Io non sono. The Enthusiastics e l’intervista dal tendone

Lo chapiteau a Villa Romana
Lo chapiteau a Villa Romana
Lo chapiteau a Villa Romana

La raffinata fantasia del pittore Max Klinger aleggia ancora negli spazi della Villa Romana di Firenze, da lui fondata come ritrovo di artisti e in seguito dedicata da un’associazione culturale tedesca ad ospitare e sostenere progetti d’arte. Ci aggiriamo nel giardino, dove spicca un’insolita costruzione: lo chapiteau (un tendone da circo che racchiude una sala teatrale vera e propria) del gruppo The Enthusiastics.

Per mostrare la particolarità dell’allestimento e conoscerne gli autori abbiamo realizzato una videointervista con la compagnia, ospitata a Villa Romana con la produzione “Io non sono”. Annalisa D’Amato, regista napoletana per molti anni a Pontedera Teatro come attrice e assistente di Roberto Bacci, ci racconta la nascita del variegato ensemble da lei riunito. Una équipe poliedrica, non solo italiana (alcuni vengono da Stati Uniti, Argentina, Francia), che sulla scena contamina lingue e discipline artistiche.

Gli ‘entusiasti’ sono in tutto nove, ciascuno con un ricco percorso e la vocazione di attraversare generi e forme: i musicisti Charles Ferris, trombettista dalla classica all’improvvisazione sperimentale; Marco Di Palo, compositore e violoncellista partenopeo; Francesco Canavese al banjo e chitarra elettrica; Francesco Forni cantautore e chitarrista, già attivo per colonne sonore tra cinema e teatro, insieme ad attori-danzatori-cantanti: Giordano Acquaviva, da anni collaboratore di Annalisa D’Amato; Monica Bianchi, attrice e danzatrice con Giorgio Rossi e Raffaella Giordano, ma anche coreografa con Lenz Rifrazioni e Teatro delle Briciole; Julien Desroche, giovane attore parigino; Julia Sarano, danzatrice argentina e di recente anche attrice cinematografica con Marco Bechis; Antonin Stahly, attore di Peter Brook fin da quando, a nove anni, recitò nel “Mahabharata”, ma anche violinista.

Un gruppo nato da incontri artistici e personali al tempo stesso, che risponde al desiderio di condividere un percorso alla ricerca del Sé. Da questa scelta, spiega Annalisa, è nato “Io non sono”, prima creazione di The Enthusiastics in cui le specificità tecniche di ciascuno sono in reciproca osmosi. La regista dichiara subito che le riflessioni metafisiche si esprimono qui con gusto ironico per una precisa scelta di poetica, che si riflette nel nome scelto dalla compagnia.

La negazione del titolo è insieme argomento e struttura dello spettacolo, ispirato all’omonimo poema sufi del mistico persiano Rumi, in cui si esclude l’identificazione di sé con ogni aspetto parziale dell’esistenza per affermare la totalità dell’essere. Col suo violino e la sua comunicativa, Antonin Stahly guida il pubblico introducendolo nello chapiteau come nello spazio e nel tempo di un incontro, propiziato dal profumo d’incenso e dal colore naturale delle tavole lignee che compongono l’interno della struttura.
Un incontro senza storie da raccontare: “Io non sono”, infatti, rifiuta di sviluppare una trama narrativa, proponendo un flusso di musica e azioni di volta in volta generate dai passi poetici declamati da Antonin circa ciò che non si è, in una partitura scenica che si articola per successive apparizioni.

Per conoscere il modo di lavorare della compagnia chiediamo alla regista le motivazioni alla base di questa composizione, e ad Antonin di spiegarci come opera i raccordi tra contrappunti musicali, presenze, parole che si succedono nello spazio semivuoto, a stretto contatto con il pubblico seduto sulle gradinate di legno.
Condensiamo nella breve conversazione e in frammenti di immagini spunti per chi vorrà conoscere virtualmente il lavoro, salutiamo The Enthusiastics e lo chapiteau, pensando alle intenzioni artistiche e alla scelta architettonica, alla creazione scenica che vi prende vita e anche a certe sue fragilità al di là della piacevolezza d’insieme.

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