FringeMi 24 al via: dal 31 maggio al 9 giugno a Milano, «la magia nella quotidianità»

Ippolita Aprile (ph: Laila Pozzo)
Ippolita Aprile (ph: Laila Pozzo)

Ippolita Aprile presenta la sesta edizione del festival delle periferie che “porta il teatro dove non c’è”. 200 eventi per 75 spazi in 13 quartieri

Un colombo grigio con striature multicolori aleggia sul cielo di Milano. È il logo del FringeMI Festival, giunto quest’anno alla sesta edizione, presagio d’arte e divertimento.
Musica, danza, cabaret, teatro: la marea delle arti dal vivo sommerge Milano e dilaga da un quartiere all’altro della città periferica.
“Il settimo giorno si riposò” non vale per FringeMI 2024 che scavalla la consueta durata settimanale allungando la programmazione fino al decimo giorno. Dal 31 maggio al 9 giugno, la kermesse coordinata Bardha Mimòs animerà tredici quartieri milanesi, con oltre duecento eventi in settantacinque spazi.

Ippolita Aprile, ideatrice e organizzatrice della kermesse con Davide Verazzani e Giulia Brescia, riassume il volo del FringeMI: «Nel 2019, appena partiti, siamo nati con il nome di NoLo (Nord Loreto). Eravamo piccoli. Eravamo tra vicini di casa, pochi intimi con l’amore del teatro. Pochi spazi, locali ravvicinati. Poi ci siamo allargati ai quartieri limitrofi, in modo spontaneo: Casoretto, Martesana, Benedetto Marcello. Quando l’interessamento è arrivato anche dai quartieri lontani, abbiamo deciso di allargare lo sguardo a tutta la città. È avvenuto quello che nel marketing si chiama rebranding. E NoLo Festival è diventato FringeMI. Quest’anno siamo diventati tredici quartieri, ognuno con la sua identità e la sua direzione artistica. Il quartiere più lontano da NoLo è Baggio».

Come siete organizzati?
Ogni quartiere sceglie autonomamente. Da una parte c’è la programmazione ufficiale con i lavori selezionati tramite bando; il vincente sarà in scena il prossimo anno all’Elfo Puccini. Poi c’è la programmazione Extra, che caratterizza il quartiere, e consente di conoscere nuovi spazi, per lo più all’aperto. Anche quest’anno ci saranno stand up, spettacoli musicali, teatro ragazzi. Le associazioni che organizzano gli eventi sono molteplici. Si va da operatori navigati a novità come Mare Culturale Urbano, i Distratti, Cistà. Il successo del Fringe si basa anche sul contributo dei volontari.

Quali sono i tredici quartieri?
I quartieri nuovi sono Giambellino-Lorenteggio, San Siro, Barona, Calvairate-Romana. Si riconfermano Nolo, Martesana, Ortica, Dergano, Cistà (Città Studi), Villapizzone, Parco Lambro-Rizzoli, Baggio, Fondazione AEM. A questa parte della città oltre la circonvallazione, si aggiunge un solo spazio centrale, la Fondazione Feltrinelli, che diventa il centro in cui confluiscono i raggi di tutte le periferie. Lo spettacolo prescelto non a caso è “Still Night”, un lavoro site specific che racconta le molteplici anime di Milano.

C’è sinergia con il Comune di Milano?
Il festival è cresciuto grazie alla fiducia che hanno riposto in noi le istituzioni. Fin dal primo anno, il dialogo con il Comune di Milano e con i vari Municipi di zona è stato molto importante. Fondamentale poi il sostegno di Fondazione Cariplo. Siamo inoltre felici di poter contare del supporto di Fondazione BPM, di KPMG, di Borio Mangiarotti e di Fondazione AEM, che apre la sua sala ospitando uno spettacolo. Infine, per noi è davvero importante il contributo delle realtà che sostengono il Fringe nel quartiere dove operano: in particolare lo sponsor Opera Fiore, che gestisce una serra comunitaria e didattica presso il Villaggio Barona e sostiene gli eventi di Barona Fringe. Edilizia Acrobatica invece sostiene gli eventi di Martesana Fringe, e ne condivide i valori di inclusione, solidarietà e cultura accessibile.

Funerale all'italiana (ph: Andrea Macchia)
Funerale all’italiana (ph: Andrea Macchia)

Insomma, ci sono basi solide anche per il futuro.
Siamo soddisfatti delle edizioni svolte e anche della presente. Soddisfatti di tenere insieme teste, competenze, impegni e fermenti creativi. Auspichiamo ulteriori crescite, per portare il teatro là dove non c’è. Abbiamo trovato ovunque un pubblico entusiasta, capace di “guardare attraverso” e di confrontarsi. Speriamo di attirare nuovi partner che abbiano voglia di condividere questa sfida.

Rifuggite gli spazi convenzionali: perché?
Il Fringe porta sempre il teatro dove non c’è. Quindi nessuna sala teatrale fa parte della mappa dei nostri palchi. Figurano invece bar, locali, due ostelli (Ostello Bello e Madama Hostel), due studi d’artista (Marta Mez a Cistà e la bottega d’Arte di Samira Zuabi a Giambellino Lorenteggio). Ci sono un cinema (il Mexico) e quattro librerie (NOI, la libreria Brioschi Cuccagna in cascina cuccagna, Gogol & Company a Giambellino Lorenteggio, Scamamù a Dergano). Ci sono due biblioteche (Calvairate e Baggio), un hotel di lusso (Hotel Ramada Plaza), la sede di una casa editrice (Marcos y Marcos) tante cascine, qualche ristorante. Ci sono perfino un mercato comunale coperto (Mercato di piazza Andrea Fusina), una falegnameria (Polignum a Dergano) e una RSA in zona Martesana.

Qual è principalmente il tuo ruolo e quello di Davide Verazzani e Giulia Brescia?
I Fringe sono per natura privi di direzione artistica, ma tra le quasi 300 proposte che ci sono arrivate abbiamo cercato di creare un palinsesto quanto più aperto, inclusivo e colorato.
Cerchiamo di dare voce alle minoranze, alle visioni differenti. Cerchiamo una profondità nello sguardo. Forse è proprio in questo che siamo cresciuti: abbiamo meno paura. Abbiamo capito, anche grazie all’entusiasmo del pubblico, che le scelte difficili e i temi scomodi politici e sociali, servono e vengono apprezzati.

Ci puoi fare l’esempio di qualche spettacolo?
Per esempio “Stone”, liberamente tratto da “Stone Butch Blues” di Leslie Feinberg. Laura Mola porta in scena la figura di Jess Stone Butch che non si sente di appartenere a un genere binario negli anni della nascita del movimento LGBTQIA+.
“Chilometro 42”, diretto ed interpretato da Angela Ciaburri, è la biografia di Kathrine Switzer, la prima donna nella storia che abbia mai corso una maratona.
Un’altra storia vera e di denuncia è quella di “Viva Sara Viva” di Claudia Fontana, spettacolo di narrazione che racconta la storia di Sara, vittima di violenze (dal 4 all’8 giugno alla Biblioteca di Baggio).
Segnalo poi nel programma di Ortica, il 2 giugno a San Faustino 5, “Il mio segno particolare”, tratto dall’omonimo romanzo di Michele D’Ignazio, racconto autobiografico e ironico sulla sua vita passata convivendo con un nevo congenito gigante.
Da non perdere è anche “Steli” di Stalker Teatro. Sarà al parco Trotter l’8 giugno. Si tratta di un intervento urbano interattivo, un gioco emozionante adatto a tutto il pubblico, che creerà un’originale costruzione scenica: un’architettura ambientale essenziale, colorata e partecipata.

C’è uno spettacolo delle passate edizioni che ti è rimasto nel cuore?
Nella scorsa edizione, “Più su di quaggiù” di Andrea Robbiano, che quest’anno torna a Dergano. È un lavoro di parole e musica in cui Robbiano e il suo musicista, partendo dai sogni raccontati dal pubblico, creano delle canzoni fantastiche. Uno spettacolo davvero magico.

Come mai avete scelto proprio un piccione come simbolo del festival?
Il piccione è entrato un po’ per caso nelle grafiche fin dal primo anno, nel 2019. Il piccione è un animale non particolarmente gradito, nostro malgrado coinquilino in questa città. Pian piano nelle grafiche di Marta Comunale è diventato quasi un animale totemico e magico. Ci penso ora per la prima volta: forse rappresenta la capacità di portare la magia nella quotidianità.

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