Lo spettacolo, o meglio lo ‘scenario evento’, presentato a fine settembre al Teatro Nuovo di Napoli, in occasione del settantesimo anniversario della liberazione della città dalle forze naziste, s’intitola “Napoli ‘43”.
La sua messa in scena, spiega Enzo Moscato, cerca di cogliere “il senso dell’inimitabilità e irripetibilità dell’agire storico degli eroi straccioni di quei lontani giorni del settembre 1943”. E ci riesce pienamente non raccontando semplicemente la Storia, ma catapultando direttamente lo spettatore negli eventi di quelle quattro giornate.
Venticinque personaggi in scena, venticinque frammenti di vita napoletana su un palco semibuio, illuminato semplicemente dalle immagini di Mimmo Paladino che scorrono sullo sfondo. Una dimensione onirica avvolge le figure narrate e narranti, che, come sospese nell’aldilà, raccontano ciò che è loro capitato, come è successo, come hanno combattuto.
Il regista descrive il tutto con poca retorica, e con quel suo linguaggio sempre innovativo, dal greco al tedesco, passando naturalmente per il napoletano, con le molteplici invenzioni linguistiche tipiche dell’autore.
Non è la prima volta che Moscato si dedica ad un testo sulla sua città, l’ha fatto con “Luparella” e con “Sull’ordine e il disordine dell’ex macello pubblico”. Anche in “Napoli ‘43” evita qualsiasi tipo di qualunquismo o di stereotipo, descrivendo storie e accadimenti così come sono. Una “cantata”, è così che la definisce: una forma estetica composta di teatro, arte, musica e citazioni sonore.
Niente scenografia, solo una scala e poche sedie, il tutto affidato all’arte di Palladino che scorre sullo sfondo. E non sono le classiche immagini di trincea o di guerra che siamo abituati a vedere, ma una forma d’arte contemporanea che traspone la Storia in maniera eccellente, giacché ad ogni scatto che coglie un frammento di vita corrisponde la narrazione da parte degli attori.
Niente musica da mandolino, ma suoni ibernati che ci immergono nella guerra, tracce originali che sono state recuperate direttamente dagli archivi sonori della Memoria di Stato: i passi minacciosi e le grida riproducono gli orrori e la tristezza di quei giorni. Ogni tanto il suono di una chitarra, quella di Claudio Romano, uno spiraglio di musica che si eleva dall’interno del baratro bellico, una melodia simbolo di speranza. Un aspetto che, nonostante il declino totale, non ha mai abbandonato i napoletani.
Nei costumi visionari di Tata Barbalato, i venticinque bravi attori si alternano sul palco dopo il prologo di Antonio Casagrande, antiretorico e anticelebrativo, e nel quale è subito reso il punto della ricezione contemporanea e postera della rivolta.
“Ma, oggi, i nuovi tedeschi, chi sono? Dove stanno? Dove si nascondono (se pure si nascondono)? E, soprattutto: cosa si propongono – nel prossimo futuro – a nostro danno, fare?”.
È con queste parole che lascia il suo pubblico Moscato. Un invito che sembra essere quello di non farsi trovare impreparati ed inermi, nel caso in cui la Storia decidesse di ripetersi.
Napoli ‘43. Scenario Evento per il 70esimo ‘D-Day’ Napoletano
testi e regia: Enzo Moscato
immagini sceniche: Mimmo Paladino
disegno luci: Cesare Accetta
costumi: Tata Barbalato
musiche originali: Claudio Romano
con: Antonio Casagrande, Benedetto Casillo, Cristina Donadio, Enzo Moscato, Salvatore Cantalupo, Gino Curcione, Ciro D’Errico, Enza Di Blasio, Gino Grossi, Carlo Guitto, Rita Montes, Serena Furfaro, Paco Correale Salvatore Chiantone, i giovani Giuseppe Affinito, Caterina Di Matteo Francesco Moscato, Giancarlo Moscato, Manuela Mosè,
con la partecipazione di Lucia Celi, Rosa Davide, Donatella Sbriglia e i piccoli Maria Pia Affinito, Isabel e Oscar Guitto
durata: 1h 45’
applausi del pubblico: 1’ 40 ’’
Visto a Napoli, Teatro Nuovo, il 9 ottobre 2013