Furia avicola. L’apocalisse mondana di Spregelburd

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Furia Avicola|Il libro di Spregelburd presentato in occasione dello spettacolo|Furia avicola
Furia Avicola
Furia Avicola

Sembra iniziare nella Sala Squarzina del Teatro Argentina lo spettacolo di Rafael Spregelburd, ossia durante la presentazione del suo libro “Il teatro, la vita e altre catastrofi. Domande, ipotesi, procedimenti”. Non soltanto perché l’autore del libro (edito da Bulzoni nel 2014 a cura di Manuela Cherubini e Giovanni Iorio Giannoli) è l’autore e regista dello spettacolo presentato al Teatro India, ma perché il dualismo figura-sfondo (o significato-senso), che tanto caratterizza la ricerca del ‘teatrista’ argentino, si lascia intravedere per un istante nell’illusione della copertina del libro: nel riflesso della vetrina di un bar il ponte del quartiere La Boca, simbolo dell’italianità a Buenos Aires, si riflette sull’immagine di un Rafael Spregelburd assorto sui suoi appunti.
Vien da chiedersi se nella foto (scattata dalla traduttrice e co-regista Manuela Cherubini) il ponte sia quello di ferro, o sia lo stesso Spregelburd, arcata oceanica tra Europa e Argentina, a provocare nel lettore la vertigine di due società che si sono affacciate più volte l’una sull’altra, e che si specchiano entrambe, costantemente, nel riflesso della crisi.

Il libro di Spregelburd presentato in occasione dello spettacolo
Il libro di Spregelburd presentato in occasione dello spettacolo

Figura e sfondo, significato e senso, ricorrono anche nell’italiano di Spregelburd, che prende in prestito la spiegazione di Eduardo del Estal e aggiunge nel saggio “Il tramonto del significato”, che “ogni Significato ha la proprietà, fra le altre, di costruire il suo sfondo, il suo dietro impercettibile. Ed è in questo sfondo – maledizione – che stanno le cose davvero affascinanti: la morte, il desiderio, la nozione d’infinito, eccetera”.

È questo alternarsi tra sfondo e significato uno dei tanti ‘procedimenti’, come li definisce lo stesso autore, che caratterizzano la messa in scena di “Furia Avicola”.
Il progetto, nato come proseguimento produttivo dell’esperienza dell’Ecole des Maîtres, è composto da due atti unici, uno sulla fine dell’arte e l’altro sull’assurdità della burocrazia, intervallati da un intermezzo su un altro tema d’antico interesse per l’autore, il linguaggio.

La Furia Avicola appare da subito sullo sfondo della prima scena. Mentre due critici discettano sui confini dell’arte, imbeccati dal lavoro di un’anziana e improvvisata restauratrice di un Ecce Homo trasformato in una sorta di Ecco Mono – Uomo Scimmia, nel cielo fuori dal salotto parigino volano strani uccelli.
Non si fa fatica a riconoscere i protagonisti di Angry Birds, popolare videogioco dalla spiccata capacità di circolare negli smartphone di mezzo mondo, esattamente come il polverone virale, tutto del web, che si solleva dopo l’avventato restauro dell’anziana signora di Saragoza, rendendo l’immagine ‘Ecce Mono’ un fenomeno di massa.
La discettazione sull’arte si chiude con uno stallo: il contrasto non avrà soluzioni perché per gli interlocutori il linguaggio diventa inconcludente; “le misure non servono a niente se quelli che misurano non sono d’accordo”, dirà con accento portoghese il padre di una ragazza colpevole di aver scritto una tesi sull’argomento e bocciata dai due professori.

La rappresentazione della realtà passa dunque dalla funzione magica e primitiva di creature con teste d’uccello, citate da uno dei due critici in scena, agli uccelli di Angry Birds che fanno di un fatto un evento virtuale, di un segno un prodotto commerciale.

È proprio la storia del famoso videogioco ad essere poi ‘tradotta’ durante l’esilarante intermezzo da una fila di traduttori simultanei, mentre sullo sfondo una scritta in un italiano, celato dietro l’alfabeto cirillico, ammonisce che “Questa scritta non significa niente”, contribuendo all’effetto di spaesamento; il tutto con una traduttrice ubriaca e l’improbabile telefonata di un anacronistico ‘figlio dei fiori’ che racconta alla madre di esser rimasto “chiuso fuori, o chiuso dentro, che cambia?”.

Mancanza di senso, o richiesta di senso? Esiste un ordine oltre la babele dei linguaggi? Come contribuisce il virtuale alla costruzione del reale?
L’intermezzo si chiude con quella che suona come ultima eredità ai nativi digitali: “Mio figlio non sa ancora mangiare da solo col cucchiaio ma sa tirare uccellini, non sperimenterà mai la tensione di una fionda, ma ha già scoperto l’elastico nel virtuale: per lui il virtuale è già la realtà”.

Nel secondo atto unico, il conclusivo, sembra riapparire il riflesso visto sulla copertina del libro di Spregelburd, tra Europa e Argentina.
Quando il tema è quello della burocrazia e del denaro la mancanza di senso morde i protagonisti, e l’assenza angosciante del denaro è palpabile nella mancanza degli oggetti scenici, dei documenti, degli immensi archivi, delle merci di scambio e soprattutto delle banconote stesse, che al contempo si svalutano e si rivalutano, vengono promesse, contestate, scambiate e poi bruciate.

Furia avicola
Furia avicola

La Furia Avicola fa prendere il volo stavolta alla paura, assenza imposta che crea il desiderio delle società: assenza di denaro (e qui salta subito alla mente la grande crisi Argentina del 2001, e quella italiana/europea di oggi… e di domani), o assenza di salute quando l’incubo dell’aviaria trasforma nuovamente il volatile scelto da Spregelburd in fenomeno di massa. Durante tutta la scena una voce sostituisce lo sfondo: “Facciamo una cosa, io vi dico quello che so, e voi vedete quello che c’è”.

Invenzioni mediatiche, realtà che diventa fiction, linguaggio e zone di confine, gesti decontestualizzati che eludono la mera consequenzialità effetto/causa introducono nell’opera la complessità del reale e strizzano l’occhio alla teoria del caos.

In “Furia Avicola” Spregelburd continua la sua ricerca tra realtà e rappresentazione tentando, con il suo acuto sguardo sul mondo, di offrire allo spettatore europeo l’estrema mobilità e libertà, viva e caotica, del suo teatro. “Mentre la crisi europea si aspetta di essere un evento puntuale e passeggero, la crisi nelle periferie è percepita come lo stato naturale delle cose. Il mio teatro non cambierà la crisi. Non aiuterà nessuno a uscirne. Offrirà, al massimo, asilo provvisorio all’immaginazione e ai sensi” (Rafael Spregelburd, Il teatro, la vita e altre catastrofi. Domande, ipotesi, procedimenti).

FURIA AVICOLA
di Rafael Spregelburd
traduzione: Manuela Cherubini
regia: Rafael Spregelburd e Manuela Cherubini
con: Rita Brütt, Fabrizio Lombardo, Luisa Merloni, Laura Nardi, Amândio Pinheiro
video: Igor Renzetti
immagini: Ale Sordi
musica originale: Zypce
produzione: CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia e Fattore K

durata: 1h 40’
applausi del pubblico 2’ 30’’

Visto a Roma, Teatro India, il 18 febbraio 2015

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