E uscimmo a riveder le stelle. La nuova utopia di Campo Teatrale

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Campo Teatrale
L’esterno del nuovo spazio di Campo Teatrale
I sogni, le utopie si possono anche realizzare. Campo Teatrale, finalmente, a Milano ha una sede più che degna di questo nome. Per rendercene davvero conto siamo andati a vederla di persona.
Campo Teatrale costituisce da più di dieci anni un’importante realtà di riferimento nel panorama nazionale per la formazione attorale. Ma produce e distribuisce anche spettacoli teatrali, e a Milano ha gestito per diversi anni la stagione del Teatro Guanella.

Ora una nuova avventura, una nuova sede bellissima in via Casoretto con cinque sale prova e un teatro da 98 posti. La reception ospita uno spazio internet free e una piccola biblioteca. Nel magazzino, al piano interrato, ci saranno la falegnameria e la costumeria, mentre una parte servirà da deposito per un G.A.S.

Lo staff è composto da sette persone, abituate finora a condividere una lunga scrivania.
“Ora che abbiamo a disposizione due uffici privati e una cucina non ci sembra vero” racconta Donato Nubile, che ci accoglie salutandoci da una finestra.
Ci raggiunge anche Caterina Scalenghe, che insieme a Donato ci conduce per i meandri della sede. “Fino allo scorso luglio qui c’era un’azienda di tessuti, già attiva prima della guerra, e che ora per motivi logistici si è trasferita nell’hinterland milanese. Il magazzino delle stoffe è ora la nostra sala teatrale, gli uffici sono diventati sale prova. In eredità abbiamo ricevuto rotoli di tela, scaffali, metri di legno, scale e scrivanie retrò, delle bellissime sedie thonet e le vecchie valigie dei rappresentanti di stoffe, tutti oggetti che prenderanno nuova vita in scena. Speriamo che la lunga e fortunata storia di quella azienda ci porti fortuna”.

Una sede grande, bella, composita. Non vi sembra un azzardo in un momento di crisi anche per il teatro?
Siamo consapevoli dei rischi che ci stiamo assumendo, ma abbiamo un progetto in cui crediamo molto e che confidiamo di poter realizzare. Azzardo è una puntata alla roulette, ma si tratta di un vizio che non possiamo permetterci. E poi, siamo in crisi da quando abbiamo cominciato a fare questo lavoro: in più di dieci anni di attività non abbiamo mai percepito finanziamenti pubblici e continuiamo a non riceverne. Purtroppo.
Come tutto il teatro italiano siamo in crisi da sempre, ma questo contribuisce a tenere alta la nostra attenzione. Abbiamo conosciuto, come tutti, momenti di grande difficoltà in cui ci sembrava di non potercela fare, ma per fortuna siamo ancora qui. Anche e soprattutto grazie alle persone che lavorano con noi con una passione, generosità e professionalità che reputiamo rare. Questa nuova casa è forse la nostra scommessa definitiva: già abitarla è un sogno che si realizza, e se un giorno fossimo costretti a cambiare strada ci auguriamo di farlo senza rimpianti e felici del percorso compiuto. Insomma, il viaggio è appena iniziato… fiducia e un po’ di sano ottimismo ci pare siano d’obbligo. Il primo spettacolo che abbiamo ospitato nella nuova sede è stato, in maniera piuttosto fortuita, un lavoro su un mistico del seicento, Jean Pierre de Caussade. Citandolo, potremmo dire: “Le montagne che spaventano lo sguardo non sono che atomi per il cuore”.
Nel dubbio… sai che c’è? Appena finita l’intervista andiamo a comprare un biglietto della lotteria; non si sa mai.

Come intendete valorizzare questo spazio?
Finalmente abbiamo la possibilità di far convivere in modo sinergico le tre anime di Campo Teatrale: la scuola, il teatro e la compagnia. Le attività a loro connesse si stanno già alimentando e arricchendo a vicenda, facendo nascere nuovi progetti. Anche grazie a questa contaminazione speriamo di poter essere sintesi di esperienze diverse, e di agire da catalizzatori di energie e intelligenze artistiche.
Lavoriamo già in rete con altre strutture per proporci come luogo di riflessione e visibilità della scena contemporanea. Senza dimenticare gli spettatori, con i quali attiveremo un confronto vero e puntuale sul nostro lavoro.
Questo spazio nasce per essere condiviso; è aperto, plurale. Ha le potenzialità per diventare un vero e proprio centro culturale: agire sul fronte della formazione del pubblico grazie alle attività della scuola rivolte ai non professionisti, offrire occasioni di formazione e crescita professionale con le proposte della nostra accademia e i seminari di approfondimento, sostenere con i nostri spazi le compagnie di più recente formazione.
Vorremmo avere “i piedi nel borgo e la testa nel mondo”: svolgere una funzione sociale e culturale nel quartiere Casoretto, che ci ha accolti con grande interesse, avere la quarta parete aperta sulla città di Milano che sembra vivere una nuova stagione di risveglio culturale, e allo stesso tempo costruire ponti con altre realtà, in Italia e all’estero, con cui portare avanti progetti comuni nel campo della formazione, della produzione e della valorizzazione del teatro contemporaneo. Quello che abbiamo fatto finora possiamo continuare a farlo da soli, con i nostri limiti e le nostre capacità.
Perché questo spazio e le persone che lo fanno vivere possano esprimere appieno il loro potenziale crediamo però che sia indispensabile e auspicabile una qualsiasi forma di sostegno da parte delle istituzioni, a cominciare da quella comunale. Abbiamo ricevuto attenzione e ci sono stati dei segnali positivi, speriamo trovino presto concretezza.

In che modo vi collocherete nel contesto milanese?
Camus diceva che l’arte non è qualcosa da celebrare in solitudine. Bene, a Milano possiamo dire di essere in buona e numerosa compagnia. Crediamo che una realtà come la nostra non debba cercare di prendere spazio, ma debba avere l’ambizione di crearlo. Le nostre porte, per questo, sono aperte.

L’attore creativo, questa è l’intestazione della vostra scuola! Cosa vuol dire per voi formare un giovane attore oggi?
Oggi, ancora più di dieci anni fa, vuol dire renderlo consapevole della propria speciale unicità. Della necessità di non aderire a modelli artistici preconfezionati, di non uniformarsi al gusto dei più. Indurlo a non sposare forme, stili e linguaggi più o meno alla moda, ma aiutarlo a sviluppare un personale pensiero sulla scena. A scegliere i propri maestri senza mai fare di loro degli idoli. Spesso in un laboratorio o durante un provino si riesce a indovinare la formazione dei singoli attori, la loro scuola di provenienza, nei primi cinque minuti di lavoro, in alcuni casi addirittura guardandoli camminare. Cerchiamo di fare in modo che i nostri allievi non si somiglino, se non magari per un approccio al lavoro, per una modalità con cui vivono la sala prove: con curiosità, generosità, ascolto, collaborazione, impegno e una certa dose di levità. Il nostro lavoro è gioco serio, mai serioso. E l’unica competizione che un attore dovrebbe conoscere è quella con se stesso. Più che imparare a recitare, deve essere in grado di esprimere efficacemente ciò che lo porta sulla scena, fare in modo che la storia che racconta, e la propria, parlino a ciascuno di noi.
Cerchiamo di offrire ai nostri allievi più occasioni di incontro possibile, avvalendoci della collaborazione di docenti di estrazione diversa, promuovendo uno scambio con gli artisti che ospitiamo in stagione e organizzando con loro laboratori di approfondimento.
Attraverso il Premio Innesti selezioniamo progetti di spettacolo dei nostri allievi ed ex allievi, accompagnandoli poi fino al debutto. Ciascuno, del resto, è artefice della propria sorte, dicevano i latini… Dopo qualche anno di formazione gli allievi dovrebbero smettere di essere tali, e iniziare a cercare il proprio teatro, imparando non più da un insegnante ma dal proprio lavoro e dai propri fallimenti.

Agite sempre in collaborazione con altri progetti. Cresco e Scenario, innanzitutto. Avete in mente altre sinergie?
Cresco e l’associazione Scenario sono per noi un osservatorio privilegiato sulle compagnie emergenti e i nuovi linguaggi della scena. Stiamo lavorando proprio in questi giorni per rafforzare questo orientamento verso la contemporaneità contribuendo alla creazione di un network che abbia come obiettivo la promozione e la valorizzazione della drammaturgia contemporanea, il Network Drammaturgia Nuova. Sul fronte della promozione e della formazione del pubblico sosteniamo e promuoviamo Theatrical Mass “coincidenze teatrali organizzate a Milano”, mentre per quanto riguarda la formazione teatrale stiamo attivando una collaborazione con un gruppo di pedagoghi di diverse nazionalità legati al Grotowski Institute in Polonia.

Campo Teatrale
Campo Teatrale: ecco chi sono!
Parlateci dei vostri futuri progetti produttivi.
Come compagnia stiamo lavorando ad un progetto in cui, per la prima volta, ci occuperemo collettivamente sia della drammaturgia che della regia. In scena tre quarti della direzione artistica di Campo Teatrale: Caterina Scalenghe, Donato Nubile e Marco Colombo Bolla. Vorremmo raccontare come le scelte di valore siano possibili nel quotidiano, come per compierle non occorra essere degli eroi. Di come da queste scelte dipenda la difesa della bellezza, che sta nelle cose semplici. Anche il bene può essere banale, eppure straordinario. In un tempo di crisi dovremmo ancora di più avere fiducia nella nostra capacità di agire, nella possibilità che anche i singoli possano innescare il cambiamento. Come sempre, lo spettacolo troverà la sua forma e il suo linguaggio in sala prove, e saranno i temi di indagine a mostrarci la via più opportuna per la scena. Campo Teatrale sosterrà poi altri tre progetti: un nuovo lavoro di César Brie sulla violenza domestica, il nuovo spettacolo della compagnia di danza Nut e una regia di Lia Gallo (il “quarto mancante” della direzione artistica) che, partendo da “L’ultimo nastro di Krapp” e “Giorni Felici”, restituirà un affresco della poetica di Beckett attraverso una drammaturgia originale.

César Brie e Claudio Morganti, i vostri maestri. Quali le loro suggestioni che vi hanno formato?

Che domandona! Dichiarandoci loro allievi non vorremmo compromettere irrimediabilmente i nostri rapporti! Battute a parte, il nucleo artistico di Campo Teatrale è formato da quattro persone, ciascuna con i propri riferimenti artistici e le proprie fonti di ispirazione, non solo teatrali. In ordine sparso potremmo citare Pippo Del Bono, Danio Manfredini, Roland Topor, Oskar Kokoschka, Lindsay Kemp, Pina Bausch, Dino Buzzati, Etienne Decroux, Marcel Marceau… e persino Franco Battiato o molti maestri del fumetto! César è stato, ed è ancora, il maestro di uno di noi, mentre con Claudio non abbiamo avuto la fortuna di lavorare direttamente, se non durante dei laboratori. Crediamo siano due persone a cui il teatro italiano deve molto, e il cui lavoro forse non è stato sempre protetto nel modo migliore dai circuiti ufficiali. Sono artisti molto diversi, ma che ci sono di esempio per il rigore e l’onestà del proprio lavoro, la vivacità della propria ricerca artistica, l’attenzione a come il proprio teatro possa parlare del nostro tempo e con il nostro tempo, il rispetto per il pubblico e per chi, a vario titolo, lavora in teatro.

La programmazione della vostra stagione su quali criteri verterà?
Proverà ad essere la sintesi di ciò che siamo e ciò che facciamo. Dopo quanto appena detto, nella prima stagione del nostro nuovo teatro non potranno mancare per l’appunto César Brie e Claudio Morganti. Una parte della programmazione sarà dedicata alle compagnie emergenti: ospiteremo gli spettacoli vincitori del Premio Ustica e del Premio Scenario e alcune delle compagnie della scena contemporanea che crediamo meritino l’interesse dei nostri spettatori. Gli spettacoli in stagione non si somiglieranno, non inseguiranno un filone, un linguaggio più o meno alla moda; saranno rappresentativi di un “teatro di ricerca” che non dimentica il rapporto con il pubblico. Un terzo filone, infine, sarà rappresentato dai nostri lavori: a novembre “Mai più Persi”, sui diritti dell’infanzia, a dicembre “Un altro giorno felice”, da Beckett, mentre ad aprile debutteremo con una nuova produzione. Ospiteremo una piccola rassegna di teatro per bambini e in questi giorni sto lavorando ad un progetto su teatro e cibo. Non tutto però è ancora definito, chiuderemo la programmazione prima delle vacanze estive. La stagione comincerà a fine ottobre, spero tornerete a trovarci.
Intanto grazie per lo spazio che avete voluto darci con questa intervista. Ce ne occorre solo un altro po’ per dire che Campo Teatrale non è solo la sua direzione artistica, ma è anche Carlotta Calò, che si occupa della didattica, Chiara Mironici, che cura la comunicazione e Micol Doppio, a cui ci affidiamo per l’amministrazione. Ed è anche gli insegnanti che compongono il suo corpo docente, e gli allievi che animano le nostre sale. E’ la prima intervista per questo nuovo Campo Teatrale, perciò concedimi di ringraziarli tutti!
 

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