Di Mauro e Viscovo fra le corrispondenze segrete di Ofelia

Di Mauro e Viscovo in The secret love life of Ophelia (photo: Andrea Macchia)
Di Mauro e Viscovo in The secret love life of Ophelia (photo: Andrea Macchia)
Di Mauro e Viscovo in The secret love life of Ophelia (photo: Andrea Macchia)
“Voi siete onesta?” chiede Amleto ad Ofelia nel III atto dell’omonima tragedia di Shakespeare, scivolando come una stonatura su uno dei dialoghi più dibattuti della storia del teatro: è l’Amleto che è o si finge pazzo.
Una domanda aggressiva si gonfia di rabbia in crescendo e si pone a cesura di un incontro tra amanti, pianificato dal re usurpatore del trono: “Che essendo onesta e bella, come siete,/ mai la vostra onestà dovrebbe ammettere / che si parli della bellezza vostra”.

Polonio, padre di Ofelia, e il re restano nascosti dietro i tendaggi in ascolto, a cercare cause d’amore negli apparenti vaniloqui di Amleto. Ma che cosa volesse intendere Shakespeare è da sempre eredità dell’interpretazione drammaturgica postuma.
Non solo per la difficoltà di ricostruzione cronologica del testo, che Harold Bloom suppone composto da due versioni sovrapposte, scritte in tempi diversi, ma anche per la complessità dell’azione interiore di un personaggio che gioca tra metodo e follia, e si compone di immagini statiche o dinamiche che lo rendono soldato, filosofo o principe ad intermittenza linguistica ed emotiva.

Un Amleto quindi consapevole oppure ignaro di essere spiato durante l’incontro con Ofelia, prima respinta da accuse, e poi graziata dall’intimazione di recludersi in un convento, per preservare una purezza che il mondo velocemente corromperebbe?
Quale rinnego possibile, reale, voluto, nei confronti di una donna a cui verranno rivolte ancora una volta parole di seduzione, prima della messa in scena che svelerà il tradimento del re?

“E’ un pensiero gentile dopotutto/sdraiarsi tra le gambe di ragazze”.
“The secret love life of Ophelia” di Steven Berkoff immagina un fitto carteggio di carnalità inappagate ed indaga questa tensione erotica, lasciata in Shakespeare latente: è la lingua delle sottigliezze di Catullo, del Mito e della Natura rivelatori di voluttà e passione, del Cantico dei Cantici, del  “lacrimare della mia melagrana” e del “sangue della mia uva, vino della tua vigna”.

Tra scurrile e aulico, Berkoff riproduce lo stile shakespeariano contaminandolo con influssi secolari di letteratura erotica, ma sostenendo il clima di tragedia, il pathos del dramma straziante che consumerà la passione di Amleto ed Ofelia nella morte di lei.

Trasformati in attori, padroni consapevoli di un gioco a due che tuteli il loro amore dalle intrusioni di padri, re, responsabilità politiche e lignaggi, si fanno complici di dissimulazioni: Michele Di Mauro e Carlotta Viscovo danno loro voce e mettono in scena per il Festival delle Colline Torinesi uno “studio-prima traccia 2014” di queste trafitture epistolari.

Lo fanno rivisitando ulteriormente Berkoff in un reading/concerto sulle note dei Beatles, di “Because We Can” di Fatboy Slim, già colonna sonora del film “Moulin Rouge” (ripresa a ricordare trasgressioni e corruzioni di tante forme di corti politiche) ed altri frammenti musicali novecenteschi e successivi.
I suoni e le distorsioni elettroniche live di G.U.P. Alcaro s’introducono sinuosamente sul ritmo vocale e i sospiri di un Amleto in giacca e t-shirt, recante l’emblema del teschio in colori da pellicola in negativo, e un’Ophelia in morigerato vestito scuro.

Una messa in scena elegante, sobria, che gioca per delicati contrasti con il contemporaneo, senza cadere mai in quell’esacerbazione fittizia della modernità che viene spesso usata per strizzare l’occhio al pubblico.
In verità il contemporaneo è qui naturale, grazie ad un’attoralità e ad un’interpretazione spontanee, nonostante le espressività desuete della lingua: l’attualità del desiderio.
Attori e registi a due mani, Michele Di Mauro e Carlotta Viscovo si pongono dietro ai leggii ai lati opposti di un talamo bianco centrale su cui, proiettati dall’alto, si dispongono fotogrammi cinematografici a disegnare un pavimento di volti, gesti e corpi.

Strappa un sorriso compiaciuto notare che tra le immagini delle versioni cinematografiche shakesperiane (Amleto ne vanta parecchie), compare un poco conosciuto Dušan Makavejev, regista dell’“Onda Nera” jugoslava degli anni Settanta e autore del controverso e pluricensurato “Sweet Movie”: il sacrificio dell’unico superstiste della rivoluzione sovietica, immerso in una vasca da bagno piena di zucchero bianco, accoltellato con gioia ritualistica dalla sua amante.
Un film di denuncia contro la repressione sessuale e le conseguenze sulle condizioni economiche, spirituali, sociali dell’uomo subite sotto il clima della Guerra Fredda.
Un parallelismo azzardato con la lotta in difesa della loro unione, portata avanti da Ophelia e Amleto all’ombra di un re illegittimo, espressione di un corrotto desiderio del potere?

Ci fermiamo qui con le supposizioni. D’altra parte se una “prima traccia” dev’essere, restiamo allora volentieri incuriositi, in attesa che Di Mauro e Viscovo ce ne propongano seguiti o sviluppi.

The secret love life of Ophelia
di Steven Berkoff
regia Michele Di Mauro e Carlotta Viscovo
dalla traduzione di Adele D’Arcangelo
con Michele Di Mauro e Carlotta Viscovo
voce di Gertrude :Franca Nuti
suono e live electronics: G.U.P. Alcaro
collaborazione all’allestimento: Lucio Diana
produzione: Fondazione Teatro Piemonte Europa
in collaborazione con: Festival delle Colline Torinesi

durata: 1h
applausi del pubblico: 3′

Visto a Torino, Superbudda, il 20 giugno 2014
studio – prima traccia 2014


 

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