L’agopuntura sociale di Darren O’Dollen: gli effetti sulla pelle dell’“ultima generazione”

Nightwalks with Teenagers Pescarola (ph: Alessandro Morana)
Nightwalks with Teenagers Pescarola (ph: Alessandro Morana)

La Triennale di Milano e Zona K hanno presentato a FOG la coproduzione “The last minutes before Mars”. Abbiamo intervistato alcuni dei sette giovani interpreti diretti dalla compagnia Mammalian Diving Reflex

Cosa succede quando si mettono gli adolescenti al potere? E’ una domanda che la nostra società tende accuratamente ad eludere da troppo tempo, contribuendo al disagio manifestato dalle giovani generazioni attraverso sintomi e fenomeni sempre più eclatanti. E’ invece proprio nel terreno artistico e culturale che questo tema cruciale incontra il coraggio di offrire una risposta.

Seguendo questo interrogativo, a Milano, Zona K ha dato l’impronta ad un progetto pluriennale di teatro partecipato. L’associazione milanese, infatti, accanto ad una consolidata attività di programmazione, si sta sempre di più orientando a promuovere e sostenere il coinvolgimento attivo ed inclusivo di specifiche comunità da parte di artisti che sappiano coniugare la qualità estetica alla rielaborazione del presente, nella fiducia che da ciò scaturiscano processi rigenerativi del tessuto sociale. Nello specifico, nel 2018/19 il progetto “Teen Time” ha mirato alla fascia d’età adolescenziale privilegiando strategie attive e linguaggi innovativi; all’interno di questo contenitore, la compagnia Mammalian Diving Reflex ha avuto uno spazio rilevante.

Si tratta di una realtà canadese nata negli anni Novanta e diretta da Darren O’Dollen; da un’impostazione teatrale più tradizionale, nel tempo è approdata a pratiche di impegno sociale, creando spettacoli in cui le contraddizioni della nostra attualità vengono rielaborate non in semplici spettacoli da fruire passivamente, ma in vere e proprie esperienze esteticamente sorprendenti.

Ispirandosi a pratiche esplorate anche da Branch Nebula, Rimini Protokoll e Ontroerend Goed, per citare alcuni, Darren O’Dollen ha messo a fuoco il metodo dell’agopuntura sociale, fondato su un’interazione molto intima sia con soggetti non professionisti attivi nelle performance, sia con gli spettatori, prelevando da entrambe le componenti materiali che costituiscano il nucleo del percorso artistico.

Con questo approccio, nell’anno scolastico 18/19 la Mammalian Diving Reflex ha sollecitato all’istituto superiore ITAS Natta di Milano tre performance – “Nightwalks with teenagers”, “Sex drugs and criminality”, “Ask for the moon” – confluite nell’evento conclusivo dall’emblematico titolo “Teentalitarianism”.

La stessa compagnia, nell’anno scolastico successivo, ha avviato un percorso interrotto dalla pandemia e portato a compimento in occasione dell’edizione del 2023 di Fog, rassegna ospitata alla Triennale di Milano e quest’anno firmata da Romeo Castellucci: “The Last Minutes Before Mars” è una combinazione di performance dal vivo, teatro immersivo tramite visori 3D, teatro interattivo e relazionale, riservata ad un massimo di 30 spettatori a replica.
Partendo dall’assunto che è improbabile che si possano trovare su Marte o altri pianeti soluzioni ai grandi problemi ambientali e politici della Terra, la performance invita a riflettere sulla possibilità di trovare uno sguardo nuovo qui, dove già siamo.
I giovanissimi interpreti sono stati attivamente coinvolti, sia nel prelievo dalle loro vite private di alcuni contenuti di partenza, sia nella co-costruzione dell’impianto complessivo e dei suoi dispositivi scenici; l’intero processo creativo, infatti, è avanzato per brainstorming, improvvisazioni, tentativi, senza seguire un’idea preimpostata dal regista e dalla sua équipe, la cui azione ha svolto una funzione essenzialmente maieutica e di distillazione estetica.

“Quali sono le condizioni necessarie e sufficienti per vivere una bella giornata perfettamente ordinaria?”. Su questo cardine ruota la prima parte dello spettacolo, divertente e persino euforica, in cui le vite dei sette performer cominciano ad essere date in pasto agli spettatori attraverso visori 3D.
Lo spettacolo assume gradualmente i contorni della performance, coinvolgendo il pubblico in un meccanismo di partecipazione via via sempre più attiva: domande a cui rispondere per alzata di mano, altre con bigliettini anonimi, disposizioni prima a cerchio, poi a piccoli gruppi, infine a coppie, movimenti coordinati in gruppo oppure gesti che sfiorano il volto dell’altro.

Il mood cambia nettamente di segno quando si indaga che cosa può minacciare l’ordinaria bellezza delle nostre vite. L’esperienza proposta al pubblico invita quindi a riconoscere delle affinità nella comune fragilità e a provare reciprocamente empatia.

Per riflettere sull’impatto di questa esperienza sugli interpreti, abbiamo intervistato quattro dei protagonisti: Sara Ben Hamouda, Elisa Fasiello, Sara Guttadauro, Fjoralba Qerimaj, oggi tutte ex studentesse del Liceo Natta, tra i 21 e 22 anni.
I sette performer nell’insieme presentano una grande varietà di tratti somatici e caratteriali, colori della pelle e orientamenti di genere, origini e proiezioni verso il futuro. E’ proprio la prima di quest’elenco a rilasciare la frase più caustica: «Questa è stata l’unica organizzazione orizzontale che abbia mai conosciuto». Lo dice una ragazza che ha fatto parte anche di altri gruppi e collettivi, e la sua impressione è amplificata da quella degli altri di aver avuto un ruolo integrante e riconosciuto nel corso del processo creativo, di essersi sentiti valorizzati nell’apporto ideativo e mai ridimensionati e subordinati nella griglia di una gerarchia, di aver sperimentato la libertà di esprimersi senza che, ai contenuti proposti, venisse sottratta legittimità. Ciò non significa che tutte le idee fossero accolte, ma il clima di rispetto e la costruzione democratica del risultato finale hanno permesso di «sviluppare una pazienza prima estranea ed entrare in una logica effettiva di scambio paritetico» (Sara Ben Hamouda) e di «imparare ad accettare che la propria idea non venisse integrata senza farne un dramma» (Elisa Fasiello).

Simili percezioni confermano quanto poco spazio e rilevanza siano riconosciuti oggi ai giovani che, come confermano gli intervistati, raramente si sentono ascoltati e compresi. Soprattutto, sia nella quotidianità scolastica che al di fuori di essa, esiste una frattura abrasiva tra i valori astratti che nell’educazione vengono veicolati – quali la democrazia e la partecipazione attiva, il rispetto reciproco e l’inclusività – e le possibilità concrete di sperimentarli.
Grazie al metodo di Darren O’Donnel, invece, gli interpreti hanno imparato non solo «a dire cose che pensavo di non riuscire mai a condividere», come racconta Sara Guttadauro, ma in particolare «a lasciare più spazio alle persone che ne hanno bisogno, ad includere quelle più riservate o fragili» (Sara Ben Hamouda).
Elisa parla di un vero e proprio «boost di confidenza», determinato anche dalla peculiarità dei contenuti e dei meccanismi dello spettacolo. Chi, nel gruppo, aveva già avuto esperienza di teatro, si era confrontato con il consueto copione e con ruoli dietro cui nascondersi o confondersi con tutti gli altri. Seguire la richiesta di essere sé stessi e di mettere a nudo la propria individualità implica un valore aggiunto rispetto a quella di interpretare un personaggio astratto, e offre l’occasione di affrontare in modo più risolutivo i conti aperti con sé, superando la paura di essere giudicati e la vergogna di mostrarsi fragili.
L’effetto a lungo termine è che oggi «diamo meno peso a quello che gli altri pensano di noi, non ci preoccupiamo troppo», sostiene Elisa.
Il messaggio più significativo che gli stessi interpreti hanno voluto far affiorare e al tempo stesso appreso è sintetizzato da Sara Ben Hamouda: «Ci inventiamo differenze per creare divisioni»; e di fatto dalla performance anche gli spettatori escono con un senso rinnovato di comunanza ed empatia.
In aggiunta, l’interazione ed il coinvolgimento attivo degli spettatori richiedono grande attenzione, capacità di adattamento a situazioni variabili e capacità di gestione di alcune impasse. Ad ogni replica si rafforza una consapevolezza acquisita: «Possiamo solo osservare gli altri nel loro complesso, non li conosceremo mai al 100%», nemmeno chi ci è più prossimo.

Alcuni degli intervistati oggi mantengono collaborazioni con realtà artistiche, continuano una propria ricerca espressiva e addirittura propongono in autonomia progetti creativi. Con loro abbiamo valutato in che misura oggi un pubblico giovane può lasciarsi coinvolgere dal teatro contemporaneo.
“The last minutes before Mars” esemplifica alcune caratteristiche che non possono che colpire la sensibilità e la curiosità dei postmillenials, continuamente esposti a emozioni accelerate da nuovi mezzi e nuovi linguaggi: uno sviluppo decisamente imprevedibile, un’alternanza molto accentuata di toni umorali, un’interazione coinvolgente e stimolante. Inoltre, il ricorso alla tecnologia per raccontare, la mescolanza di presenza teatrale e videonarrazione, dinamiche accentuatamente ludiche, la rottura di posizioni statiche e distanze tipiche del teatro classico: sono tutte cifre di una contemporaneità molto accattivante ma ancora poco nota.
E’ soprattutto il contenuto, a detta degli interpreti, che può attirare un pubblico giovane: in un’epoca in cui la soggettività è così tanto vetrinizzata, e a tratti la complessità del nostro essere a questo mondo pare ingestibile, un percorso in cui l’autobiografia si trasforma in biografia collettiva, restituendo dignità al disorientamento del presente e offrendo un conforto non a breve termine, fa sentire al giovane spettatore ciò di cui ha bisogno, ovvero la sensazione di essere un soggetto meritevole di interesse e comprensione. «Basta storie del passato» ha chiesto Fjoralba, e basta «vedere il teatro come un luogo produttivo dove apprendere conoscenze» ha chiesto Sara Ben Hamouda: lo spazio scenico diventi specchio in cui riflettersi e cornice in cui trovare spunti per una crescita personale.

La Mammalian Diving Reflex in questi giorni è stata ospite del festival Fuori di Bologna con il format “Nightwalks with teenagers”, una performance/camminata notturna dove un gruppo di teenager conduce gli spettatori per la città seguendo le proprie abitudini, i luoghi preferiti, i loro punti di congiunzione con la comunità. Il progetto propone quindi agli adulti una mappatura inusuale della città, offrendo l’opportunità di socializzare e comprendere meglio le nuove generazioni.

The last minutes before Mars
in calendario all’interno di Fog Festival
ideazione, regia: Darren O’DonneII
co-direzione: Chiara Prodi
con Sara Ben Hamouda, Andrada Ciccotto, Mervin Kyle Fajardo, Elisa Fasiello, Jerwin Mostiero, Sara Guttadauro, Fjoralba Qerimaj
coprodotto da ZONA K e Triennale Milano Teatro, in collaborazione con l’ITAS Giulio Natta di Milano e con il sostegno del Canada Council of the Arts, deII’Ontario Arts Council e deII’Ambasciata del Canada in Italia

Visto a Milano, Zona K, il 31 marzo 2023

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