Carmen Pellegrinelli e Trickster-p a Bergamo: attivismo LGBTQ+ e nuovi modelli ecologici

Toilet Club per l'opening party (ph: Carlo Valtellina)
Toilet Club per l'opening party (ph: Carlo Valtellina)

A Orlando Festival, kermesse diretta da Mauro Danesi, tutti i colori della diversità (e della biodiversità)

C’è il senso della rinascita a Bergamo. Un murale lo anticipa mentre ti avvicini in treno alla stazione, e riempie la facciata di una palazzina. C’è una donna china sotto lo spiovente. Ha in mano una teiera. Versa un infuso che dilaga sulla parte bassa della parete. Ne nascono un soffione, un’orchidea, e un rigoglio di foglie che attira una farfalla.
La scritta “Bergamo e Brescia capitale italiana della Cultura” ricorda che la pandemia è ormai alle spalle. Non abbassiamo la guardia, ma si può guardare avanti, verso una normalità che sembrava smarrita.
Raggiungiamo la città orobica proprio mentre l’OMS proclama la fine dell’emergenza sanitaria globale.

C’è il senso dell’allegrezza a Bergamo. Vittoria dell’Atalanta contro lo Spezia in un’anonima gara infrasettimanale. La città esplode in un tripudio di caroselli d’auto e di clacson, neanche fosse lo scudetto del Napoli. Tre anni fa, di questi tempi, terminava il primo lockdown. Uscivamo con circospezione da un silenzio irreale, interrotto solo dalle sirene delle ambulanze.

C’è il senso della cura e delle regole a Bergamo. Euforie calcistiche a parte, l’ordine regna sovrano. Nessuno schiamazzo, neanche il sabato sera. Nessuna cartaccia per le strade, sui marciapiedi, nelle aiuole in perfetto assetto. I pedoni attraversano rigorosamente sulle strisce. Il rosso al semaforo è rosso per tutti, e si fermano anche i ciclisti sulla Bianchi, in tenuta d’allenamento, con l’incrocio libero.

C’è il senso del festival a Bergamo. Orlando, kermesse d’inizio maggio diretta da Mauro Danesi, giunta alla decima edizione, è un’occasione per riflettere sui temi legati all’inclusione: dalle tematiche LGBTQ+ (prevalenti) alla disabilità, alla multietnicità.

L’inizio di “Orlando “è una vera e propria festa al centro polifunzionale Edonè: un party con tanto di Dj set di LoZelmo ed Erik Deep, con i numeri delle Drag del Toilet club di Milano: La Trape, La Fay e Croce Atroce.
Tra un’esibizione e l’altra, assistiamo a “Trapezia”, film del 2022 di Daniele Costa, anche lui presente al festival. Protagonista, una delle Drag del Toilet club, Trapezia, ovvero Aurelio, o se preferite, la Trape: laureata in Comunicazione e Didattica dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Brera, che senza nessuna frizione si rivela con tutte le sue certezze e fragilità, mettendo in scena la propria identità liquida, aggirando la rigidità di confini e categorie.

Dallo show al cinema, alla performance. In “Stone”, prima nazionale al Teatro Caverna, Carmen Pellegrinelli racconta, attraverso la bellissima interpretazione di Laura Mola, il romanzo “Stone Butch Blues”. Al centro, la tormentata vita di Jess Goldberg, che a cavallo degli anni ‘60-’80 si fece portatrice dei diritti gay con lotte e rivendicazioni dentro una società omofoba e repressiva che la vide incompresa, percossa, carcerata. Lo spettacolo è una cruda fotografia di quell’epoca, e affronta «in modo intersezionale classismo, razzismo, capitalismo, omofobia e transfobia».
Jess: una persona che ha avuto il coraggio di definirsi non appartenente a nessun genere preciso, partendo dal rifiuto di ogni catalogazione binaria. Proprio questo è il valore di “Orlando”, un festival che è anche koinè di un linguaggio rinnovato, non più ghettizzante o mortificante, non più riduttivo e schematico: parole troncate, schwa, asterischi, underscore, senza rifugiarsi nei maschili onnicomprensivi e nei femminili forzati.

Stone (ph: Samanta Cinquini)
Stone (ph: Samanta Cinquini)

Orlando è luogo ideale dell’attraversamento, dove ciascuno afferma la propria natura e identità unica e irripetibile.
Orlando è lo scenario dove tutto è possibile. Ed è su questo presupposto che nasce anche la performance “Eutopia” di Trickster-p, duo svizzero composto da Cristina Galbiati e Ilija Luginbühl.
“Eutopia” unisce i concetti di felicità, benessere, armonia, equilibrio. È soprattutto sinergia e interattività, in un luogo tutt’altro che utopico in cui noi esseri umani, zattere di un mondo alla deriva, proviamo a riflettere sul nostro habitat, sul difficile compito di creare un piano regolatore generale che consenta la sopravvivenza di una comunità, e dove ogni essere vivente abbia diritto di cittadinanza.
Saliamo verso Bergamo Alta. Per chi giunge da est, l’accesso avviene attraverso Porta Sant’Agostino, riconosciuta nel 2017 patrimonio Unesco insieme alle mura venete e alle altre tre porte d’accesso alla città sopraelevata. C’è aria di Serenissima Repubblica fra le pietre d’arenaria grigia, fra le lesene e il Leone di San Marco ben rilevato nel timpano centrale. La casermetta a destra dei tre archi d’ingresso diventa anfratto alla cui penombra, dopo due rampe di scale, un numero limitato di spettatori si divide in gruppi di quattro-cinque membri attorno a una sorta di scacchiera.

Eutopia (ph: Carlo Valtellina)
Eutopia (ph: Carlo Valtellina)

Inizia il gioco. Cristina Galbiati, garbata padrona di casa, illustra le regole. Ci avvicina un sacchetto nero da cui estrarremo tessere di vari colori da disporre sul tavolo al centro. Ilija Luginbühl è l’acuto analista che illustra le conseguenze delle nostre scelte, da cui trarre monito. Siamo chiamati a collaborare tra perfetti sconosciuti. Ragioniamo di animali e piante, di uomini, di funghi, di spore. Di rifiuti umani e vegetali. Tutto va disposto perseguendo obiettivi di gruppo, ma anche ragionando secondo un’ottica collettiva d’equilibrio tra le varie componenti. La natura è un cerchio. L’ecosistema è un’alchimia di fattori che interagiscono secondo rapporti di causa/effetto. Siamo interpellati per riflettere, per scegliere. Ogni nostra azione può sconvolgere o ripristinare gli assetti della microcomunità che andiamo a creare.
“Eutopia”, coproduzione LAC Lugano Arte e Cultura & Trickster-p, è un gioco di società che ci rende più consapevoli. È anche un gioco di ruolo dove chi fa da sé non fa per tre, e “uno per tutti, tutti per uno” non è un assioma. Qualcosa sfugge, ed è il bello della performance. L’arte, come la natura, come la vita, è mistero. Il senso dell’enigma nasce anche dall’atmosfera di luce ovattata e liturgica, dai paesaggi sonori sospesi curati da Zeno Gabaglio, a moltiplicare i livelli di fruizione, trasfigurando il gioco teatrale in suggestione onirica.
Con “Eutopia” la diversità, epicentro di “Orlando”, diventa biodiversità e fa rima con complessità. Bella esperienza di teatro civile e di comunità. Ci sentiamo gruppo e di sentiamo centro. Riflettiamo su un nucleo esistenziale che non deve essere ombelico autoreferenziale. Trascorriamo un tempo piacevole, consapevoli che la vita è un gioco, ma se il gioco diventa azzardo e rischio incalcolato è un attimo perdere lucidità, jackpot, e dichiarare bancarotta.

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