognuno ha potuto beneficiare di quello che più riteneva necessario e ha restituito a suo modo. Siamo cresciuti insieme e speriamo di poterlo fare ancora».
Il prescelto, oltre a presentare un suo progetto artistico nel cartellone, assiste agli spettacoli, incontra le compagnie, segnala giovani artisti da programmare, interagisce con le comunità territoriali, conduce masterclass. Può inoltre esprimere un feedback in un’ottica che incoraggi l’evoluzione del festival in una direzione co-costruita da tutte le sue componenti. Oltre al lato creativo e culturale, coltiva anche un altro tipo di know-how: può infatti «interagire con professionisti dello spettacolo a 360°, dal comparto amministrativo a quello tecnico e produttivo».

E’ proprio questa possibilità di crescita che ha messo in luce Nicola Galli, coreografo ravennate della classe 1990 a cui, sin dal 2015, il Festival ha offerto ospitalità e attenzione, fino a riconoscerlo Artista in Rete nel 2024. Secondo la sua esperienza, rispetto ad una più comune residenza creativa, il progetto promosso da Danza in Rete «ha una volontà più prismatica di innestare un cambiamento culturale e smussare gli angoli di confine del ruolo dell’artista, accompagnandolo ad uscire da una visione solipsistica e a comprendere dove e come ci si posiziona nel meccanismo della produzione culturale», con riferimento ai diversi livelli dell’organizzazione, della progettazione, della curatela etc.
Lui stesso ne ha approfittato innanzitutto in qualità di spettatore, esponendosi a visioni di generi (come ad esempio il classico) o di artisti meno frequentati, seguendo prove ed allestimenti; proprio in questi momenti dietro le quinte, ha potuto nutrire il proprio interesse per il light design e la costruzione scenografica. Coinvolto nella co-curatela del festival, nel 2024 aveva suggerito la programmazione di Dance macabre! di Jacopo Jenna in prima regionale. Si è inoltre sentito sollecitato a uscire dalla propria comfort zone raccogliendo la proposta di condurre un laboratorio (Pop) per una fascia d’età per lui inedita, tra i 5 e i 10 anni, ed aprirlo alla partecipazione dei genitori.

Dal suo punto di vista e anche dal nostro, è proprio la sensibilità nei confronti del coinvolgimento di un più ampio numero di spettatori a contraddistinguere la direzione artistica di Danza in Rete: «Che non si riduce alla costruzione di un cartellone ma che pone attenzione alla comunità, al pubblico, alla costruzione delle relazioni».
Anche in edizioni precedenti, la presenza di Galli non si è limitata alla calendarizzazione dei propri spettacoli, ma si è articolata in «appuntamenti tagliati su misura sul proprio percorso artistico» per incontrare una comunità ampia e trasversale: prima o dopo la messinscena, in un rapporto diretto o mediato da un interlocutore critico, nei laboratori o nelle masterclass, negli approfondimenti sia teorici che pratici con la comunità degli Spettatori Danzanti (come avevamo raccontato nel nostro approfondimento dello scorso anno). Di fronte ad un pubblico molto eterogeneo per età e formazione, a volte addirittura «al primo assaggio», l’artista mette a fuoco meglio la propria «responsabilità nei confronti degli spettatori», stando a Nicola Galli: ovvero la responsabilità di fornire elementi per apprezzare l’esperienza a cui hanno partecipato, non solo per costruire un bagaglio di strumenti di decodifica ma anche, o soprattutto, per scoprire nell’arte un’occasione per capire meglio se stessi e la propria relazione con gli altri.
Il ricordo più bello dell’Artista in Rete del 2024 è proprio «l’incontro con gli spettatori: in quel momento c’è la prova del nove, i partecipanti ti danno un riscontro rispetto al percorso che hai condotto insieme a loro». Inoltre, a Vicenza forse accade qualcosa di più unico che raro: «Alla fine degli spettacoli si trova sempre qualcuno con cui fare due chiacchiere e quindi ci si sente inclusi in una comunità locale. Immagino che queste relazioni siano moltiplicate per gli spettatori stessi».
Proprio a questo aspetto che rende singolare il festival, Galli si è ricollegato a fronte della nostra richiesta di lasciare un “consiglio non richiesto” a chi gli è succeduto: l’artista associato dovrebbe assumere un ruolo sempre più propositivo per amplificare la vocazione di Danza in Rete, ossia «intendere lo spazio teatro come luogo pubblico, intessere relazioni con modalità nuove, riconnettere e rifunzionalizzare il pubblico non come cliente di un’azienda, né merce da un punto di vista quantitativo, né mero target»; occorre invece tutelare «il valore etico dell’essere pubblico, dell’essere lì uno affianco all’altro nel momento della percezione, della scoperta del sé attraverso l’arte».

Dal 2025 il progetto Artista in Rete diventa triennale e l’azione di sostegno e supporto da parte del festival darà più spazio alla componente produttiva: Bevilacqua specifica che «includerà residenze creative volte alla ricerca e alla sperimentazione, commissioni site-specific che dialoghino con gli spazi e il contesto circostante, nonché coproduzioni strategiche che valorizzino la visione artistica e amplifichino la diffusione delle opere. Inoltre, il nostro impegno si tradurrà in debutti in esclusiva, contribuendo a consolidare un rapporto sinergico capace di generare nuove prospettive per la scena contemporanea».

Fino al 2027 l’Artista in Rete sarà Bolognino, coreografo freelance originario di Napoli, che nonostante la giovane età (classe 1995) ha già all’attivo una lunga sequenza di rinomati premi. Anche lui è di casa a Danza in Rete: «Ho potuto portare quasi tutti i miei lavori all’interno del festival, in diversi spazi teatrali, trovando grande supporto ed un occhio sensibile al mio lavoro», ci racconta. «C’è quindi un legame forte con la direzione e in particolare col pubblico, che ricorda i miei lavori, si dimostra affezionato, partecipa ai workshop con calore».
Bevilacqua conferma che «Bolognino è un artista che stiamo monitorando da parecchio tempo. Lo abbiamo individuato perché abbiamo intravisto in lui delle potenzialità forti per sviluppare le azioni che avevamo in mente». E a questi sviluppi il coreografo partenopeo pare ben disposto e ha di fatto accolto la nomina ad Artista in Rete come «un’occasione per uscire dalla propria comfort zone e prendersi il tempo per tentare, sbagliare, trovare nuove strade rispetto alla mia visione artistica».

Nell’edizione di quest’anno, Bolognino ha presentato “Duse – Nessuna opera”, interpretato dalla Compagnia Opus Ballet e insignito del Premio Danza&Danza come Produzione di Danza Italiana 2024 Middle Scale. Ha inoltre condotto una masterclass con gli Spettatori Danzanti che «ha innescato il desiderio di lavorare con i partecipanti, performer non professionisti ma di grande energia e verità».
E’ infatti questa una delle due sfide del nuovo ruolo che trova più stimolanti: «Coinvolgere i non addetti al lavoro per assorbire il più possibile»; l’altra riguarda un terreno da lui poco praticato finora: «Esplorare la dimensione del site specific». E a tal proposito Bevilacqua anticipa che «siamo in dialogo per comprendere come valorizzare alcuni luoghi storici della città, di incommensurabile bellezza e ricchezza, per porre l’attenzione sulle potenzialità del territorio oltre che su quelle dell’artista. Inoltre c’è la voglia di approfondire la relazione con le nostre comunità più attive, coinvolgendole maggiormente nei progetti artistici».
E’ poco ma sicuro: Vicenza sta assumendo un nuovo fascino a passo di danza.

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