Lino Musella e Paolo Mazzarelli protagonisti assoluti sul palco della Triennale
L’alchimia del teatro è veramente una cosa assai misteriosa: a volte capita di assistere a spettacoli “monstre”, con decine di attori e grandi scenografie che per più di tre ore vanno e vengono, con la noia che fa abbassare le palpebre, altre volte invece vedi in scena due attori straordinari, con solo un tavolo e alcune sedie, che offrono un testo di per sé urticante ma capaci di amplificargli il senso, e dove ti ritrovi a ridere di gusto, scoprendo un’esperienza teatrale di prim’ordine.
E’ quanto accaduto con “Brevi interviste con uomini schifosi”, con Lino Musella e Paolo Mazzarelli, presentato a Milano all’interno della V edizione di FOG Performing Arts Festival della Triennale.
Lo spettacolo è tratto da una raccolta di 23 racconti composta nel 1999 dallo scrittore americano David Foster Wallace, ed è in tourneé a 60 anni esatti dalla sua nascita (il 21 febbraio 1962 a Ithaca, nello Stato di New York).
Il regista e drammaturgo argentino Daniel Veronese ne ha estrapolati otto, articolandoli in altrettanti dialoghi, recitati in modo emblematico da due uomini, Mazzarelli e Musella appunto, che felicemente ritornano a lavorare insieme.
Negli otto dialoghi (tradotti da Aldo Miguel Grompone e Gaia Silvestrini), divisi dal semplice suono di un campanello e dal titolo che appare sullo schermo, i due attori rivestono alternativamente la parte dell’uomo e della donna, entrando direttamente nello sviluppo dei rapporti tra i sessi, in cui l’uomo ha la capacità spesso di mercificare, alterandola a suo piacimento, la relazione con l’essere femminile. Un tema attualissimo, visti gli ormai quotidiani e tragici eccessi che riempiono luttuosamente le pagine dei giornali; e rimane stupefacente come i racconti di Wallace, redatti più di vent’anni fa, mantengano una carica emotiva fortissima.
Tutto ciò, traslato sul palco, anche per merito di una finissima scrittura scenica: la drammaturgia, curata dallo stesso Veronese, non è mai didascalica e non ha nulla di letterario, ma ha invece la capacità vivissima di entrare profondamente nella psiche dell’essere maschile, di quell’essere così meschino ed egoista rappresentato sulla scena.
Protagonisti sono proprio otto uomini schifosamente egoisti, ma che non vogliono darlo a vedere e che, attraverso parole all’apparenza mai violente, costruiscono tattiche sottilissime per raggiungere i loro meschini intenti, ribadendo, come del resto per loro è sempre stato, anche storicamente, come la controparte femminile sia solo un’appendice muta, dedita ad essere usata, soprattutto come propria appendice sessuale.
L’uomo quindi parla e straparla, mentre la donna a volte è interdetta, altre si arma di paziente accondiscendenza, altre ancora accenna poche e ritrose risposte, per poi qualche volta interrompere mestamente ma con forza il soliloquio di chi ha dinnanzi.
Ogni cosa è resa magnificamente dalla scrittura teatrale operata da Veronese sui testi di Wallace, da cui emergono chiaramente tutti i sottotesti, che riempiono la bocca di uomini pronti a ricattare per essere amati, a mostrarsi forti nella loro fragilità e per la loro fragilità, a sembrare saccenti e consapevoli nella loro profonda ignoranza, sbandierando ai quattro venti – attraverso le loro presunte certezze – quanto poco conoscano e reputino “all’altezza” la profonda essenza dell’essere femminile.
Ed è spesso per questo che il riso scaturisce: un riso amaro, non certo compassionevole per chi utilizza tutte queste meschine strategie per coprire una colpevole, feroce e nefanda insicurezza.
Lino Musella e Paolo Mazzarelli, poi, fanno il resto. In una cornice minimalista, attraverso piccoli gesti, atteggiamenti del viso, movimenti mai casuali, spostamenti di oggetti, danno ulteriormente senso alle parole, restituendoci perfettamente, ma senza mai darlo a vedere, tutti i sensi nascosti, tutte le impercettibili sfumature emotive che le otto porzioni di vita rappresentate ci mostrano nel loro profondo significato.
Brevi interviste con uomini schifosi
di David Foster Wallace
regia, drammaturgia: Daniel Veronese
traduzione: Aldo Miguel Grompone, Gaia Silvestrini
con: Lino Musella, Paolo Mazzarelli
disegno luci: Marciano Rizzo
direzione tecnica: Marciano Rizzo e Gianluca Tomasella
fonica, video: Marcello Abucci
responsabile di produzione: Gaia Silvestrini
assistente alla produzione: Gianluca Bonagura
produzione: Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Marche Teatro, TPE Teatro Piemonte Europa, FOG Triennale Milano Performing Arts, Carnezzeria Srls
con il sostegno di: Timbre 4 Madrid, Teatro di Roma – Teatro Nazionale
spettacolo in italiano con sovratitoli in italiano e inglese
con il contributo di Regione Lombardia nell’ambito di NEXT 2021
durata: 1h 20’
Visto a Milano, Triennale, il 22 gennaio 2022