Da Shakespeare a Sharman Macdonald, il Prato Inglese del Teatro Stabile di Torino racconta la storia dei due innamorati, anche dopo la loro morte
In scena in questi giorni al Teatro Carignano di Torino, a serate alterne, due spettacoli di impressionante energia e raffinatezza che costituiscono un dittico e mettono insieme l’universalità del teatro classico con l’incertezza e le domande che caratterizzano i temi della drammaturgia contemporanea. A dare voce ai Montecchi e ai Capuleti, ritratti da Shakespeare e poi dalla drammaturga scozzese Sharman Macdonald, sono i giovani del Teatro Stabile di Torino magistralmente diretti da Filippo Dini.
Sia nel caso di “Romeo e Giulietta” che in quello di “After Juliet”, il pubblico viene accolto in sala a sipario aperto, e il fatto che qualcuno già si aggiri sul palco non sembra a tutta prima indurlo ad attenuare il vociare confuso, ma è probabile che questo rientri nelle intenzioni. Non era forse molto più vivace e caotica l’atmosfera che doveva generarsi nei cortili teatrali inglesi in cui si esibivano gli attori dell’età elisabettiana?
L’allestimento scenografico è impattante in entrambi i casi. Il primo spettacolo, “Romeo e Giulietta”, è ambientato in un parco giochi abbandonato. In scena, un girello, uno scivolo e una ruota panoramica, in metallo grigio, vecchio e arrugginito, sembrano evocare alcuni scenari di guerra che credevamo lontani e che sono invece tornati drammaticamente attuali. Il contrasto che si genera diventa così metafora della gioventù rubata, violata, a causa dei conflitti, delle guerre, dei rancori mai sopiti.
Per “After Juliet”, in cui Sharman Macdonald ci propone una possibile evoluzione degli eventi dopo la morte di Romeo e Giulietta, il degrado e il freddo che caratterizzano l’allestimento del primo spettacolo si fanno ancora più pungenti. L’ambientazione post-industriale è restituita da bidoni, taniche, scale e lastre in ferro, piani pilotis o porticati che potrebbero ricordare anche quelli desolanti di alcune case popolari di periferia degli anni Settanta.
Sul lato destro del palco la tomba di Giulietta, ricoperta di fiori bianchi, come monito alla vita o alla morte. Lo spazio esteriore si fa qui tristemente specchio di quello interiore.
Analoga affinità e potenza espressiva può essere colta negli incipit dei due spettacoli, entrambi forti e spiazzanti. A introdurre “Romeo e Giulietta” è una coreuta che, suonando il violino, narra in proscenio le avventure dei due giovani amanti. Mentre ancora sta cantando, nasce in sala un tafferuglio, proprio sotto di lei, per una questione di posti. Trattenendo il disagio, la coreuta tenta di proseguire, ma la tensione cresce, il pubblico chiede silenzio, qualcuno ingenuamente si alza per intervenire, la situazione sembra infatti trascendere, finché si scopre che la bagarre è una finzione scenica. Dal fondo della platea accorrono altri attori e attrici, il conflitto si sposta sul palco e si amplifica: Montecchi e Capuleti sono allo scontro.
“After Juliet” esordisce invece con una processione. È il funerale di Giulietta Capuleti, a cui partecipano anche alcuni dei rivali Montecchi. Il Principe ha indetto una tregua, lunga il tempo necessario a concludere il processo che vede imputati il frate, la balia di Giulietta, il servo e lo speziale (l’unico alla fine a essere condannato all’impiccagione). Una tregua non è però una pace, e la tensione si coglie tra gli sguardi, le gelide strette di mano, le lacrime di chi avverte profondo il senso dell’ingiustizia, le parole del prete che – forse per timore – muove solo le labbra e che nessuno perciò può sentire. L’odio e il rancore sono tutt’altro che placati, la rabbia trattenuta si traduce dunque poco alla volta in rumori e suoni crescenti e assordanti: c’è chi batte una lastra, chi un bidone di metallo, chi afferra un violino, chi si sfoga su una tastiera.
Ne nasce un concerto che è rito e mito insieme, accompagnamento alla morte e spasmodico attaccamento alla vita.
I protagonisti delle due tragedie o – se vogliamo – della tragedia e del suo amaro seguito sono i giovani. I vecchi Montecchi e Capuleti rivestono esclusivamente una funzione, quella di antagonisti e di propagatori del male, e in quel ruolo si esauriscono. Le loro mogli sono donne fragili, schiacciate entrambe dalla sofferenza, che condurrà una alla morte e l’altra alla follia.
I giovani vivono come sospesi sulla tragedia, privati loro malgrado di valori o principi a cui appellarsi, cercano e raccolgono provocazioni come a marcare la propria esistenza. Questo lo si può cogliere già in Shakespeare (Tebaldo è divorato dall’invidia, dal livore e dalla sete di vendetta), ma nel testo di Sharman Macdonald risulta ancora più evidente, con l’introduzione di nuovi personaggi, tra cui due giovani disperati che vivono allo stato brado, resi ancor più fragili dalla droga e dunque facili a suggestioni che esaltano la lotta e la violenza.
Nella versione di Dini, Romeo è interpretato da un’attrice bravissima, Alice Fazzi. Il testo resta declinato al maschile, ma il corpo del giovane Montecchi è quello di una donna e qualche sottolineatura nel testo lo rimarca. Molto forte la scena, per esempio, in cui il padre di Giulietta le intima con violenza di sposare Paride, un vero uomo.
L’amore che sboccia tra Romeo e Giulietta in un contesto così drammaticamente segnato dall’odio non può che finire tragicamente. Il loro amore nasce e si sviluppa sulle altezze: da un palchetto all’altro, sul filo sospeso su cui camminano per incontrarsi, sulla ruota panoramica che si solleva per la loro prima e unica notte d’amore.
Una sorta di “balcone” è presente anche in “After Juliet”, un piano sopraelevato. Da lì si affaccia e grida la propria disperazione Rosalina, la ragazza a cui Romeo si era legato prima di incontrare Giulietta, e che non si dà pace per essere stata abbandonata. Rosalina rifiuta l’amore sincero del giovane Benvolio e si scaglia ossessivamente contro Giulietta, dipingendocela come una ragazza viziata e tutt’altro che buona e angelica. Rosalina fatica a rispettare la tregua, gli spettri di Romeo e Giulietta la tormentano e non è la sola a vederli, a esserne turbata. Gli spettri dei morti accompagnano e tormentano i vivi. Solo il riaccendersi del conflitto sembra per Rosalina essere la soluzione: vuole ricomporre la faida. A poco valgono le parole di Petruccio che invita le compagne e i compagni a riflettere sul fatto che le origini e le ragioni del conflitto nessuno realmente più le conosca, non i padri e neppure i padri dei padri e a quanto sia difficile ma necessario ascoltarsi.
Il richiamo all’incomunicabilità è presente anche nel primo spettacolo, in “Romeo e Giulietta”, in cui la parte del servo di Giulietta è astutamente affidata a una coppia di attrici che si esprimono ricorrendo ogni volta all’uso di dialetti differenti e che perciò risultano quasi sempre incomprensibili.
Se, grazie al sacrificio di Romeo e Giulietta, la tragedia di Shakespeare si conclude con la pace fatta tra Montecchi e Capuleti, scopriamo in “After Juliet” che la pace non è cosa semplice da conquistare, almeno fino a che sopravviveranno antichi rancori. Può forse la pace sopravvivere almeno come speranza?
Due spettacoli in cui le scene corali, dalle coreografie suggestive accompagnate da originali e complessi paesaggi sonori (in particolare per “After Juliet”) e da un raffinato disegno delle luci (Francesco Dell’Elba), si alternano a scene in cui si dà spazio anche ai singoli talenti di giovani attrici e attori, abili nel canto e nella musica, oltre che nella recitazione.
Un plauso particolare va ai costumi (Alessio Rosati) di entrambi gli spettacoli per la scelta delle linee, delle stoffe e dei colori, che si alternano tra il distopico e il contemporaneo.
In scena a Torino fino al 7 luglio.
ROMEO E GIULIETTA
di William Shakespeare
e
AFTER JULIET
di Sharman Macdonald
regia Filippo Dini
dramaturg e aiuto regista Carlo Orlando
con (in ordine alfabetico) Alessandro Ambrosi, Francesco Bottin, Cecilia Bramati, Ilaria Campani, Maria Teresa Castello, Hana Daneri, Alice Fazzi, Matteo Federici, Iacopo Ferro, Samuele Finocchiaro, Christian Gaglione, Sara Gedeone, Francesco Halupca, Martina Montini, Greta Petronillo, Diego Pleuteri, Emma Francesca Savoldi, Andrea Tartaglia, Nicolò Tomassini, Maria Trenta
scene Gregorio Zurla
costumi Alessio Rosati
luci Francesco Dell’Elba
musiche Massimo Cordovani
curatore dei movimenti scenici Antonio Bertusi
assistente regia Eleonora Bentivoglio
assistente costumi Veronica Pattuelli
assistente realizzazione costumi Alberto Allegretti
Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale, TSV Teatro Stabile Veneto – Teatro Nazionale
ROMEO E GIULIETTA
Applausi del pubblico: 3′
Durata: 2h 10′
AFTER JULIET
Applausi del pubblico: 2′
Durata: 1h 40′
Visti a Torino, Teatro Carignano, il 20 e 27 giugno 2024
Prima nazionale