Il Mississippi di Jan Fabre, tra vita, morte e libertà

Another Spleepy Dusty Delta Day
Another Spleepy Dusty Delta Day
Another Spleepy Dusty Delta Day (photo: teatrostabiletorino.it)

Chickasaw County, Mississippi. Un uomo scrive la sua ultima lettera all’amata. Billy Joe McAllister la farà finita gettandosi da un ponte dopo l’ennesima lunga giornata (“polverosa e sonnolenta”) sul delta del fiume più grande d’America. E’ la provincia elettrica del sud degli Stati Uniti, agricola e fiera, antica e sempre uguale.

Non è l’inizio della sceneggiatura di un film dei fratelli Cohen, ma potrebbe tranquillamente rientrare in quella routinaria atmosfera che spesso e volentieri, nei loro film almeno, si tinge di tinte lugubri.
L'”Ode to Billie Joe” cui Jan Fabre si è ispirato per “Another Sleepy Dusty Delta Day” è un classico blues del ’67 di Bobbie Gentry che ha venduto in tutto il mondo più di tre milioni di copie.

La canzone, perfetto contrasto fra la sonnecchiosa campagna americana fatta di pranzi in famiglia e la tragica fine del protagonista (suicida dal pluri-nominato Tallahatchie Bridge), funge da filo conduttore e stimolo drammaturgico per il lavoro del coreografo belga, che ha aperto a Torino la rassegna autunnale dello Stabile Prospettiva2. Un racconto danzato, agito e parlato dalla performer Aremis Stavridi, erede dell’originaria interprete Ivana Jozic, con cui Fabre ha allestito questo lavoro nel 2008.

Le ultime ore di vita del protagonista sono affrontate come una danza sospesa fra terra e cielo, fra isole di sassi percorse da infiniti passaggi di trenini elettrici e piccole voliere appese ed abitate (fauna di quella parte di provincia americana?), nel pieno segno della ripetizione, una delle peculiarità più forti nella ricerca di Fabre. Una routine di simbologie scandita dalle sirene della miniera: raccogli le pietre, trasporta le pietre, raccogli le pietre, trasporta le pietre… fino a diventare tu stesso oggetto, pietra, terra. Una polvere nera che si trasforma in fango mischiandosi alla pelle, atto purificatore prima della decisione finale: quella di ritornare terra in maniera totale e definitiva.

“Another Spleepy Dusty Delta Day” è uno spettacolo intenso che, tuttavia, può lasciare in parte deluso chi ormai è abituato al livello altissimo ed eclatante delle creazioni di Fabre. La danza della Stavridi è incantevole e brutale, in perfetta simbiosi con l’altalena di stati d’animo delle sequenze temporali. La maestria dell’allestimento e delle scelte estetiche tradiscono però qualche smarrimento in alcuni momenti parlati, soprattutto all’inizio.

L'”Ode to Billie Joe”, che accompagna lo spettacolo da cima a fondo cantata dalla protagonista, si conclude con un post scriptum che è a tutti gli effetti un inno alla vita. Aremis Stavridi, animo innamorato e abbandonato, scandisce le ore di questa giornata come preludio ad un suicidio che rimanda alle psicosi notturne di Sarah Kane, anche se con una fondamentale differenza: la scelta, qui, è protagonista della vita e del destino dell’uomo, mentre la morte assume le connotazioni positive di un’inviolabile libertà.

ANOTHER SLEEPY DUSTY DELTA DAY
testo, scenografia e regia: Jan Fabre
con: Artemis Stavridi
coreografia: Jan Fabre, Ivana Jozic
drammaturgia: Miet Martens
compositore: Tom Tiest
produzione: Troubleyn/Jan Fabre (Antwerp, Belgio) in coproduzione con Festival d’Avignon (Francia), Philadelphia Live Arts Festival (Stati Uniti), Napoli Teatro Festival Italia, Zagreb Youth Theatre & Theatre Festival (Croazia) con il sostegno della Comunità Fiamminga e della Città d’Anvers

durata: 1h 05′
applausi del pubblico: 2′ 21″

Visto a Torino, Teatro Carignano, il 15 ottobre 2010
Prospettiva2

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