Bidibidobidiboo di Francesco Alberici: “Mio fratello mi ricorda lo scoiattolo di Cattelan”

Ph: Francesco Capitani
Ph: Francesco Capitani

Finalista alla 56ᵃ edizione del Premio Riccione per il Teatro, lo spettacolo ha debuttato a La Spezia

“Bidibidobidiboo” è un’opera di Maurizio Cattelan del 1996. Per intendersi, quella dove uno scoiattolo si è sparato in testa e giace accasciato su di un tavolo di formica giallo, con due sedie, un lavello di marmo bianco e un boiler.
Ma la parola rimanda nell’immediato anche al film Disney di “Cenerentola”, e in particolare alla scena in cui la fata trasforma la zucca in una carrozza. Certo, tra l’universo dell’artista veneto e il mondo ovattato di Walt Disney ce ne corre. La distanza è siderale.

La stessa che ci può essere tra chi ha un impiego e chi invece è disoccupato. Oppure tra chi lavora ed è soddisfatto della sua posizione, e chi è oberato da lavoro e colleghi, fino a venirne travolto e ammalarsene, come il protagonista dello spettacolo in questione, Pietro. Questi lavora per una grande multinazionale ed è precipitato in un vero e proprio incubo. Suo fratello Daniele, che di mestiere fa l’autore teatrale, decide di portare in scena la sua storia. Ma a quale prezzo?

Le storie personali e lavorative dei due fratelli sono il perno su cui poggia la struttura drammaturgica di “Bidibidobidiboo”, e divengono spunti ed innesco delle varie tematiche affrontate. Ci sono la precarietà di molte esistenze contemporanee, la scelta di vivere le proprie passioni “sul serio”, la forza e la difficoltà dei rapporti familiari, le gelosie, le incomprensioni, la rabbia e le frustrazioni accumulate e sedimentate negli anni. Tutto questo va ad alimentare un torrente carsico che si affaccia continuamente in scena. Insomma, molta carne al fuoco.

Per cucinarla senza ustionarsi, Francesco Alberici costruisce un intreccio drammaturgico efficace – come non pensare ai lavori di Deflorian/Tagliarini e di Carrozzera Orfeo -, in cui i personaggi d’improvviso scivolano da una storia all’altra, si scambiano i ruoli e passano da una situazione narrata ad una vissuta, e dove il racconto precipita improvvisamente dal ricordo al presente e viceversa. E questo rappresenta uno dei punti di forza del lavoro.

C’è inoltre molta ironia, cosa che non guasta. Si ride come si ride nella vita di tutti i giorni, perché nella tragedia paradossale della quotidianità c’è molto da ridere. Al contempo si viene via via come soffocati, assieme al protagonista, da un’atmosfera aziendale competitiva, esasperata e brutale, dove l’umanità dei rapporti sembra essere dimenticata.

L’inizio è un po’ rallentato e ci sono momenti, nel corso del lavoro, dove il ritmo sembra un po’ calare. Inoltre, sebbene alcune scelte registiche siano di grande effetto, come quella di far comparire alcuni dei personaggi da grandi scatole di cartone presenti in scena, altre risultano non sempre necessarie. Ma non vogliamo approfondire ulteriormente per non togliere la sorpresa agli spettatori, perché queste scelte sono parte integrante e costitutive della drammaturgia.

In occasione della prima a La Spezia non convince appieno la prova degli attori. Certo, quei telefonini che risuonano tra il pubblico nei primi minuti del lavoro di sicuro non aiutano. Ancor di più se il reo, anzi la rea, non trova il corpo del reato, nascosto in chissà quale anfratto della borsa, e lo fa suonare all’infinito. Rimane il fatto che alcuni personaggi convincono meno di altri. A tratti ci sarebbe bisogno di maggior impatto. Bene Andrea Narsi nella parte dell’avvocato, ad esempio, o Maria Ariis quando si trova a vestire i panni della madre.
È bene tuttavia tenere in considerazione il fatto che si è trattato di un debutto, e un lavoro del genere, davvero impegnativo, deve avere il tempo di trovare un proprio ritmo.

Tornando infine all’opera di Cattelan, gli elementi di arredo che la caratterizzano (le scene sono di Alessandro Ratti) li ritroviamo pari pari anche sul palco e dichiarati. E, dobbiamo dire, usati felicemente. L’opera a cui abbiamo accennato, e che dà titolo e ispirazione al lavoro, non appare una scelta peregrina: lo scoiattolo suicida rimanda alla condizione psicologica del protagonista, a quel “giovane impiegato, assunto a tempo indeterminato da una grande azienda, e forse preso di mira da un superiore”, che precipiterà lentamente “in una spirale persecutoria”.

Alla fine, gran parte del pubblico è entusiasta. Chi scrive un po’ meno. Ma col passare dei giorni, mi accorgo di dover rivedere qualcosa delle mie prime impressioni, più negative rispetto a ciò che lo spettacolo lascia dentro.
“Bidibibodibiboo” – testo finalista alla 56ᵃ edizione del Premio Riccione per il Teatro – merita di essere visto, anche se forse non riesce fino in fondo ad essere ciò che vorrebbe.

In scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano dal 20 febbraio al 3 marzo.

BIDIBIBODIBIBOO
regia e drammaturgia Francesco Alberici
con Francesco Alberici, Maria Ariis, Salvatore Aronica, Andrea Narsi, Daniele Turconi
e con Carlo Solinas (solo per il debutto a Fuori Luogo La Spezia)
aiuto regia Ermelinda Nasuto
scene Alessandro Ratti
luci Daniele Passeri
tecnica Fabio Clemente, Eva Bruno
produzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione. In coproduzione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, Ente Autonomo Teatro Stabile di Bolzano. Con il sostegno di La Corte Ospitale
testo creato nell’ambito dell’École des Maîtres 2020/21, diretta da Davide Carnevali
finalista 56° edizione del Premio Riccione per il Teatro

durata: 1h 40′
applausi del pubblico: 4’

Visto a La Spezia, Il D!alma – cantiere creativo urbano, il 26 gennaio 2024
Prima nazionale

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