Les Moustaches e Riccardo Caporossi al Festival Arona Città Teatro 24

Ranotte (ph: Emilia Grisetti)
Ranotte (ph: Emilia Grisetti)

Il debutto di “Ranotte” e il pirandelliano “Così… vi pare”: dal lago a Villa Ponti dentro “la camera buia”

Siamo tornati ad Arona per assistere ad alcuni spettacoli del Festival Arona Città Teatro che, quest’anno, compie quattordici anni. Un periodo lungo, che ha consolidato l’idea della direttrice artistica Dacia Maraini (per la prima volta assente a causa di un infortunio) di costruire una comunità teatrale fondata sull’incontro tra generazioni attraverso la partecipazione attiva al progetto.

L’edizione 2024 di Arona Città Teatro ha visto il più alto numero di spettacoli mai ospitati prima, rivolti ad un pubblico sempre più eterogeneo.
Ha guardato in questa direzione la nuova produzione di ACT che, seppur parzialmente inficiata dal maltempo, ha visto moltissimi spettatori accomodarsi sul “lagoscenico” di piazza del Popolo per assistere, in prima nazionale, a “Ranotte – la fiaba del Lago”, spettacolo scritto da Alberto Fumagalli per la regia di Ludovica D’Auria e co-prodotto dalla compagnia Les Moustaches, vincitrice nel 2023 del premio Iceberg di Hystrio come miglior compagnia under 35 italiana.

La performance, come di consueto, ha sfruttato la particolarità del luogo. La platea è infatti rivolta a pochi passi dall’acqua e il palco è costituito dal lago stesso e dal piccolo porticciolo. Grazie alla collaborazione con la Cooperativa Pescatori del Golfo di Solcio, che ha messo a disposizione alcune imbarcazioni tipiche pilotate dagli stessi pescatori, l’impianto registico, per la prima volta, ha ambientato la storia direttamente in acqua senza bisogno di particolari strutture.

All’accomodarsi in questa suggestiva sala all’aperto, lo spettatore non vede nulla prima dell’inizio. Non ci sono palchi fluttuanti, americane o sostegni per gli impianti. Sembra di vedere il lago di sempre, così come appare ogni giorno. Man mano che il testo prende vita, però, ci si accorge come lo specchio d’acqua diventi sempre più protagonista. Le piccole barche trasbordano principalmente i due protagonisti mentre il coro, interpretato da artisti e comparse locali, non entra mai in acqua ma fa capolino sull’imponente muro che delimita il porticciolo o direttamente sulla battigia, di fronte al pubblico. La storia è semplice soltanto in apparenza. Ranotte è un giovane uomo con qualche mancanza e, anche per questo, schernito dai colleghi pescatori e da tutto il villaggio. Mentre le loro reti sono piene di pesci, le sue portano a galla cianfrusaglie e rottami. Una vita troppo pesante da sostenere che lo porta a togliersi la vita gettandosi nell’acqua gelida.

Quella che sembrerebbe una fine si trasforma in un secondo inizio dal momento che, proprio dall’acqua, arriverà una seconda possibilità nelle forme sinuose e innocenti di una splendida sirena che si innamora di lui. Fin qui una fiaba piuttosto tradizionale, ben costruita drammaturgicamente e registicamente. Molto complesso il lavoro degli attori che si trovano a recitare in acqua mettendo a dura prova microfoni e attrezzature oltre che resistenza fisica e concentrazione.

Matilda Farrington, nei panni della co-protagonista, è costantemente immersa e si muove con il consueto abito da sirena entrando e uscendo più volte dalla scena a nuoto, compiendo lunghi tratti per sparire dietro le quinte. Il pescato di Ranotte, con l’aiuto dell’amata, diventa inspiegabilmente copioso e suscita la curiosità degli abitanti del villaggio che, comprensibilmente, non credono a quanto l’ingenuo pescatore racconta. A questo punto la fiaba prende una piega inattesa. Il pescatore porta gli scettici compaesani al largo e chiama più volte l’amata che, però, non si presenta esponendolo a ulteriori prese in giro.

Sopraffatto dalla rabbia torna da solo all’appuntamento con la sirena e, con la forza, la porta con sé esibendola come trofeo. La violenza prende il sopravvento e la ragazza decide di abbandonare Ranotte che, però, le chiede un ultimo incontro per salutarsi e provare a scusarsi dell’accaduto.

Il tragico epilogo trasforma l’ingenuo pescatore da vittima a carnefice e trasporta attori e spettatori in un universo altro che, pur non abbandonando il mood fiabesco del racconto, sceglie di catapultare i presenti nella tragedia di un contemporaneo inquietante. Ci si alza dalla propria sedia frastornati, confusi ma con la consapevolezza che la fiaba, nella sua accezione originaria, può diventare un ottimo veicolo di contenuti che hanno molto a che vedere con la complessità del quotidiano.

Così... vi pare (ph: Emilia Grisetti)
Così… vi pare (ph: Emilia Grisetti)

Il secondo spettacolo al quale assistiamo trova collocazione in una cornice opposta ma con molti elementi in comune col primo. Si tratta di “Così… vi pare” per la regia di Riccardo Caporossi, anche autore della scrittura scenica e delle installazioni visive. La performance avviene al chiuso, per pochi spettatori alla volta, nelle sontuose stanze di Villa Ponti. Il regista compie un lavoro drammaturgico sul testo pirandelliano isolando dal resto i monologhi dei protagonisti. Gli spettatori, divisi in due gruppi, affrontano un viaggio a tre tappe che si snoda tra gli splendidi ambienti della Villa e si trovano a tu per tu con il signor Ponza e la signora Frola.

Prima di ciò è lo stesso regista, attraverso un breve monologo, a ricordare al pubblico come lo spazio teatrale, “la camera buia”, sia innanzitutto luogo deputato alla fantasia e al sogno ad occhi aperti. I due personaggi abitano ciascuno una stanza e il loro rivolgersi allo spettatore, intimo e cinematografico, è la confessione di un imputato di fronte alla giuria. Non c’è però quarta parete o collocazione separata tra chi agisce e chi osserva. Il monologo di Ponza va in scena in un salotto dove il pubblico è in piedi e solo dopo un po’ si accorge della strana figura, presa dai suoi pensieri, che guarda dalla finestra, in un angolo. Vincenzo Preziosa dà vita ad un personaggio in tensione costante ma controllato e composto mentre Nadia Brustolon propone il monologo di Frola sporgendosi da una balaustra, appositamente collocata, che richiama al tribunale.

I due gruppi di spettatori si ritrovano quindi in un ultimo ambiente dove ha luogo la scena conclusiva. Le parole lasciano spazio agli sguardi e alla musica, che avvolge attori e pubblico in una sorta di duello conclusivo mentre a terra, su un drappo scuro, lentamente si svelano vari abiti che, poco a poco, vengono trascinati fuori scena.

Il riferimento è al terremoto che, nelle parole dei protagonisti, aveva colpito il paese dove vivevano, costringendoli all’emigrazione e innescando la storia. Gli abiti delle vittime incombono sui personaggi come unico elemento reale e tangibile fino ad una toccante scena conclusiva, che unisce metaforicamente i morti ai vivi.

Ranotte – la fiaba del Lago
Uno spettacolo LES MOUSTACHES
Testo di Alberto Fumagalli con Matilda Farrington, Alberto Gandolfo e Alberto Fumagalli
Regia di Ludovica D’Auria e Alberto Fumagalli
Assistente alla regia Tommaso Ferrero
Costumi di Giulio Morini
Musiche di Paolo Camporesi
Resp.tecnico Giacomo Carasso
Resp. organizzativo Les Moustaches Pietro Morbelli
Produzione Les Moustaches e Festival Act sull’acqua
Segretaria di produzione Chiara Donadoni
Disegno luci Denis Biaggi
In collaborazione con Amici per un sogno, Ciak Teatro, Clap, ISolution
Remattori Cooperativa Pescatori del Golfo di Solcio, Roberto Forni, Roberto Barbieri, Massimo Torre, Massimiliano Caligara

 

 

Così… vi pare
Club Teatro Rem&Cap
Scrittura scenica, installazione visiva e regia Riccardo Caporossi
Attori Riccardo Caporossi, Nadia Brustolon, Vincenzo Preziosa, Luci Nuccio Marino
Aiuto tecnico Alice Tentella

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