Dario Fo e S. Francesco a Taormina. Quando la cultura aiuta la cultura

Dario Fo
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Al Teatro Antico di Taormina, Dario Fo non aveva mai recitato un intero spettacolo. Solo due apparizioni, in occasione dei David di Donatello, e già allora ritrovarsi in quella cavea era stato motivo di sorpresa e meraviglia. Perché si tratta, a suo dire, di “uno degli spazi scenici più belli del mondo”.

Con queste parole ha salutato il pubblico che lo ha accolto per la sua “prima volta” al Teatro Antico. Una serata scandita dalle emozioni del pubblico, coinvolto e partecipe, e del premio Nobel che ha attraversato quel palco con la forza, la consapevolezza e la maestria d’un attore, drammaturgo, regista, che non ha più nulla da dimostrare ma solo successi e soddisfazioni da raccontare, ma al contempo con la curiosità, leggerezza, emozione di chi si approccia con occhi sempre nuovi ad uno spazio scenico mai calpestato con un proprio spettacolo.

«Sono davvero felice ed emozionato al tempo stesso – aveva affermato, in vista della performance taorminese – Se non avete mai avuto la possibilità di esibirvi su uno spazio teatrale di quel valore non potrete nemmeno provare l’ansia, e nello stesso tempo il terrore di trovarvi soli a proiettare voce e gesti in una dimensione geometrica tanto perfetta e impossibile».

Al pubblico del Teatro Antico ha proposto “Lu Santo Jullàre Françesco”, lavoro di 15 anni fa ora riscritto in una versione che si lega all’attualità del pontificato di Papa Francesco.
Lo ha presentato nell’ambito della sesta edizione del Bellini Festival diretto da Enrico Castiglione. Ancora un’altra “prima volta” per Fo e il suo spettacolo, che non era mai andato in scena al Sud.

Il testo, del 1999, viene riproposto da Fo con una nuova veste, alla luce della scoperta di alcuni scritti che mostrano aspetti della vita del santo di Assisi pressoché sconosciuti. Ma a modificarne la visione, dicevamo, è anche l’arrivo al soglio pontificio di Papa Francesco, uomo coraggioso a cui anche i non cattolici guardano nella speranza di grandi trasformazioni, in nome della dignità di tutti gli uomini.

Sull’orizzonte l’Etna, ad abbracciare la scena colonne e pietre del quarto secolo; l’aria e la brezza marina completano un miracolo divino e umano, legato al popolo greco, tanto caro a Fo, capace di progettare uno spazio dalla “dimensione geometrica paradossale”.

Passione e mestiere per lui, cuore e cervello per il pubblico sono le componenti con cui avvicinarsi allo spettacolo; unico rammarico non avere al proprio fianco la compagna di una vita, Franca Rame.

Pian piano la forza della narrazione prende corpo, non appena Fo sostituisce all’italiano un volgare che è un misto di parlata umbra, napoletana, campana e della Sicilia orientale. Descrive le fattezze di un uomo santo e rivoluzionario insieme, senza censure o omissioni, ne scandisce la vita fatta di scelte forti, battaglie in nome del Vangelo, dei poveri, della carità.

La giullarata di Fo si fonda su quell’affabulazione narrativa di cui è maestro, passa dal racconto, utile a presentare fatti e personaggi dell’Italia medievale, dai semplici frati e contadini, a cardinali e papi, alla recitazione, in un’alternanza di entrate ed uscite per rievocare al meglio la vita e le vicende di Francesco.
Rileggendo leggende popolari, testi canonici del Trecento e documenti emersi negli ultimi tre secoli, Dario Fo elabora un’immagine nuova del santo di Assisi: spogliato dal mito, ritroviamo un personaggio provocatorio, coerente, coraggioso, ironico.

Gesti ampi, sicuri, volto estremamente espressivo che diventa maschera della narrazione, una voce capace di spingersi in mille sfumature, solo una sedia nera a cui tendere nell’andirivieni del racconto. Gli è sufficiente l’immediata semplicità delle parole che diventano immagini e si stagliano sul nero del cielo taorminese e sui colori che un sapiente gioco di luci proiettano nel colonnato che abbraccia la scena.

Due intense ore di spettacolo, in cui storia, religiosità, impegno civile e politico hanno riempito la scena, tanto da farsi attualità. Alla serata, infatti, è legata un’iniziativa benefica: la creazione di una biblioteca per ragazzi a Messina. Così, a fine spettacolo, Fo ha chiamato sul palco il sindaco della città dello Stretto, Renato Accorinti, affinché illustrasse il progetto, subito sostenuto dal premio Nobel, che ha messo a disposizione i biglietti per assistere al suo spettacolo a tutti coloro che avessero fatto un’offerta per la futura biblioteca.

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