Ancora Pasolini al Teatro Franco Parenti di Milano. Dopo aver dedicato all’artista una rassegna durata quasi una settimana nei giorni in cui ricorreva il 35° della morte, e in attesa di proporre al pubblico il contestato (e quasi interdetto) “Orgia”, il teatro milanese ospita “’Na specie de cadavere lunghissimo”, spettacolo ideato nel 2004 da Fabrizio Gifuni, che torna così sul palco del Parenti (ancora stasera e domani), dopo essersi esibito lo scorso dicembre in “L’ingegner Gadda va alla guerra”, negli stessi giorni in cui veniva pluripremiato dagli Ubu.
Sarà allora perché fresco e forte di successo, o perché bravo e quindi automaticamente autorizzato, che lui, Gifuni, questa volta ha preteso, e si è preso, tutta l’attenzione della sala. La più capiente, per l’occasione quasi piena. Spettatori più o meno giovani, più amatori e meno cultori, meno solitari e più soliti: numeri da quasi tutto esaurito, come per le grandi occasioni spettacolari. Un dato apprezzabile, interpretabile come lo scatto orgoglioso da parte di un pubblico che desidera rivendicare il proprio ruolo, sottolineare la propria presenza, attenzione e sostegno al teatro. Peccato fossero, però, anche tanto rumorosi.
E così lui, il “grande attore” che tutti aspettavano, ha pensato bene di farli sentire fuori luogo: seduto in mezzo a una parte di loro, come prevede la scenografia fatta di tavolini da bar posizionati sul palco, li osservava, gomito sul tavolo e mano al mento, in attesa che si zittissero.
Ci sono voluti ben dieci minuti perché capissero; poi Gifuni, semplicemente con un palmo aperto all’insù, ha manifestato il suo muto “era ora”, ed è partito.
Lo spettacolo, diretto da Giuseppe Bertolucci, figlio del poeta Attilio e fratello del Bernardo del cinema, è una sintesi drammaturgica realizzata dallo stesso attore, prendendo frammenti dagli “Scritti corsari”, dalle “Lettere luterane” e dall’ultima intervista rilasciata da Pasolini; e unendoli a “Il pecora”, poemetto di Giorgio Somalvico, l’autore milanese che ha immaginato, e tradotto in romanesco, i versi deliranti dell’omicida di Pasolini, Pino Pelosi.
Da tutto questo materiale è venuto fuori “’Na specie de cadavere lunghissimo” (pubblicato nel 2006 libro+dvd da Rizzoli): una summa della traccia artistica, politica, umana, e certo tragica, lasciata da Pasolini, efficacemente risolta, sciolta e snocciolata in un monologo di poco più di un’ora. Una raccolta delle parole quasi ultime e più pregne dell’artista, mischiate alle voci sboccate e illetterate di chi lo ha incrociato, e poi ucciso, in un dialogo condotto da Gifuni unico attore. Ecco quindi l’accostamento della figura elevata e multisfaccettata dell’intellettuale Pasolini con quella bassa e piatta del borgataro; la prima indifferente all’abito, la seconda falsamente arricchita da un completo giacca-pantalone, bianco candido, subdolamente innocente. Calzati entrambi, uno per volta e comunque a pennello, da Gifuni nei due tempi dello spettacolo, divisi proprio dal cambio di costume, e relativo personaggio. Un momento creato per tratteggiare lo stacco tra i due, il cambio di scena, effettuato proprio in scena, mette in luce soprattutto il confine tra i due, inscritto nel tentato, disperato, e infine tragico, quindi effettivamente impossibile, avvicinamento cercato da Pasolini. Anche questo risolto con efficacia da Gifuni attraverso uno striptease integrale, ammirevole. Perché, nonostante l’attore metta così in mostra la sua personale e per chiunque riconoscibile bellezza, nessuno sembra quasi badarci: l’attenzione è tutta per il Pasolini svelato che, coraggioso e noncurante delle malelingue, si è messo in gioco, indifeso, nudo appunto.
Seguirà la parte del Pelosi delirante, in cui Gifuni accontenta il pubblico sfoderando tutte le sue conclamate doti da attore, mattatore diplomato, e qui persino saltimbanco. Bravissimo, ma niente a vedere con quanto dimostrato nella prima parte, con un’interpretazione personalissima.
Una performance, insomma, impegnativa per l’intensità dello sguardo richiesto, tenuta della voce e controllo dei muscoli anche più piccoli; ma, soprattutto, una parte delicata per il contenuto, attualissimo come Pasolini ha saputo essere, reso sul palco presente, circolante. Illuminante.
‘Na specie de cadavere lunghissimo
un’idea di Fabrizio Gifuni
da Pier Paolo Pasolini e Giorgio Somalvico
regia: Giuseppe Bertolucci
con: Fabrizio Gifuni
produzione: Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti
durata: 60’
applausi del pubblico: 3’
Visto a Milano, Teatro Franco Parenti, il 13 gennaio 2011