L’ultimo capitolo della trilogia “Indagini sulla mostruosità” prodotta da Fattoria Vittadini
Cercava la luna, Caligola. Cercava il sogno e la felicità. Sbatté contro i propri fantasmi. Rovesciò l’anelito all’immortalità nell’odio, la faccia capovolta dell’amore. E la luna svelò il proprio lato dark.
Sangue, potere e morte. Liberamente ispirato a “Caligola” di Albert Camus, “Caligula’s party”, di e con Chiara Ameglio (Fattoria Vittadini), di scena all’Elfo Puccini di Milano, è l’ultimo capitolo della trilogia intitolata “Indagini sulla mostruosità”. Dopo “Trieb” e “Ave monstrum”, Ameglio, danzatrice e performer, interroga gli incubi nascosti nel nostro io. E approfondisce i concetti di “nemico, antieroe e paura”.
La performer entra in scena brancolando seminuda, coperta solo di nailon trasparente (costumi di Elena Rossi). È un quadrumane ferito, lacerato dall’incapacità di raggiungere la verità, deflagrato nell’assurdo e nel grottesco della condizione umana. È un leone piagato che agita la criniera. È una belva curva sotto il peso delle proprie fragilità, schiacciata da groppi esistenziali.
La danza è un trascinarsi anchilosato sulla scena. È un dissennato avanzare in punta di piedi. È un borbottio stridente e nefasto, amplificato dai suoni disturbanti di Gianfranco Turco, alternanze di brusii e fruscii, strepiti di cigolii ed echi jazz, rigogli strozzati di tromba e sax.
Un dramma del desiderio. Un personaggio deforme e delirante, che centellina parole vuote, fredde, in contrasto con l’avvio caldo della voce fuori campo di Ferdinando Bruni, che dà corpo all’urgenza di verità di Caligola (drammaturgia Aureliano Delisi).
Volteggi e convulsioni. Spasimi, tormenti e smarrimenti. Un rumore di passi dentro un acquitrino putrescente. Lo smarrimento di un personaggio che è complesso di chiaroscuri, somma di tutte le contraddizioni.
Ed ecco il buio, squarciato da una mini torcia magnetica. Flash raccapriccianti. Il palco bersagliato da palloncini neri, tra suoni cupi e fragori distopici. Quei palloncini diventeranno lune tetre, ecchimosi strambe, tumefazioni e zavorre sul corpo languidamente androgino della performer.
Il dimorfismo è sul viso: una manteca bicolore spalmata tra chioma e mento rappresenta – in un rituale manicheo – il dualismo connaturato a ogni essere umano.
Un “fiero pasto” consumato in scena è suggestione da inferno dantesco. La protagonista interagisce con i fari piazzati ai lati da Fabio Bozzetta, a un metro d’altezza. Un proiettore rasoterra disegna giochi d’ombra su uno schermo bianco, bigio, azzurrognolo. Quelle ombre rimbalzano sulla danzatrice, diventano sparring partner in un gioco di chiaroscuri tra il bene e il male.
Questo Caligola ermafrodito (creato con il contributo di Marco Bonadei) esaspera il concetto di Doppelgänger. Incarna una follia che è scacco più della ragione che del cuore. “Caligula’s party” è indagine di una coscienza inquieta. Con una poetica che non si prende sul serio, più ariostesca che da romanticismo nordico.
Un animale in gabbia, spento eppure minaccioso. Sulla scorta di Camus, Chiara Ameglio smaschera il lato ossessivo della verità, la problematica dell’assurdo e della violenza. Con risolutezza e un humour mai smaccato, questo Caligola inafferrabile percorre gli abissi della colpa ed esplora le proprie pulsioni distruttive.
La follia comprime le leggi morali. È baraccone più che patibolo. “Caligula’s party” è babele, non tragedia, in un groviglio in cui l’amore cede al dolore e diventa disperazione.
Se Camus usava la storia romana per stigmatizzare la violenza del nazismo e della seconda guerra mondiale, per condannare le brutalità della dittatura e del Terzo Reich, Ameglio, attraverso Caligola, biasima la nostra epoca altrettanto crudele. Assistiamo alla performance a due anni esatti dall’aggressione di Putin all’Ucraina. Intanto imperversa la repressione israeliana su Gaza (che l’artista non manca di citare) poche ore dopo i deliri d’onnipotenza e impunità di alcuni squadristi in divisa della celere, che in Toscana hanno soffocato a colpi di manganello una manifestazione di liceali che chiedevano pace per il popolo palestinese.
Caligula’s party
liberamente ispirato a Caligola di Albert Camus
creazione e performance Chiara Ameglio
drammaturgia Aureliano Delisi
collaborazione alla creazione Marco Bonadei
musiche e progetto sonoro Gianfranco Turco
disegno luci Fabio Bozzetta
costumi Elena Rossi
produzione Fattoria Vittadini, Festival Internazionale La Sfera Danza
con il supporto di Festival L’Altra Fedora
durata: 55’
applausi del pubblico: 2’
Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 23 febbraio 2024