Gl’innamorati – Il musicarello. Goldoni si rifà il trucco in cucina

Gl’innamorati – Il Musicarello (photo: Alessandro Saletta)
Gl’innamorati – Il Musicarello (photo: Alessandro Saletta)

Da anni, soprattutto in campo operistico – dove gli amanti del “tempo che fu” sono assai numerosi, è in atto una grande diatriba: se sia lecito o no rimodernizzare i capolavori teatrali del passato, dando loro una nuova veste contemporanea. Intorno a questa problematica sono nati veri e propri scontri verbali che vedono le fazioni di favorevoli e contrari assai agguerrite tra loro.

Noi, ovviamente, pensiamo che sia possibile, e che tutto dipenda dai modi con cui la modernizzazione viene realizzata: insomma, il tutto obbedisce a come si possano rendere universali e contemporanee le suggestioni che quelle opere ci hanno donato, allora, quando furono composte, e che ci doneranno sempre, soprattutto oggi.

La riscrittura compiuta in chiave contemporanea de “Gl’innamorati” di Carlo Goldoni, su drammaturgia di Valeria Cavalli e Debora Virello, con la regia di Pietro De Pascalis, prodotta dalle Manifatture Teatrali Milanesi, ci ha convinto in tal senso.

Commedia in tre atti scritta da Goldoni nel 1759 e ambientata a Milano, “Gl’innamorati” mette al suo centro le baruffe amorose tra Eugenia, gelosissima erede di una famiglia in rovina, e il giovane e ricco Fulgenzio. Della partita sono anche il conte milanese Roberto d’Otricoli, innamorato della ragazza, Fabrizio (il padrone di casa, zio e tutore di Eugenia), la sorella di lei Flamminia e il servitore Tognino.
Il lieto fine in commedia sarà d’obbligo, con i due ragazzi che si sposeranno e con Fabrizio che si lascerà convincere ad accettare il matrimonio dal fatto che Fulgenzio sposerà sua nipote, senza chiederne la dote.

La godibilissima versione del capolavoro goldoniano, vista al Teatro Litta di Milano, ambienta la storia in uno sgangherato teatro di provincia, dove una piccola compagnia, a causa delle ristrettezze economiche, si ritrova a provare la commedia ogni lunedì, quando gli spettacoli ufficiali fanno riposo, in luoghi spesso diversi e con scenografie assai improbabili, nella fattispecie quelle di un “Amleto” ambientato in una cucina anni ’60.

Questa è la finzione, che in modo consono e significante, si riverbera nella vita di ogni giorno della compagnia, dove i due interpreti degli innamorati protagonisti, Beatrice e Leonardo (sempre al telefono con la sua agente in perenna attesa di un film che alla fine gli verrà davvero concesso, lasciando la compagnia in apparente braghe di tela), sono per davvero fidanzati; ma come sulla scena non fanno altro che farsi dispetti a vicenda. C’è ovviamente, come in ogni gruppo teatrale che si rispetti, il più anziano, il primo attore e, in questo caso, amministratore della compagnia, Ambrogio, che interpreta Roberto, e che scopriremo solo millantare di aver lavorato con Strehler e Ronconi: vorrebbe portare in scena un Goldoni come comanda la tradizione, mentre il regista Carlo lo vuole trasporre in chiave moderna a guisa di un musical.
C’è poi Eleonora, sorella di Beatrice, ingiustamente ritenuta goffa e con una dizione poco consona al teatro, che avrà la sua rivincita, suscitando gli applausi più convinti della platea, e non solo; Gianni, innamorato anch’egli di Beatrice, quando Leonardo se ne andrà, riuscirà a sostituirlo in scena egregiamente, ma anche nel cuore della prima attrice. Infine il Muto, il tecnico che parla, con bella invenzione drammaturgica, attraverso l’accendersi e lo spegnersi delle luci.

Il sottotitolo dello spettacolo è “Il Musicarello” (genere cinematografico a carattere popolare degli anni Cinquanta e Sessanta), perchè alla fine la vincerà il regista, e l’opera goldoniana prenderà vita proprio come lui voleva, attraverso le canzoni che in scena esprimeranno in modo inequivocabile i desideri, gli amori, le rinuncie e le gioie dei protagonisti.

E qui sta il merito più convincente dello spettacolo, quello di rendere viva e assolutamente contemporanea una vicenda senza tempo, attraverso alcune canzoni che hanno segnato la vita delle generazioni a noi più vicine, canzoni in cui l’amore, pur tra ripicche, tentennamenti, cambi di umore e di protagonisti, regna sempre sovrano. Un amore in cui le parole di Goldoni si incuneano in modo credibile e appassionato con quelle, tra gli altri, di Endrigo (Io che amo solo te), Pappalardo (E lasciami gridare. Io senza amore non so stare… ricominciamo), Tenco (Mi sono innamorato di te), Paoli (Una lunga storia d’amore), Morandi (Non sono degno di te). Ma lo spettacolo sottende anche un amore per il teatro, per un mestiere faticoso ma bellissimo e importante, per i vari modi in cui la scena si propone, e che qui si esprime attraverso continui cambi di registro, omaggi stralunati a generi teatrali e discussioni ironiche tra passato e presente.

Tutti gli interpreti si adeguano perfettamente ai ruoli che il teatro e di converso la vita offrono loro; Loris Fabiani: Leonardo (Fulgenzio), amante appassionato e attore vanesio; Isabella Perego: Beatrice (Eugenia), innamorata gelosa, commediante, corteggiata da tutti; Gaetano Callegaro: Ambrogio (Fabrizio), anziano amante non corrisposto, godibilissimo interprete costretto suo malgrado ad esprimersi in perfetto milanese; Valeria Girelli: Eleonora (Flamminia), sempre in secondo piano sia in scena che nella vita, ma che con un riuscitissimo “coup de théatre” risulterà a ribaltare il suo ruolo di eterna sconfitta; Jacopo Fracasso: Gianni (Succianespole, Tognino, Clorinda e un pezzetto di Fulgenzio), attore fregoliano, timido amante che avrà il coraggio di manifestarsi all’amata; e lo stesso Pietro De Pascalis: Carlo (Roberto), sempre pronto a seguire il proprio istinto per aggiustare a modo proprio ogni inghippo, sia nella finzione che sul palcoscenico.

Questa piacevolissima versione della commedia goldoniana risulta dunque essere una creazione nel medesimo tempo colta e popolare (a cui non giovano solo alcune gag eccessive e fuori misura proposte nella prima parte dello spettacolo); entra direttamente nel sentore di ogni tipo di pubblico, soprattutto giovanile, che nella replica da noi vista le ha attribuito calorosissimi applausi.
Tanto che anche noi, alla fine del tutto, possiamo cantare con i Ricchi e Poveri: “Sarà perché ti amo… è un’emozione che cresce piano piano. Stringimi forte e stammi più vicino. Se ci sto bene… sarà perché ti amo”. Insomma “Omnia vincit amor”.

Gl’innamorati – Il musicarello
da Carlo Goldoni
dramaturg Valeria Cavalli e Debora Virello
collaborazione al testo e regia Pietro De Pascalis
con Gaetano Callegaro, Pietro De Pascalis, Loris Fabiani, Jacopo Fracasso, Valeria Girelli, Isabella Perego
consulenza musicale Alex Procacci
scenografia Claudio Intropido
costumi Giulia Giovanelli
disegno luci Fulvio Melli
progetto audio Marco Broggiato
direttore di produzione Elisa Mondadori
produzione Manifatture Teatrali Milanesi
spettacolo sostenuto nell’ambito di Next 2019-20

durata: 1h 40′

Visto a Milano, Teatro Litta, il 16 gennaio 2020

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