Brand. Storia di un fondamentalismo fallimentare

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Brand (photo: nuovoteatronuovo.it)

Continua il progetto sul fondamentalismo portato avanti da Antonio Latella, che presenta al Nuovo Teatro Nuovo di Napoli una compagnia stabile attiva fino al 2012 e supportata dalla co-produzione del Napoli Teatro Festival Italia e della Fondazione Campania dei Festival.
Già visti nella perfomance di teatro danza dello spettacolo “Kamikaze”, gli attori propongono stavolta “Brand”, un testo arduo scritto da Henrik Ibsen nel 1865, e che torna in scena dopo trent’anni di assenza sui palchi italiani. La regia è di Tommaso Tuzzoli, su un adattamento di Federico Bellini.

“Brand” ha diverso significato, in celtico spada, in antico dialetto tedesco incendio, qualcosa che brucia.
Sulla scena volutamente scarna, in un forte chiaroscuro, le luci evidenziano particolari del viso del protagonista, interpretato da Massimiliano Loizzi. Nessuno dei due termini però rispecchia il giovane attore, a cui è affidato un personaggio complesso, che si fa voce di tematiche universali attraverso un testo di forte matrice nordica, sia per ambientazione che per espressività.

“In una società dove l’individualismo logora il principio di responsabilità politica, l’uomo, essere nato per coesistere, perde la propria funzione principale: la vita. Lo spirito del compromesso si sostituisce alla vita stessa facendoci dimenticare la ricerca della nostra vera, laica, vocazione – introduce Tuzzoli – Cosa accade, quindi, ad un uomo che cerca di fondere insieme vita reale e l’ideale della vita?”.

Il grande dilemma, insomma, è: si può condurre la propria vita seguendo ideali, regole ferree, principi che possono anche portare a conseguenze disastrose per le persone che si amano? Si può davvero condurre una vita seguendo una strada senza una minima svolta inaspettata?
La religione, da queste domande, ne uscirà fortemente debilitata: seguire un Dio e le sue regole non arricchisce animo e spirito, se questo Dio costringe a una prigionia mentale e sentimentale, a una dottrina estremista. Appare allora più sensata la politica corrotta, più viva e meno irreale.

La vicenda è presto detta: il pastore protestante Brand torna nel paese natale dopo una lunga assenza. E ci torna con un unico codice di vita, un’unica regola religiosa, sperando di condurre le anime malate verso l’apice del sublime religioso. In cambio però riceverà la morte della madre mai pentita; mentre la moglie, un tempo esaltata dalle parole di evangelizzazione di Brand, diventerà agnello sacrificale, e il figlio innocente morirà tra le mura della “casa/chiesa di ghiaccio”.
“E’ Brand ad essere ammalato di purezza o è il popolo ad essere contagiato a morte dallo spirito del compromesso?” si domanda Bellini.

Proprio i ghiacciai nordici e i fiordi delle ambientazioni ibseniane si ripresentano nelle descrizioni dei paesaggi attraverso le parole degli attori. Un ghiaccio (dell’anima) che compare anche nell’unica scena d’impatto: la ribellione della moglie Agnese davanti alla morte del figlio, quando si scaglierà contro un blocco di ghiaccio posto sullo scarno tavolo al centro della scena, lo frantumerà in mille pezzi che poi attenteranno ai passi di tutti gli attori, con il rischio di scivolone in diretta.

La natura che avvolge la vicenda è ostile; così come il testo, considerato epico. Tra gli attori emergono capacità diverse (spiccano Caterina Carpio e Giovanni Franzoni), ma non tutti paiono all’altezza. La lunghezza dello spettacolo (due ore), non aiuta infine il pubblico a barcamenarsi in una messa in scena poco scorrevole.
Nei cinque atti originali di Ibsen tutto grava come un enorme fardello sulle spalle dell’uomo che, da questo corto circuito, sarà spinto alla follia. Una pesantezza che riesce ad impossessarsi anche dello spettatore: arduo uscire da teatro senza esserne “provati”.

BRAND
da Henrik Ibsen
adattamento: Federico Bellini
regia: Tommaso Tuzzoli
con: Caterina Carpio, Daniele Fior, Giovanni Franzoni, Massimiliano Loizzi, Candida Nieri, Valentina Vacca
musiche: Franco Visioli
scene e costumi: Fabio Sonnino
disegno luci: Simone De Angelis
realizzazione scene: Marco Di Napoli
realizzazione costumi: Cinzia Virguti
assistente alla regia: Maria Conte
durata: 2 h
applausi del pubblico: 2′ 26”

Visto a Napoli, Nuovo Teatro Nuovo, il 17 novembre 2010

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