Siamo su un terrazzo di Napoli, tutto intento nei preparativi per una festa pacchiana in occasione dell’onomastico di Don Giovanni – interpretato dal celebre Salvatore Caruso – ma che terminerà in tragedia con la morte di Clara, la giovane Maddalena Stornaiuolo. Dal terrazzo verremo poi catapultati in un vicolo, e dal vicolo in una stanza.
Lo storico Teatro San Ferdinando di Napoli ha ospitato, a conclusione del 2009, “Fatto di cronaca di Raffaele Viviani a Scampia”, con la regia di Arturo Cirillo e che ha visto protagonisti i ragazzi di Punta Corsara, progetto d’impresa culturale diretto da Marco Martinelli. Il lavoro, presentato al Napoli Teatro Festival Italia 09 ed in collaborazione con lo Stabile di Napoli, si basa sul testo di Viviani “Fatto di cronaca” del 1922.
«Partendo da un ambiente di arricchiti, la vicenda precipita in un vicolo popolato da povera gente e si conclude nella miseria della casa di Scemulillo – spiega Cirillo – Il nostro lavoro cerca di raccontare, con pochi elementi, questo cambio di luoghi, attraverso un graduale restringimento del luogo dell’azione e una stilizzazione prima di un terrazzo, poi di un vicolo e infine di una stanza». Un restringimento che toglie l’aria, passando da un clima gioviale e divertente alla tristezza più totale.
La festa sul terrazzo, così, è solo un pretesto, una ‘ouverture’, per far emergere la vera tragedia. Tragedia che non sta nella morte in sé, ma nella realtà che le fa da contorno.
Il cadavere di Clara, precipitata dal terrazzo, viene infatti ad essere oggetto dei passanti. Il suo corpo, disteso a terra, è coperto da un lenzuolo bianco: ne fuoriescono solo i piedi, ancora vestiti dalle alte scarpe col tacco su cui la ragazza camminava ancheggiando.
La folla di sconosciuti che la circonda commenta l’accaduto, si accalca, parla e sparla: «E’ morta in volo, mentre precipitava, prima di arrivare a terra!», trovando le scuse più impensabili pur di scrollarsi di dosso la responsabilità dell’aver visto con i propri occhi. E’ il trionfo dell’omertà.
Un poliziotto, di spalle e fermo in un angolo, è in attesa del “momento giusto” per intervenire, attimo che arriverà quando gli sarà facile farlo: quando gli astanti, cioè, avranno trovato il loro capro espiatorio, Scemulillo (Vincenzo Nemolato). E’ lui infatti l’unico ad avere assistito alla discussione sul terrazzo tra Clara e il marito, Don Arturo (Rosario Giglio), irato per la scoperta del tradimento di lei con Don Alfredo (Mirko Calemme). Ma basta mezza frase di troppo a Scemulillo per essere frainteso, e così, approfittando della sua ingenuità (o forse “Fo o scemo pè nun ghi a guerra”, come insinueranno poi le malelingue) il poliziotto arresterà l’innocente Don Arturo.
Far finta di nulla, come se solo l’aver assistito ad una disgrazia implichi un coinvolgimento, una colpa. Perciò si ha paura, si cerca un alibi, ci si crogiola nell’ignoranza. Però, quando poi verrà arrestato un innocente, la folla urlerà all’ingiustizia. Sarà troppo tardi. Ed è di questa consapevolezza del ‘troppo tardi’ che ci si fa forti. Si sa che, pur urlando e protestando, le carte in tavola non cambieranno e la “giustizia” farà il suo corso. Tutto torna: rafforzare gli alibi e ripulire le coscienze, grazie ad un po’ d’interessato menefreghismo.
E’ un male latente, a volte immotivato, spesso silenzioso, che stavolta riecheggia, invece, forte e chiaro attraverso le voci dei ragazzi di Punta Corsara. Partono da Scampìa, quartiere a rischio del napoletano, per denunciare una delle più terribili e presenti realtà della città, fatti di cronaca a cui si assiste quotidianamente, fatti accaduti e che continuano ad accadere ma che cadono nel silenzio. Il segreto per andare avanti sembra essere chiudere occhi ed orecchie, far finta che nulla sia accaduto.
Portare a teatro tutto ciò deve far riflettere, e in effetti ci riesce. Basta con l’essere spettatori inermi delle ingiustizie che subiamo o vediamo subire, basta con lo scegliere le strade più facili pur di restarne fuori. E’ questo forse il sottotesto che Viviani cela nel suo “Fatto di cronaca”, e che grazie al lavoro di Cirillo coi ragazzi napoletani, scalpita anche in noi che, ancora una volta, stiamo a guardare.
Che sia proprio il teatro la strada giusta per far parlare questa città? Dopotutto il grande Viviani, nonostante la sua difficile esistenza a Napoli, nonostante conoscesse molto bene i problemi che già allora l’affliggevano, in punto di morte, dopo dodici ore di silenzio, trovò solo la forza di chiedere: «Arapite, faciteme vedé Napule».
a cura di Arturo Cirillo
con: Salvatore Caruso, Tonino Stornaiuolo, Vincenzo Nemolato, Christian Giroso, Emanuele Valenti, Maddalena Stornaiuolo, Pasquale De Martino, Gianni Rodrigo Vastarella, Valeria Pollice, Giuseppina Cervizzi, Mirko Calemme, Rosario Giglio
fonico Punta Corsara: Marco Esposito
macchinisti Punta Corsara: Giuseppe Di Lorenzo, Enrico Giordano
ideazione dello spazio scenico: Dario Gessati
coordinamento costumi: Gianluca Falaschi
musica: Francesco De Melis
disegno luci: Badar Farok
assistente al lavoro con gli attori: Roberto Capasso
assistente alle scene e ai costumi: Pina Sorrentino
pianoforte: Enrica Sciandone
suono: Davide Abruzzese
macchinista: Giacomo Perez
elettricista: Christian Paul Ascione
foto: Mario Spada
una produzione Punta Corsara – Fondazione Campania dei Festival in collaborazione con Teatro Stabile di Napoli
durata: 1h 15′
applausi del pubblico: 4′ 32”
Visto a Napoli, Teatro San Ferdinando, il 30 dicembre 2009