“Deriva Traversa”, Dewey Dell tra gli affreschi del Parnaso

Deriva traversa (ph: Salvatore Laurenzana)
Deriva traversa (ph: Salvatore Laurenzana)

La performing art di Teodora Castellucci alla Galleria d’Arte Moderna di Milano

Triennale Milano spesso abbandona la comfort zone del Palazzo dell’Arte e deraglia verso nuovi spazi artistici. FOG 2024, festival di arti performative, raggiunge stavolta Villa Belgiojoso, sede della Galleria d’Arte Moderna a Palestro, e presenta “Deriva Traversa” di Dewey Dell, collettivo di danza composto da Teodora Castellucci, Agata Castellucci, Vito Matera e Demetrio Castellucci.

Nella penombra soffusa della Sala del Parnaso, capolavoro del Neoclassicismo milanese affrescato da Andrea Appiani in epoca napoleonica, troviamo già in scena una Teodora Castellucci accartocciata, per una originale performance ispirata a una natura arcadica, avviata musicalmente dai belati e dallo scampanellio di un gregge.

Arriviamo al primo piano di questo raffinato palazzo signorile lasciandoci alle spalle un busto di Napoleone Bonaparte, che ne fece una delle residenze della propria famiglia durante il regno d’Italia. Sfiliamo davanti a opere di Canova, Segantini, Previati. Lambiamo il “Manzoni” di Hayez, prima di sederci sul pavimento ligneo intarsiato dall’ebanista Giuseppe Maggiolini.
La sobria decorazione a semicolonne doriche bianche, sormontate da capitelli corinzi dorati, le tende rosee, fanno pendant con il corpo della performer, il chiaro del top (costume Guoda Jaruseviciute) il roseo della carne. Tra gli stucchi di Giocondo Albertolli, sotto il soffitto a lacunari da cui pendono due enormi candelabri, sostiamo a debita distanza da un corpo etereo e solitario, continuamente cangiante.
Assistita alle coreografie dalla sorella Agata, Teodora Castellucci si deforma alle musiche del fratello Demetrio ed interagisce con il ventriloquo canto corale di Adam e Sam Sherry (A Dead Forest Index).
Il suono è materia e crea il corpo; il corpo offre una cassa di risonanza al suono. Sono echi spirituali, vibrazioni d’epoca nuragica che richiamano al sacro e creano il tempo della meditazione. È in virtù di quest’immersione introspettiva che la performer si allontana in una dimensione ultrasensoriale, sotto una luce da tabernacolo.
Immobilità cristallizzata. Coscienza della bellezza come impulso creativo. Tra fisicità e metafisica, ogni gesto è lento, grave, solenne, e interagisce con lo spazio penetrandone le tre dimensioni.

“Deriva Traversa” rimanda alla vita che si schiude. Il corpo si apre come un fiore, germoglia, muta, si traduce in massa, in cerca di nuove soluzioni nello spazio.
Questa performing art che si vale della drammaturgia di Vito Matera, avviene sul crinale tra vita e morte. Teodora Castellucci è al contempo corpo in fasce e Lazzaro che si sghiaccia dal torpore sepolcrale. Le mutevoli forme riecheggiano gli studi anatomici di Michelangelo. La performance è esplorazione minimalista dei muscoli e delle loro possibilità. Essa si dispiega nella luce e attraverso il suono. Ma la relazione è anche con l’architettura del palazzo, la sua storia, le sue evocazioni, la filigrana di generazioni ed epoche che l’hanno abitato e deformato.

La corporeità materiale ed eterea trascende i limiti fisici e mentali. La testa avvolta in un velo rende meno impervi i ribaltamenti di questo essere ibrido, simultanea espressione del mondo animale e artistico: uccello e cariatide, chiocciola e conchiglia, nautilus e voluta, trampoliere e trave, pipistrello e pilastro. Inarcata sulla schiena, seggiola capovolta, portacandela.
L’artista infine si contrae, a racchiudersi in un cubo, a ridursi dentro uno spazio denso e simbolico. È catarsi della materia e liberazione dal superfluo. È nugolo di scie essenziali per semplicità e levigatezza. Mentre le luci sfumano, e cedono al buio della sala. Da cui scompare, altrettanto misteriosamente, la lussureggiante pittura di Appiani: i boschi del Parnaso, l’energia di Apollo, la grazia delle Muse, la loro danza leggera tra ghirlande di fiori e mitologia.

Deriva Traversa
coreografia, con: Teodora Castellucci
musiche: Demetrio Castellucci
assistenza alla coreografia: Agata Castellucci
composizione corale, voci: Adam Sherry, Sam Sherry –  A Dead Forest Index
drammaturgia: Vito Matera
costume: Guoda Jaruseviciute
con il sostegno di: progetto MUSE – compagnia B /
in collaborazione con: Festival Danza Urbana, Festival Città delle Cento Scale

durata: 25’
applausi del pubblico: 2’ 30”

Visto a Milano (FOG 2024), Galleria d’Arte Moderna, il 2 marzo 2024

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