A Castrovillari, in occasione di Primavera dei Teatri, siamo stati testimoni dell’ultima potente e inebriante fatica di Roberto Latini che, dopo le parole profetiche dei pirandelliani “Giganti della montagna” e la riscrittura mulleriana di “Amleto”, affronta uno dei testi più intimamente poetici e suggestivi delle Sacre Scritture, attribuito secondo alcune fonti addirittura a Re Salomone, ma, con più ragione di causa, probabilmente scritto (da autore per noi anonimo) nel IV secolo a. C.
Eppure, nonostante la datazione, per la sua estrema particolarità, è stato uno degli ultimi testi accolti nel canone della Bibbia, solamente un secolo dopo la nascita di Cristo.
Il testo, sorta di canto nuziale profondamente laico, con discendenze letterarie provenienti dalla Mesopotamia, è diviso in otto capitoli (un prologo, cinque poemi d’amore e due appendici), in forma di dialogo tra un uomo e una donna, Salomone e Sulammita. Ma in realtà trascende tutto questo, concentrandosi sull’origine divina dell’amore; secondo le varie interpretazioni, queste sì di origine religiosa, si coniugano nell’amore tra Gesù e la Chiesa e nell’amore di Dio per il popolo d’Israele.
Anche lo spettacolo di Fortebraccio Teatro intende trascendere tutto ciò, concentrandosi sul valore intrinseco, potentissimo e poetico delle parole che il testo riverbera in sé.
Lo spazio scenico è dominato da una postazione radiofonica; qui il protagonista, Roberto Latini, una sorta di barbone vestito con un cappotto viola, generosa parrucca sulla testa quasi a coprirgli il viso e labbra rossettate, dorme su una panchina.
Ma è da qui che Latini profonde le sue parole nell’aria (“on air” ci ricorda la scritta luminosa) alternandone all’ascolto della musica in cuffia, che appena toglie, in un contrasto straniante, resta ovattata. Come stranianti sono le telefonate rivolte ad un interlocutore che, ostinatamente, non risponde.
Sono parole meravigliose quelle che volano nell’aria, intrise di sapori, odori e profumi che si fanno carne, in un mondo onirico in cui tutti i sensi dello spettatore, attraverso la voce, vengono sollecitati in una vera e propria ode d’amore all’universo.
“Ho cercato di assecondarne il tempo, tempo del respiro, della voce e le sue temperature. Ho cercato di non trattenere le parole, per poterle dire, di andarle poi a cercare in giro per il corpo, di averle lì nei pressi, addosso, intorno; ho provato a camminarci accanto, a prendergli la mano, ho chiuso gli occhi e, senza peso, a dormirci insieme”.
Le musiche e i suoni, parte drammaturgica come sempre integrante degli spettacoli di Fortebraccio, curati da Gianluca Misiti, collaborano a questo miracolo, spaziando in un universo pop che va da “A far l’amore comincia tu” di Raffaella Carrà nella versione di Bob Sinclar, sino ai Placebo di “Every you and every me”, senza dimenticare la struggente citazione del Cantico presente in “C’era una volta in America” di Leone, sottolineata dalle note di Morricone.
Il compendio di tutto lo spettacolo arriva inatteso e potente nel bellissimo crescendo finale, dove in una sorta di reale amplesso erotico, trasfuso tra parola e canto, Latini, sbarazzatosi di tutte le sovrastrutture, si presenta come è, sfatto e dolorosamente madido di sudore, a ricordarci, forse, che l’amore assoluto – sia che venga trasfuso per un altro essere umano, o che sia rivolto al divino – richiede uno sforzo e una dose totale di abnegazione tale a renderlo sacro, come sacro è quel teatro capace di trasmettere tutto questo.
IL CANTICO DEI CANTICI
con Roberto Latini
musiche e suoni Gianluca Misiti
luci e tecnica Max Mugnai
regia Roberto Latini
organizzazione Nicole Arbelli
foto Fabio Lovino
produzione Fortebraccio Teatro
con il sostegno di Armunia Festival Costa degli Etruschi
con il contributo di MiBACT Regione Emilia-Romagna
durata: 60′
Visto a Castrovillari, Primavera dei Teatri, il 3 giugno 2017
anteprima nazionale