Il popolo rom è sempre stato considerato un male da estirpare, un pericolo, una piaga sociale di cui liberarsi. Discriminati, ripudiati, aggrediti, spesso sterminati, i rom hanno alle spalle una lunga storia di emarginazione che continua ancora oggi, soprattutto in Italia. La rivolta di Torre Maura, a Roma, di un paio di anni fa, con slogan che recitavano “Dateci i terremotati, gli zingari non li vogliamo”, è solo uno dei tanti esempi che apre gli occhi su un dato di fatto: qualsiasi discorso pubblico sulla questione rom sembra venir spazzato via dall’odio.
E allora lo spettacolo “Era meglio nascere topi”, scritto da Debora Benincasa, protagonista sul palcoscenico insieme a Marco Gottardello, si fa portatore di una riflessione sempre urgente.
Andato in scena in prima nazionale al Teatro Gobetti di Torino per il ciclo estivo di Summer Plays / Nuove destinazioni, con la regia di Amedeo Anfuso, la pièce nasce da un progetto di ricerca sulla cultura rom realizzata attraverso incontri, letture, interviste e formazione nelle scuole, radunando così tutta una serie di esperienze extra-teatrali dell’autrice come animatrice interculturale. Una varietà di spunti e suggestioni che la Benincasa è stata molto abile a canalizzare in una riscrittura ricca e frammentaria.
La storia ruota attorno al racconto di una tranquilla cittadina di provincia in cui le autorità decidono di allestire un campo nomadi nella sua periferia. Il malcontento è generale, i cittadini non ci stanno e organizzano subito un PPP, un Presidio di Protesta Permanente, per chiedere di spostare gli zingari da un’altra parte. Ovunque, purché lontano da lì. Sono i giorni che precedono Capodanno, tutti i residenti della zona si preparano per la festa, e si stringono contro il nemico comune che staziona al di là della rete di recinzione, facendo di tutto per rendere la vita impossibile a quelle ombre che abitano il campo. Un piccolo presidio popolare in cui si alternano le vite di tanti individui che non si definiscono mai razzisti, in assoluta contraddizione con le loro azioni e con lo striscione che campeggia alle loro spalle: “Zingari di merda”.
In mezzo al gruppo ci sono anche i due personaggi principali, Maria e Gabriele, con una vita semplice e poche ambizioni: lei fa orgogliosamente la commessa alla Lidl, lui l’operaio in fabbrica. Attraverso il loro sguardo e la loro narrazione, spesso interrotta da voci che spezzano la logica del discorso, si definiscono i contorni di un contesto sociale disagiato. E così anche le persone più insicure, più ingenue, trovano uno spazio per emergere ed essere finalmente “qualcuno”.
Selezionato nell’ambito della rassegna “Il cielo su Torino” e prodotto da Anomalia Teatro, compagnia torinese nata nel 2016, lo spettacolo sceglie di costruirsi sugli stereotipi e i cliché da sempre attribuiti all’etnia rom (“gli zingari rubano i bambini”, “gli zingari non si vogliono integrare”, “mio cognato dice che non vogliono lavorare”…). Eppure, tenendosi a distanza dalla retorica spicciola e dalla polemica scontata, il testo ha il pregio di disseminare qua e là immagini e punti di vista che aiutano lo spettatore a superare gli abituali preconcetti.
Le emozioni sono destinate a mutare continuamente durante lo spettacolo, che basa tutta la sua forza su una recitazione intensa, passando da momenti calmi e introspettivi a ritmi affannati e ansiosi, da battute che strappano un sorriso alla riflessione per la violenta realtà dei fatti. Gesti inconsulti, slogan razzisti urlati a squarciagola, salti, corse, un eccesso di frenesia, repentini cambi di scena e di intonazione degli interpreti rischiano però talvolta di frantumare il filo logico della narrazione, a favore di una costruzione fin troppo dinamica.
Buone le capacità di Benincasa e Gottardello di tenere il palco. Senza risparmiare energie, utilizzando bene l’espressione corporea e muovendosi allo stesso ritmo su un fraseggio comunque mai isterico o fastidioso, riescono a comunicare al pubblico lo stato d’animo dei personaggi.
Vincitore del Premio CrashTest 2019 e realizzato con il sostegno di Teatro Studio Uno e di Re.Te Ospitale 2018, “Era meglio nascere topi” indaga i problemi, sempre attuali, dell’appartenenza etnica, rinunciando alla pretesa di spiegare un universo complesso e variegato come quello della comunità rom. Uno spettacolo di natura sociale che, a sipario chiuso, infonde negli spettatori la consapevolezza che il razzismo rischia di rimanere un punto di vista variabile: nessuno ha colpa, ma l’odio continua a circolare. Nessuno è razzista, ma ognuno difende il proprio territorio come meglio può. E quando l’aria diventa carica di odio, sottolineano gli artisti di Anomalia Teatro, «è molto più facile trovare un fucile e sapere esattamente contro chi sparare».
Era meglio nascere topi
drammaturgia Debora Benincasa
con Marco Gottardello e Debora Benincasa
regia Amedeo Anfuso
habitat Andrea Gagliotta
costumi Simona Randazzo
Anomalia Teatro
Durata spettacolo: 1h 30’
Applausi del pubblico: 4’
Visto a Torino, Teatro Gobetti, l’11 luglio 2021
Prima nazionale