In prima assoluta a Prato, nuova produzione del Metastasio, la voce della Primavera Araba Ramy Essam canta la repressione in Egitto
C’erano grandi attese e aspettative per il debutto del nuovo lavoro di Babilonia Teatri, “Giulio meets Ramy / Ramy meets Giulio”. Soprattutto vista la materia incandescente affrontata. Infatti, dal 25 gennaio 2016 – data in cui fu rapito Giulio Regeni per poi essere ritrovato barbaramente ucciso giorni dopo -, in molti hanno cominciato ad interessarsi alla situazione politica dell’Egitto e ai rapporti di partenariato commerciale che l’Italia continua a intrattenere con quel Paese.
Nel titolo del nuovo spettacolo di Babilonia Teatri, prodotto dal Teatro Metastasio, due nomi: Giulio è Giulio Regeni, e non c’è bisogno di aggiungere altro. Ramy è Ramy Essam, “il cantore della rivoluzione di piazza Tahrir al Cairo nel 2011” come l’ha definito Il Manifesto, cantante egiziano da milioni di visualizzazioni su YouTube, in esilio dalla madrepatria dal 2014 e sul quale pesa un mandato di cattura per terrorismo. È lui l’assoluto protagonista della messinscena.
Giulio Regeni non appare mai e non viene mai menzionato nello spettacolo, ad eccezione del finale. Ramy Essam, al contrario, è presente in carne ed ossa, e canta per più di un’ora i suoi pezzi pieni di denuncia e poesia, speranza e ironia. E di tanta nostalgia per il Paese che gli ha dato i natali.
Giulio e Ramy, a differenza di quanto dice il titolo, non si sono mai incontrati. Li lega solo una data, il 25 gennaio. Era il 2016 e il primo andava incontro al suo destino. Era il 2011 ed il secondo era in piazza Tahrir. Sbocciava la Primavera Araba anche in Egitto.
Analizzare il lavoro proposto non è facile. Potremmo definirlo un concerto, una performance, uno spettacolo teatrale, uno spettacolo che ospita un concerto, un concerto-spettacolo, eppure nessuna etichetta si mostrerebbe adatta a definire questa particolare messinscena. È forse tutto questo insieme, senza forse essere tutto questo.
Potremmo allora soffermarci solo sulla materia: la situazione politica e sociale che vive il popolo egiziano, a partire dalla rivoluzione del 2011 fino ad oggi. E’ una materia terribile, viva, dolorosa, così importante e necessaria che verrebbe voglia di mostrarla a tutti gli studenti delle scuole superiori. Soprattutto se consideriamo che nel 2020, così per fare un esempio, l’Egitto era risultato, per il secondo anno consecutivo, il maggior acquirente di armi italiane.
Valeria Raimondi ed Enrico Castellani stanno in disparte e intervengono – poco – con considerazioni e riflessioni, scandite nella maniera più distaccata e algida possibile. Sono tuttavia proprio questi i momenti deboli del lavoro, perché le riflessioni e i rimandi tendono a rimanere in superficie, senza scavare a fondo, e in questo caso ce ne sarebbe bisogno. Anche la regia, a parte qualche felice intuizione, si limita a svolgere il suo compito. Tuttavia noi ci aspetteremmo ben altro, proprio in considerazione dell’argomento affrontato.
Rimangono parole di denuncia, storie terribili che ci pare quasi impossibile siano reali, le canzoni, la voce bella e roca di Ramy Essam – che “ha tutte le carte in regola”, direbbe Piero Ciampi, per essere un rocker (in questo forse un po’ compiaciuto). Sono parole, è bene sottolinearlo, mai retoriche nella loro “semplicità”, di fronte alle quali, visti anche i fatti di questi giorni in Ucraina, viene quasi da vergognarsi a stare seduti sulle nostre comode poltroncine morbidose che sembrano peluche. O basti ancora pensare che, a causa della sua ultima canzone, di scherno al regime, sette dei collaboratori di Ramy sono stati arrestati. Ed è così che lui, quel testo, non lo canta più. Perché fa troppo male.
Al di là dell’innegabile valore di atto politico che assume la messinscena, non sento tuttavia di schierarmi con chi è uscito dallo spettacolo entusiasta di questa prima assoluta. Perché, secondo me, tralascia alcune cose. Lo spettacolo va considerato nella sua interezza, nella sua costruzione d’insieme, ed è forse troppo “facile” fermarsi a ciò che è evidente, ossia alla forza, alla verità terribile che a poco a poco emerge, ad una Primavera Araba che si è rivelata esser poi un autunno nel quale “tutte le nubi che incombevano minacciose (sulla nostra casata)” hanno scatenato terribili temporali. Shakespeare permettendo. Avremmo voluto di più.
GIULIO MEETS RAMY / RAMY MEETS GIULIO
di Valeria Raimondi e Enrico Castellani
con Ramy Essam, Enrico Castellani, Valeria Raimondi e Amani Sadat
direzione di scena Luca Scotton
produzione Teatro Metastasio di Prato
durata: 1h 25’
applausi del pubblico: 3’
Visto a Prato, Teatro Fabbricone, il 27 febbraio 2022
Prima assoluta