Da Eventi Verticali a Funa, lo spettacolo dal vivo è relazione e (anche) sorrisi

Cubo di Eventi verticali (ph: Andrea Macchia)
Cubo di Eventi verticali (ph: Andrea Macchia)

Natiscalzi DT, Teatro del Sottosuolo, Cie Twain, Cordata For, Cifra DanzaTeatro… fra le tante compagnie ospiti dell’edizione appena conclusa di Mirabilia Festival

Negli anni ho vissuto Mirabilia con cappelli diversi: come staff, come tour manager, come semplice spettatrice. Tornare nell’edizione 2022 con Krapp’s Last Post, dopo due anni di restrizioni, è stata un’occasione unica per vivere il festival con occhi diversi e consapevolezze nuove. Con la certezza che un festival non è fatto, e non deve esserlo, solo di spettacoli ma anche, e soprattutto, di relazioni, quelle relazioni che ci sono così mancate e la cui assenza ci ha reso, e ci rende, isolati e un po’ egocentrici.

Ripartire dopo lo stop non può essere riprendere tutto dal punto in cui si era lasciato (anche perché quel punto non esiste più) ma rivedere, o almeno provarci, un sistema che nel corso degli ultimi anni ha spesso allontanato il pubblico dallo spettacolo dal vivo. Perché è necessario ricordarci che lo spettacolo dal vivo presuppone che l’artista abbia davanti a sé un pubblico che, se anche non riesce a comprendere tutto (ben venga!), deve sentirsi parte di ciò che sta vivendo.

Abbiamo bisogno, io per prima, che ciò a cui assistiamo ci sposti un po’ da noi stessi. Abbiamo bisogno di divertirci e ridere – sia benedetta la risata -, ma anche e soprattutto di uscire dalle sale con qualcosa da portarci a casa, qualcosa che metta in moto nuove sinapsi, che ci sferzi, ci pungoli ad uscire dalla nostra confort zone in cui continuiamo a crogiolarci lamentandoci sempre troppo.
Mirabilia è stata l’occasione per vecchi e nuovi incontri, per assistere a spettacoli e confrontarsi, per bere un caffè e discutere, anche animatamente, su dove stiamo andando e su dove vogliamo andare. Anche perché per razzolare a caso forse non c’è più tempo.

Il mio Mirabilia 2022 inizia il 1° settembre a Cuneo. Un inizio tutto al femminile, con i primi spettacoli della selezione FNAS (Federazione Nazionale Arti in Strada) SHOWCASE, una vetrina nata per valorizzare e sostenere le realtà italiane attive nelle outdoor arts (oltre 70 candidature per sei progetti selezionati: Eventi Verticali, Cifra DanzaTeatro, Circo in Rotta, Funa, Faber Teater, Mr. Mustache).

Alle 17 in largo Audifredi è in scena la compagnia Funa, nata a Napoli nel 2018 dall’incontro tra giovani artiste. “Room22” (con Marianna Moccia e Alessia Di Maio, della stessa Moccia e Valeria Nappi) nasce dall’esperienza forzata della convivenza col Covid. Ma, grazie al cielo, non ci riporta alla pesantezza che tutti abbiamo provato, bensì ci restituisce con ironia quello che di buono ci portiamo dietro dopo questi due anni. Una danza che diventa galleggiare in un mare sconosciuto, dove però non siamo soli; un cercare nuove relazioni e nuovi modi di affrontare uno spazio ristretto… Se proprio non posso fuggire, forse posso ancora provare a muovere il mio corpo alla ricerca dell’altro. “Room22” è un lavoro che, con allegria, ci fa sorridere della nostra solitudine, facendocela vedere con indulgenza e tenerezza. Da seguire.

Room22 (ph: Andrea Macchia)
Room22 (ph: Andrea Macchia)

Qualcosa non funziona ancora invece in “Tienimi che ti tengo”, delle giovani artiste Francesca Fioraso ed Eva Campanaro.
Il lavoro nasce dal desiderio di esplorare la loro amicizia di lunga data (15 anni) attraverso la condivisione e la compenetrazione dei rispettivi linguaggi artistici: la danza e il circo. Ma nonostante l’interessante spunto iniziale, e la tecnica delle due artiste, lo spettacolo ha forse bisogno di uno sguardo esterno che riesca a condurre l’esplorazione e la ricerca verso un lavoro compiuto, che costruisca un’armonia che ad oggi non riusciamo a trovare. L’ironia iniziale si perde con il passare dei minuti, in una costruzione drammaturgica ancora troppo acerba per essere convincente.

Ancora al femminile è “Il mio corpo è come un monte (studio)” di Giulia Odetto. In scena Lidia Luciani e Daniele Giacometti, nel bellissimo spazio della Chiesa di San Francesco.
Il lavoro, presentato in forma di studio, vedrà il suo debutto ad ottobre nell’ambito del Romaeuropa Festival da cui è coprodotto insieme a Mirabilia.
Il ‘come’ del titolo lascia intendere ciò che è riportato nella sinossi del lavoro: “…parte dall’espressione di un desiderio razionalmente irrealizzabile: voler essere una montagna”. Ma ciò che a livello razionale ci pare ovvio riesce invece a trasformarsi se siamo in grado, anche solo per un attimo, di utilizzare altri sensi ed altre percezioni. Ed è in quel momento che anche noi, spettatori, vediamo e sentiamo la montagna.
In scena il corpo di Lidia Luciani, attraverso l’occhio della macchina da presa guidata da Daniele Giacometti, diventa salita, pendio, erta. Diventa scalata e fatica. Attraverso il respiro del corpo riusciamo a tratti a percepire il rumore della montagna, e riconoscerne la superba alterezza.
Aspettiamo il debutto!

Mirabilia 22 riporta finalmente il pubblico in piazza, in quei bagni di folla che tanto ci sono mancati. Nella serata di giovedì sera sono gli Eventi verticali a tenere tutti con la testa in su.
Nella grande piazza Galimberti di Cuneo la compagnia, nata nel 2006 da un’idea di Andrea e Luca Piallini, ha presentato “Cubo” (che aveva debuttato in prima nazionale a Busca come anteprima del festival), una performance aerea su quello che viene definito un palco tridimensionale sospeso.
La struttura, appesa ad un’altissima gru, si trasforma e si anima man mano grazie ai performer e alle loro acrobazie verticali. Ispirato alle forme di Escher e di Mondrian, “Cubo” è un evento da grandi wow collettivi. Uno spettacolo in grado di avvicinare il grande pubblico alle arti performative. Un’operazione sicuramente capace di legare il festival alla città, nell’ottica di costruire e ricostruire relazioni future… audience engagement, insomma.

Chiude la serata un’altra realtà proveniente dalla Sardegna (come gli “Eventi verticali”). Nel cortile in via Santa Maria va in scena “Paidia” di Teatro del Sottosuolo, compagnia di produzione attiva dal 1995.
“In un maniera o nell’altra siamo tutti un po’ matti”. E’ con questo slogan che Ado Sanna e Lorenzo Gessa ci accompagnano in un viaggio nel non sense, attraverso una ricerca che ci rende leggeri, immersi in un mood nel quale abbandonarci piacevolmente per 50 minuti.
Ma cosa indica la parola del titolo? Ci viene in aiuto la Treccani: “La paidia connota la fantasia scatenata dei giochi infantili, mentre il ludus connota i giochi ‘seri’ degli adulti, con regole complicate che creano ostacoli da superare” .
In “Paidia” quello che pare un gioco senza regole conferma in realtà ancora una volta come le evoluzioni circensi, per quanto ben eseguite tecnicamente, non bastino da sole a reggere uno spettacolo, e come sia necessaria una struttura drammaturgica, che in questo caso rende efficace il passaggio tra parola, giocoleria, musica dal vivo e bicicletta acrobatica.
“Non cercate un perché, un filo logico in quello che state vedendo, questo è solo un gioco”: e in questo gioco, così ben costruito, ci si sta dentro molto volentieri. Da vedere!

Il mattino del 2 settembre ci conduce in natura. “Iperbosco”, del giovane collettivo Cifra DanzaTeatro. Scendiamo lungo la strada che conduce verso le Basse del Troll che costeggiano la Stura, fino al ponte Vassallo del Parco Fluviale. “Iperbosco” (selezione di FNAS SHOWCASE) è una creazione collettiva itinerante e site specific. Performer, danzatori, attori e cantanti hanno passato giorni sulle rive del fiume per ricreare un lavoro che parte dall’esplorazione non solo dell’ambiente ma anche e soprattutto dalle singole nature degli artisti. Danza, canto, parole ci accompagnano nel verde. Piccoli scorci di armonie, suoni che si uniscono a quelli del luogo. Come una festa di matrimonio che lega uomini e natura. Si finisce noi, seduti sui ciottoli del fiume, e gli artisti con i piedi nell’acqua per un’ultima danza. Una regia collettiva per un gruppo sicuramente giovane, che speriamo possa trovare supporto alla produzione senza perdere quella passione “pura” che ora lo contraddistingue.

Il primo spettacolo del pomeriggio ci porta nel quartiere Cuneo-Centro, a due passi dalla stazione ferroviaria. Portare il festival fuori dal centro storico è l’obiettivo della sezione “Diagonale” di questa edizione di Mirabilia. Un obiettivo che tende non solo al coinvolgimento di nuovo pubblico ma anche, e soprattutto, a dare respiro a quartieri considerati “difficili”. Siamo in via Silvio Pellico dove la Cie Twain presenta “Silenzio”, del coreografo spagnolo Diego Sinniger.
Il 6 febbraio 1971 la città di Tuscania viene distrutta da un terremoto. Morti, feriti, distruzione e superstiti senza più nulla. Da qui nasce “Silenzio”. Dalla consapevolezza che, in un attimo, possiamo perdere ogni cosa. Dal sentire che dovremo vivere senza rimandare. In “Silenzio” si danza quindi il dolore della perdita ma anche la gioia del ritrovarsi. Di ritrovare intatto il proprio corpo e quello dell’altro, riprovare a camminare a piccoli passi, piano piano e in silenzio.
Oggi questo lavoro, forte ed emozionante, mi porta a pensare che, come dopo ogni tragedia, dovremo davvero ritrovare il vero significato della parola compassione: non un sentimento di pena dall’alto verso il basso, ma bensì la partecipazione alla sofferenza dell’altro.

Dalla strada si torna alla Chiesa di San Francesco per “Annotazioni per un Faust”, progetto di Tommaso Monza per la regia dello stesso Monza e di Chiara Rossi Valli (Natiscalzi DT). Il lavoro si inserisce nella sezione “House of roots”, “un contenitore di idee e progetti. Un luogo dove condividere il nostro percorso artistico, traiettoria tra passato, presente e futuro”.
Trovare la giusta definizione per “Annotazioni per un Faust”, un progetto nato nel 2019, risulta davvero complesso. E’ sicuramente un progetto di ricerca, così come è una performance site-specific che mette in connessione le realtà dei territori che lo ospitano. In questa edizione i quattro quadri del lavoro (che prevedono normalmente quattro soste itineranti) sono stati riuniti in un unico tempo e in un unico luogo.
E forse proprio questo aspetto “tecnico” ha reso il lavoro di difficile fruizione. La performance è un rito composto di danza, musica, canto, parola, segni e simboli. E’ tanto di tutto. Bulimico, come si auto-definisce lo stesso lavoro, ma forse è troppo per chi vi assiste. La sensazione è di venire sommersi, troppo a lungo (quasi un’ora e mezza), da una quantità di cose senza riuscire a trovare una chiave di lettura, senza il tempo per respirare. Non ho trovato il mio posto, perché forse non c’era. E forse va bene così, forse non tutti i lavori devono avere posto per tutti.

La serata si conclude con “A-Tripik” dei francesi CirkVost, che vi abbiamo già raccontato (link sul titolo dello spettacolo). Quindi solo un consiglio: se lo trovare programmato in giro, non perdetevelo! Potente e bellissimo. Riderete, certo, ma sentirete anche tanto male. E questo fa benissimo.

Nel girovagare per la città vado a trovare “Antilia”, il progetto appena nato di Cordata For. Un’arena autoportante, un piccolo circo senza tendone immaginato e voluto da quattro artisti: Giulio Lanzafame, Silvia Martini, Mario Levis e Selvaggia Mezzapesa.
Montato nei giardini Fresia, “Antilia” ha presentato i lavori dei quattro artisti, a volte soli, altre insieme. Un programma “tout public” per bambini e famiglie.
Ho passato due piacevoli ore assistendo ad “Hanger?”, di e con Mario Levis, eccentrico clown alle prese con oggetti che si trasformano grazie alla fantasia dell’artista, e con “Tra le scatole”, di e con Giulio Lanzafame in un insieme di giocoleria, corda molle e autoironia.
Il pubblico non solo ha accolto gli spettacoli con grande calore ed applausi; la sensazione è stata quella che gli spettatori (piccoli e grandi) si siano ritrovati in qualche modo “a casa” perché “Antilia” ha sicuramente il pregio di trasportare il pubblico, con semplicità e basso impatto ambientale (che non guasta), in un luogo protetto in cui ridere ci rende tutti un po’ più leggeri, e in cui se ridiamo non veniamo giudicati. E non è poco.

Antilia con Happy Hoop di Silvia Martini (ph: Andrea Macchia)
Antilia con Happy Hoop di Silvia Martini (ph: Andrea Macchia)

Per chiudere non voglio dimenticare “Parade78”, il progetto ideato da Luca Carbone (Cordata For FOR/Fabbrica C), che ci ha fatto ballare movimentando le serate di Mirabilia e rompendo il silenzio della tranquilla Cuneo. Un vero e proprio piccolo villaggio modulare: una piazza che integra musica, circo, arte di strada, visual art e giostre capeggiata da Blondie, una piccola roulotte che riporta alla memoria i carrozzoni del circo del secolo scorso.

Grazie per questi giorni: grazie alle parole condivise, ai tanti abbracci, alle discussioni. Grazie alla stanchezza e alla pioggia, che in fondo ci ha graziato. Al prossimo anno, Mirabilia!

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