Una Puglia teatrale che ripensa sé stessa, cerca forma e coesione, prova a definire un senso di comunità capace di trasformare la periferia in centro. Dando forma ai propri linguaggi sul palcoscenico. Per essere pienamente arte e sopravvivere alle spire della burocrazia.
È questa la cifra della V edizione de I Teatri della Cupa intitolata “Apulian Survival Kit”. I direttori artistici Tonio De Nitto e Raffaella Romano, con l’aiuto di Francesca D’Ippolito al coordinamento organizzativo e la collaborazione delle compagnie Factory e Principio Attivo Teatro, definiscono un kit di sopravivenza fatto di buone pratiche, incontri, spettacoli.
È paradossale che la Puglia pluripremiata a livello nazionale (Gianfranco Berardi, Luigi D’Elia, Mario Perrotta, Animanera, Gaetano Colella, Giuseppe Semeraro, Michele Sinisi, Licia Lanera, Compagnia del Sole, Teatri di Bari, Leo Muscato, Christian Di Domenico, Oscar De Summa, Meridiani Perduti, Ippolito Chiarello, ma potremmo continuare a lungo) abbia bisogno di guardarsi allo specchio per scoprirsi vincente.
Siamo nel cuore del Salento, al centro dell’estate, a distanza di sicurezza dai luoghi della movida sfrontata e informe. La terra rossa, teatro di colture storiche come il vino e l’olio, è ora puntellata da ettari di uliveti corrosi dalla xylella. La valle della Cupa, Novoli, Trepuzzi, il complesso di S. Maria di Cerrate, più Campi Salentina, patria di Carmelo Bene, è una nicchia di storia antica: tracce romaniche e normanne, architetture in pietra leccese, manufatti in argilla, masserie, ville, chiese rurali, feste allegre, sagre di paese colorate.
Caloroso è anche il pubblico che affolla il festival. Bambini e adulti seguono gli spettacoli in modo ordinato, segno di una dimestichezza con i linguaggi teatrali rara negli eventi tout public.
A Novoli assistiamo all’epilogo di una rassegna costellata di spettacoli a ingresso gratuito o a prezzi popolari, molti dei quali rivolti ai ragazzi. Novoli, con il suo teatro comunale dall’architettura tardo-neoclassica e l’atrio del Palazzo Baronale del XVI secolo, dotato di una ricca biblioteca, ospita “Thioro, un cappuccetto rosso senegalese” del Teatro delle Albe, e “Preludi all’amore” di Luigi D’Elia e I Bevano Est.
“Thioro”, rivolto a spettatori dai 5 anni, con Fallou Diop, Adama Gueye e Simone Marzocchi, ideazione Alessandro Argnani, lo stesso Marzocchi e Laura Redaelli, si svolge nel segno del sodalizio culturale interetnico tra la compagnia ravennate e l’attore senegalese Mandiaye N’diaye, scomparso nel 2014.
Il ritmo pulsante di un racconto a metà fra riti tribali e iniziazione, che coinvolge direttamente nella performance i bambini più piccoli, impauriti, affascinati, esprime il valore universale del teatro, in un racconto senza limiti di tempo e spazio. A scandire il ritmo di questa fiaba africana dove il bosco diventa savana e il lupo è una iena di nome Buky, è il suono del tamburo e della tromba. L’italiano si alterna al senegalese, in un gioco di rimbalzi sul pubblico seduto in cerchio.
Assistiamo alla fusione immaginifica fra l’atrio di Palazzo Baronale e lo spiazzo di un villaggio dell’Africa remota, dove un anziano che muore è paragonato a una biblioteca che brucia. Del Senegal affiorano tradizioni, immagini e simboli. Danze, canti, movenze ferine di questi cantastorie accompagnati dalla musica rifanno il verso del cavallo e del gallo. Sono esperienze sinestetiche, danze ipercinetiche che riproducono alberi poderosi come il baobab, distese di sabbia, cieli azzurri, notti stellate. Le reazioni ingenue, viscerali, a tratti scomposte del pubblico in erba, aggiungono sapidità alla serata.
A base di musica e parole è anche lo spettacolo di Inti (Landscape of the Moving Tales) “Preludi all’amore”, di e con Luigi D’Elia e I Bevano Est.
Accompagnato da Stefano Delvecchio alla fisarmonica bitonica, Davide Castiglia al violino e Giampiero Cignani a clarinetto e clarinetto basso, D’Elia racconta storie ambientate a Serranova, borgata della campagna brindisina a pochi chilometri dall’Adriatico.
D’Elia fruga nel passato di questa Puglia ancestrale, di voci e suoni legati alla natura, di canzoni e storie intrecciate alla campagna e alla pizzica.
Siamo negli anni Sessanta. Il boom lambisce un villaggio del Sud periferico, ha l’aspetto di una trebbiatrice arrivata da Piacenza. Ci sono anche gli amori di ragazzi, i sogni di fanciulli, con il sottofondo di nevicate rarissime a queste latitudini. Ma vediamo soprattutto una campagna smagliante, solare, da affrontare a piedi scalzi. I vetri delle finestre sono aperti sulle notti stellate. I ricordi si trasfigurano, ma senza abbandonare mai davvero il reale.
“Preludi all’amore” è un lavoro pressoché al debutto, che nel rodaggio potrà crescere, dando più spessore alla drammaturgia, più verità ai personaggi, più movimento alle sequenze sulla danza.
La regia di Simonetta Dellomonaco può alimentare timbri e variazioni. I ritagli di quest’album non hanno tutti la stessa consistenza: alcuni sono vividi e scattanti, altri impolverati, altri ancora sbiaditi.
Le rievocazioni di D’Elia sono pudiche, senza forzature né il bisogno di virate surreali. La musica sostiene il senso di mitologia della narrazione, con una delicatezza rilassante che fa socchiudere gli occhi.
THIORO, UN CAPPUCCETTO ROSSO SENEGALESE
ideazione Alessandro Argnani, Simone Marzocchi e Laura Redaelli
con Fallou Diop, Adama Gueye, Simone Marzocchi
organizzazione Moussa Ndiaye
coproduzione Teatro delle Albe/Ravenna Teatro, Accademia Perduta/Romagna Teatri, Ker Théâtre Mandiaye N’Diaye
regia Alessandro Argnani
durata: 60’
PRELUDI ALL’AMORE
Inti (Landscape of the Moving Tales)
uno spettacolo di e con Luigi D’Elia e i BEVANO EST
Regia di Simonetta Dellomonaco
Luigi D’Elia, voce narrante
Stefano Delvecchio, fisarmonica bitonica
Davide Castiglia, violino
Giampiero Cignani, clarinetto, clarinetto basso
durata: 60’
Visti a Novoli, Teatri della Cupa, il 1° agosto 2019