Corsia degli incurabili: il pulsante monologo di Federica Fracassi

La corsia degli incurabili
La corsia degli incurabili
Federica Fracassi in La corsia degli incurabili
Dopo il debutto del 2010 è tornato a Milano “Corsia degli incurabili” di Patrizia Valduga per la regia di Valter Malosti.

Lo diciamo subito: superba è Federica Fracassi, unica interprete della pièce che, imprigionata dalla malattia, immobile su una sedia a rotelle, esprime attraverso la sola voce il dolore dilaniante, la rabbia e la disperazione della condizione umana.

Poetico, denso  e pulsante, lo spettacolo si snoda attraverso tutto il testo della Valduga alternando registri di linguaggio aulico a invettive critiche e attualissime. Le parole si susseguono a ritmi differenti, come a seguire un flusso interno di emozioni provocate, come a volerne dettare in quel modo l’effetto.

La scena è scarna, essenziale. Giochi di luce si alternano, fra atmosfere soffuse e tagli netti, crudi, ad evidenziare i dettagli e la ferocia di un testo tanto poetico quanto di una condizione tanto drammatica. “Corsia degli incurabili” è un non luogo. Uno stato mentale di riflessione profonda della protagonista e del fruitore, che viene rimbalzato da uno stato trasognante del ricordo di un amore romantico ad un’aspra critica sociale, del governo, dei media di informazione, dell’occhio con cui guardiamo le cose, e di come noi stessi veniamo a nostra volta guardati. “Corsia degli incurabili” è un’immagine che ti investe con la sua sobrietà e dipana gli strati con cui ci rendiamo insensibili.

L’inopinabile bravura della Fracassi, la cui sola voce potrebbe da sola reggere il pathos dello spettacolo, è coadiuvata dall’utilizzo della musica e dei suoni, in continuo dialogo con i differenti registri utilizzati. Si spazia da Beethoven, Liszt, Wagner a Filippo Del Corno, Fausto Romitelli, fino alla romanza di Francesco Paolo Tosti “L’alba separa dalla luce l’ombra”, cantata a due voci, quella del tenore in stereofonia e quella accennata dalla protagonista.

Un corpo di donna inerme, una voce che urla, sussurra e canta, un’anima che compie un percorso verso una morte inevitabile, e che con essa si confronta sotto ogni sua forma: il conformismo, la cattiva informazione, la smania di successo, la deturpazione del linguaggio, l’invidia, l’infamia, “l’arroganza dei più detti sani”.
Un confronto in cui la linea sottile del vivere e del morire si confondono e sovrappongo: può un’anima vicina alla morte possedere una tale forza vitale? E può, specularmente, un’altra anima morire in un corpo ancor vivo? Sano?

Il complesso testo della poetessa  veneta, scritto nell’agosto del 1995, si dimostra attualissimo nei riferimenti storico-politici anche 17 anni dopo.
Federica Fracassi si conferma una grande interprete, e la poesia della regia di Malosti è al servizio, valorizzandola, di quell’anima palpitante del testo, che respira, agonizza, pulsa a battito regolare fino a divenire tachicardico, per poi cessare.

Ci domandiamo, a fine spettacolo, quali siano davvero i mali incurabili, quanti ognuno di noi ne portiamo dentro, e quanto spesso siamo costretti a subirne.
La protagonista dell’atto unico della Valduga a suo modo di ribella e dissente: scrive come sotto dettatura lettere al direttore del Corriere, al Ministro della Sanità, al Capo dello Stato, e ama fino al dolore un “amore senza amore, criminale”.  

Un monologo pregno di senso si articola su una rete di connessioni, che risultano delle volte complesse al primo ascolto, quasi scoordinate, ma che aprono squarci su momenti di vita, impressioni, sensazioni ed opinioni che, nel loro essere personali e radicate, diventano una voce che dal profondo urla, un’energia che si irradia in contrasto a quella scena fissa, a quel corpo quasi morto, custode e metafora di una condizione attualmente profondamente italiana.  

Corsia degli incurabili
di Patrizia Valduga
uno spettacolo di Valter Malosti
con Federica Fracassi
suono e programmazione luci: G.u.p. Alcaro
costumi: Federica Genovesi
scelte musicali, luci, spazio scenico: Valter Malosti
una produzione: Teatro di Dioniso/Residenza Multidisciplinare di Asti
in collaborazione con Teatro i / Festival delle Colline Torinesi
durata: 50′
applausi del pubblico: 4′

Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 18 gennaio 2013


 

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