Geppetto di Dimitri/Canessa: ossessioni di un clown

Geppetto (ph: Regina Jager)
Geppetto (ph: Regina Jager)

Il Pinocchio ribaltato di Fabio Stassi, in prima nazionale al Teatro della Contraddizione di Milano

E se Geppetto fosse stato solo un clown, un folle, un poeta? Magari un sognatore come Don Chisciotte, un Ulisse in viaggio verso Itaca, un Achab all’inseguimento della balena bianca?

Una casa crepata, forse un antro, con un pertugio da cui filtra un raggio di sole, oppure la luce delle stelle. Un vecchio falegname in un paesino tra gli Appennini. Un derelitto, un povero pazzo, che è lo zimbello dei suoi compaesani.
La paura di restare soli: «È triste morire senza figli», diceva Nanni Moretti in “Bianca”.
E allora lo scrittore romano Fabio Stassi prende il “Pinocchio” di Collodi e lo ribalta. Edito da Sellerio nel 2021, il suo “Mastro Geppetto” non è la storia di un pezzo di legno che diventa burattino e poi bambino. È piuttosto un delirio, una mistificazione. È la fantasia alienata di un falegname che sogna di dare un’anima alla materia inerte, e di lasciare attraverso di essa tracce di sé e un antidoto alla solitudine.

In questo gioiello di fantasia, “Pinocchio” diventa la narrazione delle allucinazioni di un anziano silenzioso e visionario. Proprio come il pezzo di legno di Mastro Ciliegia, il romanzo di Collodi è la materia prima per l’ispirazione letteraria di Stassi. La Compagnia Dimitri/Canessa ne ricava un dramma teatrale, e lo porta in prima nazionale al Teatro della Contraddizione di Milano.

Nella sala di via della Braida, Elisa Canessa dirige Federico Dimitri e Andrea Noce Noseda in una scena che è lo scheletro di un cubo, davanti a un trittico di pareti aperte a ventaglio verso il pubblico.

Tra biacca e cipria, tra mimica, salti, posture e movenze da saltimbanchi, con disegni proiettati sule pareti e giochi d’ombre, è di scena l’universo onirico di Geppetto. Qui il falegname collodiano è un personaggio sbilenco e inafferrabile. È un sognatore che prova a dare forza demiurgica ai propri deliri. Desidera un figlio, al punto da inventarselo. Ne immagina vita e sentimenti, silenzi e parole, voli e cadute. È la metafora di una vita da costruire. Ma è anche un’allegoria dell’arte, che è un modo alternativo per avviare nuovi modi di essere.

La favola rimane spezzettata, sparsa qua e là nello spettacolo come le briciole di Hansel e Gretel, o come i trucioli del VII capitolo collodiano, che un gatto agita con le le zampine davanti ai piedi bruciacchiati di Pinocchio. Ma in questo spettacolo notturno e ovattato costruito da Dimitri/Canessa è Geppetto il protagonista, che si agita, corre, litiga, sogna. E intanto si staglia attorno a lui un mondo senza nessun afflato magico o consolatorio. “Geppetto” è infatti un non luogo mitico dove albergano stigmi, sarcasmo e crudeltà. Dimitri/Canessa rompe il telone di fondo. Strappa ciò che appartiene alla favola tradizionale. Mostra cosa accade agli sbandati davanti ai maligni e ai superbi. Smaschera il volto impietoso di chi perde solidarietà e umanità. Rivela invece lo sguardo pietoso dell’arte dinanzi ai fallimenti, e la disobbedienza a un destino di miseria e solitudine.

In questa storia strampalata, in cui il teatro di parola si coniuga alla performance e al teatro di figura, con disegni e ritagli proiettati a dialogare con le ombre in uno spazio immaginifico, ci sono i personaggi principali di Collodi, da Mastro Ciliegia alla Fata, da Mangiafuoco al Gatto e alla Volpe. Ma tutto si fa onirico e introspettivo. Canessa alimenta l’atmosfera sognante sia attraverso la prova generosa dei due attori, sia attraverso il disegno luci flebile di Marco Oliani, che evoca uno spazio-tempo remoto. Le musiche originali di Morten Qvenild dilatano la componente onirica, con un andirivieni di silenzi, smarrimenti e nenie da carillon.
La sagoma geometrica, rubiconda, del naso di Pinocchio viene proiettata sulla scena e si combina con il viso dei protagonisti o con la loro ombra.

“Geppetto” è il rifugio psicanalitico di chi cerca tregua dai suoi incubi. È la crisi interiore di un uomo ordinario alle prese con le proprie mistificazioni e con la cattiveria altrui. Qui la verità è inconsistente come il vestito di carta fiorita di Pinocchio, o come il suo berrettino di midolla di pane.

“Geppetto” è una partita di scacchi tra l’amore e la morte. È purezza ed essenzialità dell’arte. È sguardo introspettivo verso la bellezza plasmata dall’irrazionalità. È caos, e voglia di fuga verso un mare di carta velina. È desiderio di un’attesa o di un ritorno. È la vocina nel buio che un folle attribuisce a un pezzo di legno.

Come la scorza di un legno da catasta, questo spettacolo andrebbe rifinito, piallato e laccato. E qualche rametto si potrebbe tagliare. Eppure “Geppetto” ci piace così: pieno di scaglie e nervature, con qualche imperfezione e un senso d’incompiutezza; emblema del rovello di ogni artista, sempre insoddisfatto, teso verso una levigatezza di fatto irraggiungibile e in definitiva biasimevole, perché lontana dalla vita reale.

GEPPETTO
regia Elisa Canessa
con Federico Dimitri e Andrea Noce Noseda
disegno luci Marco Oliani
musiche originali Morten Qvenild
produzione Compagnia Dimitri/Canessa, Theaterwerkstatt Gleis 5, NTC/Pilar Ternera e Progetto Goldstein
con il sostegno di fondazione culturale del Canton Turgovia, dipartimento culturale città di Frauenfeld e Kulturpool Regio Frauenfeld (CH)
tratto dal romanzo di Fabio Stassi “Mastro Geppetto”

durata: 1h 10’
applausi del pubblico: 2’

Visto a Milano, Teatro della Contraddizione, il 9 marzo 2023
Prima nazionale

 

 

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