Protagonista Lino Guanciale nel ruolo della Fata dell’Angolo
Per la sua prima regia come direttore del Piccolo Teatro di Milano, Claudio Longhi ha coraggiosamente scelto di mettere in scena l’unico romanzo (del 2001) dello scrittore e poeta cileno Pedro Lemebel (1952-2015), “Ho paura torero”, un testo di variegata complessità che affronta il desiderio tra eros e politica.
Per questa fatica ha affidato il ruolo di protagonista, ancora una volta, al fido Lino Guanciale (in questa occasione anche dramaturg), attraverso il riuscito adattamento, tra dialogo e racconto, compiuto da Alejandro Tantanian, scrittore, attore e regista argentino.
Ma sarebbe errato confinare Lembel nel ruolo di romanziere (o, come viene spesso ricordato, come icona della letteratura queer del Sud del mondo): lui fu, come si evince anche dall’essenza dello spettacolo, un cronista appassionato e un attivista politico tutto teso a narrare le vicende del suo martoriato Paese, vivendone appassionatamente le sorti; un personaggio amatissimo sì dalla comunità omosessuale e dalla Sinistra, ma che riuscì a portare luce su un Cile sommerso attraverso le cronache urbane pubblicate sui giornali dell’opposizione o trasmesse ogni giorno da Radio Terra, e successivamente poi raccolte in un volume che ebbe un successo clamoroso.
Al centro della storia raccontata in “Ho paura torero” (che subito e istintivamente ci riverbera quella del “Bacio della donna ragno” di Puig, resa molto bene anche per il cinema, nel 1985, da Hector Babenco con William Hurt) c’è Fata dell’Angolo, nome di battaglia (omaggiante il bel tempo che fu) del maturo travestito protagonista del racconto (il già citato Guanciale), ora ricamatore di tovaglie, che si invaghisce, innamorandosene perdutamente, dello studente Carlos, nome in codice del giovane militante del Fronte patriottico Manuel Rodríguez (Francesco Centorame, reduce, come giovane interprete, dal successo del film di Paola Cortellesi).
Durante lo spettacolo assisteremo, anche attraverso la prosa spesso barocca e ridondante che caratterizza il testo, alla loro reciproca educazione alla vita: quella politica del travestito, che si presterà perfino – prima inconsapevolmente, poi coscientemente – ad aiutare la lotta armata, e quella sentimentale del giovane guerrigliero, che imparerà ad affezionarsi in modo reale alla Fata dell’Angolo.
Le loro due vite, entrambe votate al desiderio (lui, di un nuovo amore impossibile: “Ho paura torero, ho paura che stasera il tuo sorriso svanisca” canta la Fata…; il ragazzo, di vivere in un Paese normale, saturo di libertà) si dovranno giocoforza dividere, dopo un melanconico e commovente addio davanti a un tramonto sulla costa del Pacifico.
A questo dolcissimo rapporto fa da contraltare la routine familiare vissuta dal dittatore Augusto José Ramón Pinochet Ugarte e la sua petulante e rimbrottosa moglie, Doña Lucía, a cui Mario Pirello e Arianna Scommegna danno caricaturale risalto, mostrandone, con paradossale ironia, tutti i tragici risvolti e le ossessive fobie, impregnati di cinismo per la sorte dei loro concittadini.
Questi due mondi, così diversi, vengono immessi in una Santiago apparentemente pulsante di vita, ma invece contrassegnata da una disumana militarizzazione, e caratterizzata sulla scena dal racconto di un coro di personaggi di contorno composto da Daniele Cavone Felicioni, Michele Dell’Utri, Diana Manea e Giulia Trivero.
Claudio Longhi entra nella storia con l’alternarsi continuo dei registri e dei piani, sia quello tra dialogo e narrazione, che si concatenano per narrare gli eventi esistenziali dei personaggi in gioco, sia quello tra la ricerca spasmodica d’amore del protagonista, che uscendo dal suo comodo nido, avendo visto con i suoi stessi occhi la miseria della sua Santiago, diventerà politicamente più consapevole, e le immagini di sfondo che caratterizzano il clima del Paese in quegli anni cruciali.
La cronaca dolorosa e la storia del Cile infatti giungono agli spettatori con l’ultimo accorato discorso di Allende al suo popolo, a cui si contrappone quello di Pinochet in occasione del colpo di stato del 1973, che cancellò definitivamente il sogno di libertà del Paese.
Alla fine dello spettacolo, anche le immagini (gli interventi video sono di Riccardo Frati) dell’attentato del 1986 da cui Pinochet uscì indenne, ma che caratterizzò in qualche modo la fine della dittatura.
La scenografia firmata da Giada Buzzi è divisa nettamente su due piani, con la coppia dittatoriale in alto e soprattutto la casa variopinta e kitsch della Fata dell’Angolo sotto.
Ci sono poi le voci e la musica (suono e rivisitazione delle musiche sono state affidate a Davide Fasulo), che ci arrivano attraverso la radio e che tengono compagnia alla nostra Fata, sia aggiornandola fugacemente di quello che le accade intorno, sia attraverso le canzoni di Lola Flores, Sara Montiel e Violeta Parra, che “lei”, di quando in quando, si approccia persino a cantare.
“Ho paura torero” alla fine ci sembra un apprezzabile e poliedrico affresco storico-sentimentale, capace di illuminare, con le sue tematiche, la stagione del teatro milanese, anche se a tratti, nella sua sovrabbondante ricchezza di segni e piani (che ne determinano anche una eccessiva durata) non ci permette di entrare completamente in empatia, con continuità e spessore emotivo, con la storia raccontata.
Alla buona riuscita complessiva dello spettacolo contribuisce in modo rilevante la presenza di Lino Guanciale che, con coraggio, lasciando in disparte la sua figura di “star” televisiva, riesce felicemente ad entrare in un personaggio complesso come quello del travestito protagonista, essendo capace di dargli forte intensità e levigandone con accortezza la femminilità, senza nessun accento grottesco.
In scena a Milano fino all’11 febbraio.
Ho paura torero
di Pedro Lemebel
traduzione di M.L. Cortaldo e Giuseppe Mainolfi
trasposizione teatrale Alejandro Tantanian
regia Claudio Longhi
scene Guia Buzzi
costumi Gianluca Sbicca
luci Max Mugnai
visual design Riccardo Frati
travestimenti musicali a cura di Davide Fasulo
dramaturg Lino Guanciale
assistente alla regia Giulia Sangiorgio
con (in ordine alfabetico) Daniele Cavone Felicioni, Francesco Centorame, Michele Dell’Utri, Lino Guanciale, Diana Manea, Mario Pirrello, Arianna Scommegna, Giulia Trivero
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
foto di scena Masiar Pasquali
Durata: 3 ore circa compreso un intervallo
Visto a Milano, Piccolo Teatro, il 20 gennaio 2024