Le 17 Anna di Martin Crimp orchestrate dagli Artefatti. Attempts on her life

Attempts on her life
Attempts on her life
Attempts on her life (photo: teatrodiroma.net)

Dunque, proviamoci. Lei è… una vera e propria epopea. Lei è… ambiziosa. Lei è… lunga. Lei è… densa. Lei è un’opera in tutto e per tutto, firmata Artefatti, e ripresa dopo quattro anni di successo. Lei è… pretenziosa; pura complessità scenica; frutto di un intenso lavoro della regia e sulla regia. Lei è… estremamente difficile da esprimere a parole, dette o scritte che siano. Lei è… ripetitiva. Lei è… unica, senza dubbio: una provocazione estrema alla logica della narrazione. Composta da ben diciassette frammenti, diciassette variazioni sul tema. Assolutamente scompaginata ma quasi mai senza motivo. Lei è… necessariamente difficile da seguire, ed è forte di quest’ultima consapevolezza, perchè punta a qualcosa di più. Lei è… estremamente libera e al contempo estremamente rigida: una lezione di equilibrio.

Lei non è… in cerca di una morale. Lei non è… sicura di quel che vuole dire. Lei non è… un’indicazione su quale sia la retta via, né è la salvezza. Lei non è altro che un esercizio di stile. Ma che stile. Lei vuole dirci che non abbiamo visto ancora tutto. E vuole essere più di quello che sembra, contando su tutti gli elementi in scena ma allo stesso tempo dimostrando che potrebbe farne a meno. Lei vuole… giocare con lo spazio, ma soprattutto col tempo. Vuole che stiamo scomodi sulla sedia, che borbottiamo, che sbadigliamo, che pensiamo “basta così, no?”. Ma lei vuole mostrarci tutta la merce e farsi vedere nuda. Vuole che la guardiamo, che l’ascoltiamo, che la desideriamo, che ci sentiamo chiamati in causa senza poter fare niente per davvero. Lei vuole… insegnarci forse un po’ troppe cose, e alcune le sapevamo già.

Lei somiglia a tutto ma odia gli specchi. Lei somiglia a se stessa, a quel tunnel che va rappresentando, al teatro come concetto puro.
Lei ha deciso che non racconterà la propria storia. Che farà quel che vuole e che a raccontarlo sarà qualcun altro, distribuendo l’anima nelle parole di molti narratori.

Uno spettacolo come “Attempts on her life” di Martin Crimp per la regia – o meglio, “l’orchestrazione” – dell’Accademia degli Artefatti di Fabrizio Arcuri merita di essere trattato come un qualcosa di lievemente diverso. Un troppo che va in cerca di un ulteriore tanto. Se alcune frasi si inseguono, qui, perdendo spesso senso sintattico, è perchè tentano di ricalcare il percorso di un flusso, quello della performance, che per quasi quattro ore esplode come un fiume in piena frantumata la diga che lo conteneva. I diciassette frammenti compongono, ciascuno per sé e ognuno per l’altro, un dizionario meticoloso dell’immaginazione umana.

Il testo è una perla della drammaturgia sperimentale, che riesce a trascrivere con una precisione impareggiabile l’intero codice genetico di un personaggio. Ogni ricordo indelebile, ogni pulsione irrefrenabile, ogni sfumatura lieve, ogni singolo centimetro di tessuto dell’animo vengono raccontati dalle dieci voci, componendo la mappatura integrale di un carattere comune. Uno degli esperimenti narrativi più morbosi e feticisti che si possano immaginare. Una coraggiosa missione speleologica all’interno di una storia, vissuta dall’interno, filtrata da eventi tragici, il cui senso emerge come limo dalla terra fertile. Così come coraggiosa è la scelta registica di Arcuri – estrema come ci si aspettava – che conduce l’intera narrazione, diagnosticandone i sintomi come un complesso morbo del tentativo. Spiegandoci: per ciascuna parola la direzione di ogni intenzione suona come un timido tentativo di auto-incoraggiamento, un training autogeno che porta alla vittoria su un imbarazzo abissale; la paura profonda che, raccontando una tragedia come quella di Annie (la “life attempted” è “her”), si finisca per riconoscersi nella protagonista e nella sua disperazione. Questa linea guida del “tentativo ad oltranza” viene perseguita da Arcuri e dai suoi come unica e ostinata direttrice, come non ce ne fossero altre, a costo di dilungarsi, a costo di farci assaggiare una minestra di tedio e reiterazione, di inerzia e lentezza. Ma con grande rigore stoico, grande ostentazione sadomasochista. Il tutto nella ben conosciuta chiave luminosa, morbosa ed estrema che fa del lavoro degli Artefatti una cifra stilistica tra le più interessanti del teatro contemporaneo.

Nell’improvvisazione, nella libertà del movimento, del corpo, dell’accento, nel tempo delle battute, si avverte sempre e comunque un ascolto straordinario, frontale nella gestione degli spazi ma estremamente trasversale nella resa, coinvolgente nella narrazione, una simpatia vincente nel prendersi gioco dell’uomo. La struttura quasi biblica di questa antologia di situazioni, in cui il testo si tinge spesso di poesia e la messinscena di pittura, favorisce ogni tipo di fruizione, foss’anche quella di scegliere i frammenti preferiti e di assegnare ad essi l’intera responsabilità della comunicazione, concedendosi poi qualche pisolino dove si preferisce. Ma chi riesce a tenere viva, se non la concentrazione, la veglia, scoprirà, disseminate nel mare del racconto, piccole boe a cui aggrapparsi, ancore di salvezza o corde che trascinano giù. Ma pur sempre preziosi punti di riferimento. E avrà trovato le indicazioni per una personalissima salvezza dell’anima.

ATTEMPTS ON HER LIFE – Attentati alla vita di lei
di Martin Crimp
regia: Fabrizio Arcuri
traduzione: Margherita D’Amico
consulenza drammaturgica: Luca Scarlini
produzione: Accademia degli Artefatti
con: Miriam Abutori, Michele Andrei, Matteo Agius, Paola Cannizzaro, Fabrizio Croci, Daria Deflorian, Pieraldo Girotto, Simona Senzacqua, Antonio Tagliarini, Annapaola Vellaccio
scene e costumi: Rita Bucchi
disegno luci: Diego Labonia
musiche: d.j. Ras Noiz
durata: 3 h 45’
applausi del pubblico: 2’ 30’’

Visto a Roma, Teatro India, il 23 maggio 2009

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