«Il rione Cocuzzo lo conosco bene, innanzitutto perché quando mio padre tornò in Italia nel 1976 dalla Svizzera, il suo primo lavoro in Italia fu proprio al Rione Cocuzzo alias “Serpentone”. Io nacqui l’anno seguente. Il cantiere terminò nel 1980, anno del devastante terremoto dell’Irpinia. È un quartiere popolare, e come tutti i quartieri popolari periferici delle città dove si è pensato soltanto a costruire dormitori e nel caso del “Serpentone” anche bruttissimi, le problematiche sociali sono state particolarmente acute e i disagi molto frequenti, soprattutto negli anni finali dello scorso secolo. Questo ha fatto sì che il quartiere fosse etichettato come il “Bronx” di Potenza. Per tentare di riqualificarlo, sì è pensato di consultare degli architetti, e così è venuto fuori il progetto della “Nave”. Essa è opera di illustre architetto spagnolo, di cui non ricordo il nome, ma si diceva fosse ai livelli di un Renzo Piano».
Giuseppe Loisi, potentino doc appassionato di teatro, esprime le peculiarità di un quartiere fatiscente di Potenza, sua città natale, capoluogo di regione che appare dimissionario da se stesso nell’anno in cui l’altro capoluogo di provincia della Lucania, Matera, è capitale europea della cultura.
Matera, la scuderia diventata palazzo signorile. Quando a Potenza nasceva il Rione Cocuzzo con i suoi edifici di 14 piani, 40 metri d’altezza per mezzo chilometro di lunghezza, le abitazioni materane dei Sassi Barisano e Caveoso erano ancora espressione di un Sud primitivo. Nel 1974 il Lessico Universale Treccani deplorava le abitazioni «in gran parte scavate a successivi ripiani nella rupe calcarea, per lo più con la sola facciata in pietra lavorata. Fino a pochi anni fa i due quinti della popolazione dell’intera città dimoravano nel complesso semi-trogloditico dei Sassi, incompatibile ormai con le esigenze più elementari della civiltà moderna». Pochi anni dopo, nel 1978, l’Enciclopedia Europea Garzanti chiosava: «In una regione di profondo sottosviluppo, la città è stata a lungo il simbolo delle condizioni di miseria e di abbandono delle popolazioni dell’Italia meridionale. Matera sorge sul bordo superiore di una gravina scoscesa, scavata profondamente dalle acque ed erosa in ampie cavità […] Da tempo immemorabile gli abitanti hanno utilizzato le grotte naturali, e ne hanno poi scavate altre, murando l’apertura anteriore con lo stesso materiale di scavo, lasciando aperti una porta e, non sempre, una finestra necessaria per l’aerazione di un ambiente in cui convivevano persone e animali domestici».
Un «inferno dantesco»: questo era Matera secondo la “cultura” di quarant’anni fa. In quegli stessi anni il Rione Cocuzzo di Potenza aspirava a essere il nuovo che avanza, ma divenne solo sinonimo di bruttura. Non servì a riqualificarlo il grande progetto della “Nave”, intervento accompagnato da polemiche e contrapposizioni iniziato in via Tirreno nel 2000 e terminato nel 2010 su progetto dello studio Archea. Era stato l’architetto spagnolo Enric Miralles a ideare il grande edificio ipogeo a forma di imbarcazione, con un parco pubblico sulla copertura.
Proprio di fronte a questa costruzione irrelata dal quartiere sorge da oltre dieci anni la sede di Gommalacca Teatro, che ha vinto il bando per Matera 2019 riservato alle compagnie lucane. È nato qui il progetto “Aware – La nave degli incanti”. La direttrice artistica Carlotta Vitale, il regista Mimmo Conte e il drammaturgo Riccardo Spagnulo sono partiti dal Parco Miralles. La nave dal tetto-giardino simbolo di degrado è diventata nave vera.
Una nave volante, costruzione componibile con pannelli, scale, luci colorate e videoproiettori, carrozzone itinerante di 8 tonnellate, lungo 27 metri, profondo 2,5 e alto 8, progettato con lo scenografo Mario Carlo Garrambone. Un viaggio partito da Potenza il 7 luglio e arrivato a Matera il 21 luglio. Milo, un pesce smarrito in cerca di sua madre. E poi una bambina che non vuole dormire. Si chiama Sofia, ha nove anni, ed è la nocchiera di “Aware”. Percorrendo la via Basentana, “Aware” ha fatto tappa a Castelmezzano (10 luglio), Garaguso (14 luglio) e Ferrandina (17 luglio).
Cinque comunità. Cinque spettacoli nutriti dalle storie e dagli elementi raccolti nel territorio. Partner del progetto, l’artista plastico Didier Gallot Lavallée e Andrea Paolucci (Teatro dell’Argine), curatore della supervisione artistica e organizzativa.
“Aware” ha il merito di esplorare il cuore solitario e nascosto di una regione dove spiritualità e magia si fondono. “Aware” è il decollo di una nave a moduli, come Apollo 11 che in una notte di cinquant’anni fa ci portò sulla Luna. Qui non abbiamo una bandiera da piantare, ma una bimba, Sofia, interpretata da una splendida Sara Larocca, nove anni d’età, cinque dei quali spesi a fare teatro. Con lei c’è Milo, pesce smarrito fra dune chiare che si sbriciolano sotto gli agenti atmosferici, modellando gigantesche sculture in argilla che ricordano i pinnacoli della Cappadocia e i canyon dell’Arizona. Nel cast anche Souphiene Amiar, Mino De Cataldo, Marica Mastromarino, Francesco Sigillino, la stessa Carlotta Vitale, gli allievi bambini, ragazzi e adulti dei laboratori di ricerca scenica della compagnia La Klass, gli abitanti delle comunità incontrate.
Una bambina, Sofia, si sveglia in un quartiere di cemento. Esce di casa. Lambisce una nave anch’essa di cemento. Punta una scala verso la Luna, si orienta seguendo le stelle.
“Aware” non è un’architettura solida quanto a impianto drammaturgico: i frammenti di questa storia immaginifica – tra aiutanti, alchimisti, incantatrici maestri-guru, abitanti dai mestieri più svariati, animali fatati – le sequenze di questo romanzo tra formazione, fantasy e mito, a tratti risultano avvolti da una nuvola di fumo impenetrabile per chi segue le tappe isolate del viaggio.
“Aware” è in ogni caso un progetto riuscito perché evidenzia il potere dell’arte di trasfigurare la realtà. Esprime il sogno come elemento di metamorfosi, il teatro come occasione d’incontro e dialogo con le varie comunità incrociate, per sondare spazi e categorie dello spirito.
La nave di cemento di Potenza si scrolla la gravità e inizia a viaggiare. Una bambina come Greta Thunberg risveglia le coscienze intorpidite, come Carola Rackete diventa capitana refrattaria ai diktat che non riconosce.
La Basilicata, con questo progetto, riveste di senso e coerenza una realtà mitica e il fascino primitivo che la pervade. Trasfigurate in termini lirici e meditativi, nascono storie fra vita e morte, fra passato e presente, sublimate attraverso canti corali, coreografie tenui, suoni rarefatti. È il sapore atavico di questa terra senza peccato e senza redenzione, accostata attraverso occhi ingenui ma non sprovveduti.
“Aware” è viaggio della coscienza alla ricerca dell’arcano sepolto dentro ciascuno di noi. La magia è mezzo per dominare la natura in un tempo fuori del presente. Il paesaggio si carica di soprasensi, esprime la familiarità con un mondo selvaggio e rurale.
In questo sogno a metà tra l’età degli dei e quella degli eroi, il senso e la fantasia non sembrano dare strada compiutamente alla ragione. La natura, ineffabile e oscura, grava con la potenza della fatalità sulle sorti degli uomini.
Viaggiamo con “Aware”. La ragione fa un passo indietro per affidarsi alla guida dello stregone, solca foreste informi, lande brulle, villaggi abbandonati di una terra piena di geni e terrore, oscura nasconditrice dei volti. Restiamo impotenti davanti al significato più profondo di un mondo ambiguo, molteplice, infinito.
L’arte veicola la conoscenza. Carlo Levi, autore di un affascinante ritratto della Basilicata ottant’anni fa con “Cristo si è fermato a Eboli”, scriveva in “Paura della libertà”: «L’arte può essere considerata come mitologia, se intendiamo per mito l’espressione di un particolare mondo morale, in quanto riferita al momento del sentimento che ne è condizione, e che si identifica in lei. L’arte è totalità, perché in lei nascono insieme il momento dell’indifferenziato e quello del particolare, l’abisso vi prende forma senza diminuirsi, la passione vi si esprime senza urlo, l’uomo vi è intero, senza legami, sufficienti a se stesso […] L’arte risolve in sé senza residui tutto il mondo morale e religioso, e i territori vaghi del senso e del sentimento. E in quanto la religione si racconti in miti poetici, essa è poesia e non più religione».
Inseguendo “Aware – La nave degli incanti” esploriamo la «Lucania che è in ciascuno di noi» (Levi), momento germinale e decisivo per richiamare alla coscienza le forme della nostra civiltà remota. Riscopriamo l’archetipo collettivo che ci inchioda, tra vento, pioggia, luce, nuvole e polvere dei calanchi, a contemplare il cielo e la Luna: carichi di mistero e stupore, in compagnia di una bimba e di un pesce, tra mille esperienze e personaggi immaginifici.
AWARE – LA NAVE DEGLI INCANTI
Direzione artistica Carlotta Vitale
Drammaturgia Riccardo Spagnulo
Collaborazione ai testi Mimmo Conte, Mida Fiore
Regia Mimmo Conte
Aiuto regia Mida Fiore
progettato con Mario Carlo Garrambone
con: Souphiéne Amiar, Mino Decataldo Sara Larocca. Giuliana La Rosa, Marica Mastromarino, Francesco Siggillino, Carlotta Vitale, La Klass, Abitanti lucani
Compagnia Gommalacca Teatro
Partner di progetto Ateliers SudSide, Recollocal, Teatro dell’Argine
Coordinatrice di progetto Giulia Viggiani
Direttore di produzione Vincenzo Pacino
Direttore tecnico Mariano Izzo
Comunicazione Rosa Lo Monte
Progetto grafico Mauro Bubbico
Videomaker Daniele De Stefano
Ufficio stampa Elena Lamberti
Musicista Nicola Di Croce
Videoartista Elena Fedeli
Mentoring artistico e organizzativo Andrea Paolucci
Consulenza costumi Didier Gallot-Lavallée
Costumista Giovanna Quaratino
Sartoria Souylemane Kone
Collaborazioni PAC – Paneacquaculture TEC – Teatro e Critica
Allestimento luci e videoproiezioni a cura di Bitmovies