Quello che anche un attore dovrebbe fare. Intervista a Claudio Morganti

Claudio Morganti
Claudio Morganti
Claudio Morganti
Ritengo il momento del giudizio, specialmente quando questo si discosta dall’apprezzamento tout court del lavoro scenico, quello di gran lunga più delicato nel rapporto fra artista e fruitore consapevole. Quell’attimo, infatti, condensa un sentimento che a volte è razionale, altre irrazionale, che affonda nel sistema di valori di chi osserva, ma anche in un punto di vista diverso eppure coevo, che matura nella stessa società, nello stesso tempo, di chi l’arte fa.

Porgere all’artista questo ritorno è un momento essenziale.
Accettare questo dialogo è caratteristica di chi vive l’arte non come momento solipsistico, ma come forma di scambio. Nulla che rimane sterile, infatti, finisce poi per durare e vivere negli altri.

Sono molte le vite di artisti che hanno affrontato solitudine e incomprensione, ma mai, quasi mai, a riprova di come i grandi abbiano sempre cercato un ponte con chi fruisce; quasi mai si entra in una mostra, ad esempio, senza trovare traccia di uno scambio epistolare con questo o quel gallerista, con questo o quel collega artista, incentrato sul senso del proprio fare arte.

Questi dialoghi partono da presupposti spesso contingenti, per allargarsi poi al tema generale, con la capacità, che solo del grande pensatore immaginifico è propria, di mantenere un’inquadratura soggettiva pur muovendo l’obiettivo dal microcosmo al macrocosmo. Scrivo questa introduzione alla video intervista a Claudio Morganti, che proponiamo oggi, perché fra i grandi artisti della scena italiana, è unanimemente ritenuto non solo un maestro, ma anche, da moltissimi teatranti della generazione under 40, come una sorta di figura genitoriale putativa, di confronto.
Lo è sicuramente per gli amici de il Flautomagico di Palazzolo sull’Oglio dove lo abbiamo incontrato, che quasi annualmente lo invitano a tenere seminari e incontri, in uno di quei tenaci luoghi di resistenza periferica degli appassionati di teatro.

Sono passati diversi mesi da quell’incontro, in occasione di una sua Lectura Dantis. L’idea che non solo in quel luogo, ma in ogni occasione di confronto avuta con Morganti ho maturato, è il suo assoluto interesse a vivere il teatro in forma di dialogo, di passione aperta. Questa convinzione lo ha poi portato alcune settimane dopo questa intervista a favorire un’importante occasione di dialogo e confronto a Castiglioncello con il mondo della giovane critica.

Morganti è stato forse tra i primi a intuire la grande rivoluzione, che non è solo mediatica ma anche storica, nata dal nuovo rapporto degli appassionati con la socialità digitale. Personalmente gli devo un grazie. Perché quando scrivo un pezzo sul suo lavoro, anche quando non ricevo una sua mail di commento, di confronto, di “scazzo”, cosa che pure accade e anche con regolarità, me lo immagino lì, che mi legge, cercando di vedere nella mia serietà e autonomia di giudizio, un momento di crescita per entrambi.
E questo per me incarna il valore più alto dell’arte, il senso di un confronto vitruviano in cui l’artista continui a sentirsi titanicamente, prometeicamente al centro del mondo, ma accetti e anzi incoraggi il fatto che, sovrapposta alla sua figura, e interna a quell’universo intellettuale di cui è generatore, si disponga la figura di chi quel mondo legge, osserva criticamente; e cerchi di infondergli vita con non minore energia.  


 

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  1. says: Rita Frongia

    Gentilissimo Signor Francabandera,
    mi commuove sempre la sua grazia nel condurre le interviste.
    Saluti e salute.
    Rita