Il Teatro del Lemming riparte, il 26 giugno, con la XX edizione del festival di arti performative
Torna, dal 26 al 30 giugno, il festival Opera Prima a Rovigo: una trentina di eventi articolati in 15 spettacoli di teatro, danza, musica, arti performative, tre laboratori e, a conclusione di ogni serata, una festa in musica. Occorrerà una mappa per seguire la disseminazione degli artisti in città, fra teatri, spazi non convenzionali e all’aperto. Una presenza che non passerà di certo inosservata, non solo per la quantità, ma anche per la qualità.
E’ proprio rispetto alla propria comunità urbana, in prima istanza, che Opera Prima si propone di far vivere esperienze estetiche di respiro nazionale ed internazionale, innovative ed inattese, lontane dalle facili abitudini.
La manifestazione, ideata dal Teatro del Lemming nel 1994, compie trent’anni ma in realtà festeggia “solo” la ventesima edizione, a causa di un sostegno altalenante da parte delle istituzioni. Fondamentali per questa edizione la collaborazione con la Fondazione Rovigo Cultura e il sostegno del MiC-Ministero della Cultura, del Comune di Rovigo e della Fondazione Cariparo.
Nelle edizioni precedenti, attraverso un bando, venivano selezionate opere prime di artisti emergenti di qualsiasi provenienza; quest’anno la cifra tonda del numero dell’edizione ha suggerito un taglio differente, preferendo invitare compagnie ed artisti già ospiti in passato del festival, alcuni noti, altri emergenti.
La voce dissidente di Roberto Latini, il teatro da mangiare del Teatro delle Ariette, la compagnia italo-argentina Teatro Nucleo, Anagoor e masque teatro rappresenteranno varie prassi e varie declinazioni generazionali della sperimentazione, sia con spettacoli storici che con nuove produzioni. Anche il Teatro del Lemming si prenderà il suo spazio, con un’opera del 1994 di interpretazione poetica, “L’urlo e altre falistre”, e la prima rappresentazione di “Attorno a Troia_Troiane”, seconda parte di un ciclo che intende indagare il tema della distruzione di una civiltà, dello smarrimento e dell’esilio.
Accanto a questi, saranno presenti artisti più giovani, italiani ed internazionali, alcuni dei quali presenteranno delle prime nazionali: “Rivolti”, una performance di Momec per uno spettatore alla volta da sollecitare a ribellarsi alla passività; le “Sirene” con cui Sara Vilardo condurrà i partecipanti in un itinerario per riflettere sui propri percorsi di vita; “What did i just do?”, l’indagine di Fabio Liberti sulla relazione fra tempo, memoria, identità e contesto sociale.
Compaiono anche altri nomi, già scelti in passato dall’organizzazione, ai quali in questo momento essa intende confermare il proprio sostegno: Giselda Ranieri con un assolo site specific di danza e voce (“Vetro”), il coreografo Joshua Monten che mostrerà l’impresa di imporre linearità ad un mondo irregolare (“Linearity”), la sintesi teatrale, musicale, danzata di Collettivo Rosario, gli 11 percussionisti che costituiscono il progetto musicale Psycodrummers.
Per creare spazi di riflessione, crescita e condivisione nella prospettiva di audience development, il festival prevede ogni giorno due momenti di conversazione col pubblico in orario mattutino, sia per comprendere meglio gli spettacoli già visti, che quelli da vedere attraverso un confronto diretto con gli artisti. In questa direzione va anche la proposta di “Ma che cavolo guardi?”, laboratorio di critica teatrale per ragazzi delle scuole superiori di Rovigo guidato da Michele Pascarella.
Per chi invece intende provare l’arte della scena, due sono le proposte formative: un workshop condotto dal Lemming per sperimentare il suo stesso peculiare metodo, denominato “I cinque sensi dell’attore”, dedicato al coinvolgimento drammaturgico e sensoriale degli spettatori attraverso la costruzione da parte dell’attore di una relazione diretta e prossemica; e un altro appuntamento con la compagnia Anagoor, per l’insegnamento di un allenamento per l’attore e il performer al doppio registro del controllo fisico e dell’espressione emotiva.
Venerdì 28 giugno alle 17 si svolgerà inoltre prima la presentazione del libro di Carlo Manfio “Il teatro vento 1970-2000”, e a seguire una tavola rotonda intitolata “E oggi?”. A otto anni dalla scomparsa dello studioso Carlo Manfio, un’edizione postuma ha raccolto un’enorme mole di materiali che fotografa il teatro in Veneto in un trentennio di grandi trasformazioni che ancora oggi interrogano sul sistema teatrale regionale e sui suoi sviluppi.
Come ogni anno, il festival si chiuderà con un concerto: quest’anno tornerà a Rovigo il pianista siriano-palestinese Aeham Ahmad, noto anche per le sue esibizioni pubbliche nel campo profughi di Yarmouk in Siria.