Kollatino Underground. La cultura in quarantena

L'articolo di Laura Martellini sul Corriere della Sera
L'articolo di Laura Martellini sul Corriere della Sera
L”articolo di Laura Martellini sul Corriere della Sera

Negli ultimi anni i tagli alla cultura sono stati deleteri per la maggior parte degli operatori culturali, costretti sempre più alla chiusura, ai licenziamenti, all’esilio.
L’episodio del Kollatino Underground, però, risulta come un attacco aperto e diretto verso ogni tentativo non istituzionale di divulgare arte e cultura.
A Roma il Kollatino è uno spazio occupato e attivo culturalmente dal 2002, in cui sono nati e cresciuti gruppi come i Santa Sangre e la compagnia di Matteo Latino, un luogo che ospita in residenza i Muta Imago e il Teatro Deluxe, quindi gruppi di fama riconosciuta, che vivono artisticamente negli scantinati – recuperati dal degrado precedente – di questo spazio.

Il Kollatino Underground si presenta insomma come un centro attivo nella produzione e nella diffusione di arte e cultura indipendente, cuore di un progetto socio-culturale e lavorativo ambizioso gestito in maniera partecipata ed orizzontale. Il recupero di uno spazio pubblico ha significato arginare le difficoltà di espressione che vive solitamente la periferia metropolitana.

Ma come mai ora il Kollatino è “in quarantena”?
Il 26 novembre 2011 i vigili del municipio Roma VI effettuano un sopralluogo presso lo spazio occupato del Kollatino, nel corso di una serata musicale organizzata da un gruppo di ragazzi del quartiere, notificando l’articolo 68 e 80 del T.U.L.P.S. (testo unico che regola le leggi sulla sicurezza per le attività di pubblico spettacolo). Viene identificato lo spazio alla stregua di un locale a scopo di lucro e l’associazione culturale Kollatino Underground, che prevalentemente opera organizzando manifestazioni all’aperto, solitamente patrocinate o addirittura finanziate da bandi pubblici indetti da Roma Capitale e non solo, è condannata a pagare una prima multa di 500 euro, in attesa di una seconda, molto più onerosa, in violazione dei sopracitati articoli.
A questo si aggiunge la sospensione obbligatoria di tutte le attività musicali, danzanti e degli spettacoli in programmazione, causando gravi danni per i gruppi di artisti che si erano già economicamente impegnati nell’organizzazione e promozione dei loro progetti.

Il paradosso è pienamente visibile a tutti. Un’associazione culturale che prende vita e linfa proprio dal suo spazio, che vince da anni bandi pubblici per l’organizzazione di eventi musicali, teatrali e culturali (come “Contemporanea”, “Istantanee”, “Eclettica”), si vede mutilata improvvisamente di ciò che rende possibile tutto questo, e proprio da coloro che molto spesso ne sostengono non solo finanziariamente le iniziative all’interno di quei locali.
Ecco quindi come uno degli spazi più attivi di Roma, in campo non solo teatrale, viene messo in “quarantena”, alla stregua di un malato a rischio d’infettare il prossimo. La cultura infetta la città. Eppure Roma appare come una città notevolmente “malata” di cultura.

L’8 febbraio scorso, sul Corriere della Sera, Laura Martellini aveva dedicato un articolo proprio a questa tipologia di spazi occupati, autogestiti e autofinanziati, che da anni veicolano cultura e determinano una crescita intellettuale della città di Roma e non solo, sottolinenadone la ricchezza intellettuale e creativa, aldilà dei vecchi slogan politici di stampo sessantottino.
La cultura e l’arte risultano essere i nuovi antidoti per sostenere idee sociali. Sempre per rimanere nella capitale, spazi come il recente Valle Occupato in poco tempo è riuscito a diventare un vero e proprio polo d’attrazione dello spettacolo nella città; l’Angelo Mai, occupato dal 2004, ospita la produzione spettacolare di compagnie come Codice Ivan, Menoventi, Capotrave, Bluemotion; l’ex cinema Palazzo, in cui Sabina Guzzanti tiene corsi di satira, è uno spazio che ha visto passare artisti come Dario Fo, Elio Germano, Mannarino, Celestini, Franca Valeri; a questi si uniscono il Lido di Ostia e il citato Kollatino Underground.

Mentre in città come Berlino o Parigi esperienze di questo calibro vengono finanziate e sostenute dalle istituzioni, le nostre realtà sono da sempre costrette a lottare per esistere. Vivono in un tipo particolare di clandestinità che non si nasconde, ma urla con forza la propria esistenza.

Abbiamo raggiunto Chiara Crupi, presidentessa dell’associazione culturale Kollatino Underground, per farci spiegare meglio la situazione, e lei ci ha parlato di un’illegittimazione della chiusura dello spazio: “Al Kollatino lo scorso 17 aprile è stata notificata la chiusura al pubblico, rendendo definitiva la quarantena per l’apertura al pubblico ad ogni attività. Continuiamo a fare prove e laboratori, a lavorare nell’ufficio, ma se volessimo aprire lo spazio al pubblico metterebbero i sigillli”.

La presidentessa dovrà rispondere in tribunale di una denuncia penale per la violazione delle leggi sulla sicurezza per le attività di pubblico spettacolo, pur non avendo mai ottenuto la più volte promessa assegnazione degli spazi da parte della Provincia di Roma. “Un atto illeggittimo, proprio perchè lo spazio non ha mai ricevuto l’assegnazione, e un forte attacco alla produzione culturale per uno dei più attivi spazi teatrali e culturali del 6° Municipio, bloccando così numerosi debutti di giovani compagnie”. Prosegue Crupi: “Se avessimo l’assegnazione dello spazio, aldilà di ogni tipo di finanziamento pubblico, potremmo avere le qualifiche legali per la messa in sicurezza; ma non è così, e come fai allora ad investire?”. Un paradosso, appunto. “Lavoriamo con la pubblica amministrazione da anni, ricevendo soldi per iniziative anche all’interno dello spazio, come ad esempio la Notte Bianca con il sindaco Veltroni – aggiunge – ma ci vogliono riforme sostanziali, mentre tante promesse politiche non sono state mantenute da almeno un decennio di pubblica amministrazione”.

La solita situazione anomala tutta italiana, che ci vede però primi in formazione di centri sociali occupati e di spazi autogestiti di produzione culturale. “Non è mai stato fatto nulla per evitare tutto questo. Il nostro desiderio è quello di ricevere l’assegnazione dello spazio, e di conseguenza dare inizio ai lavori di ristrutturazione affinchè esso sia ospitale e accogliente per un pubblico di tutte le età, dai bambini agli anziani, rendendolo aperto e vitale non solo per la gente del quartiere, ma per tutta la città di Roma. L’unica alternativa per non chiudere rimarrebbe altrimenti l’occupazione”.

La voce di Chiara Crupi, rappresentante legale dell’associazione ma soprattutto portavoce di un collettivo organizzativo numeroso, appare come una richiesta di sostegno a favore soprattutto della legittimazione di una produzione culturale, teatrale soprattutto, che da anni è riconosciuta a livello anche internazionale.
Tematica calda e bollente, che proprio nei prossimi giorni sarà parte del convegno Culture a Sistema, che si terrà a Roma il 3, 4 e 5 maggio presso gli spazi del Macro-La Pelanda, ideato e organizzato dal coordinamento CulturaBeneComune, una rete attiva nel tessuto culturale e artistico della Regione Lazio. Una riflessione quanto mai necessaria sulla riforma del sistema culturale, con particolare attenzione agli spazi di aggregazione e alle politiche culturali sul territorio.
Da sempre nella storia dell’uomo si sono verificate chiusure rispetto all’innovazione in ogni campo. La quarantena di un’esperienza culturale non è una novità nei secoli, ma sicuramente rappresenta una miccia pronta a rallentare un nuovo, si spera migliore, futuro.

Vi lasciamo alla video-protesta realizzata dal Kollatino.

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