“Il teatro in fin dei conti sono dei pensieri che si travestono”: ce lo racconta Silvano Antonelli, direttore artistico di Unoteatro e della Compagnia Teatrale Stilema, probabilmente su suggerimento di un bambino, nel suo ultimo spettacolo, “I brutti anatroccoli”, visto a Torino nella (appena conclusa) XX edizione di Giocateatro, in quella Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di cui abbiamo parlato da poco in occasione del suo decimo compleanno.
Per capire il personalissimo teatro di Silvano Antonelli è possibile leggere “Il Cassetto Aperto. 99 post tra teatro e ragazzi”, pubblicato di recente da Titivillus.
Ma chi non si occupa di teatro ragazzi forse non conosce Antonelli e perché è così fondamentale conoscerne i pensieri.
Antonelli, attore, autore e regista, è fondatore e direttore artistico della compagnia Stilema, ed è senza dubbio una degli artisti più significativi del teatro per l’infanzia del nostro Paese. La sua carriera, influenzata da Gian Renzo Morteo e cominciata nel Teatro dell’Angolo di Giovanni Moretti – sono gli anni ’70, è costellata da spettacoli cult, piccoli capolavori che hanno impreziosito la storia del teatro ragazzi italiano, creazioni che in modo perfetto hanno riunito le due componenti di questa particolare tipologia di arte per la scena: il teatro, appunto, e i ragazzi. Perché l’infanzia, nelle sue creazioni, è sempre presente, nel proprio intimo, col suo essere umano in divenire: un essere umano, però, con un proprio sentire, unico e irripetibile. Che Antonelli conosce benissimo, frequentandolo in decine di laboratori che ogni volta preparano il suo stare in scena.
“Con i bambini non c’è magnificenza che tenga – scrive su “La sensibilità dell’attore” – Devi essere tu che ne percepisci l’emozione e la conduci durante l’arco dello spettacolo. In sostanza tende a non prevalere “l’opera” ma il “rapporto” […] I bambini sono, tecnicamente, degli spettatori “perfetti” […] Non ci sono convenzioni che tengano. Non ci sono consuetudini a cui fare riferimento […]”.
Noi tendiamo a pensare che lo spettacolo sia un prodotto. I bambini ci ricordano in ogni momento che lo spettacolo è un’esperienza.
“Cadeaux” (1985), “Strip” (1990), “Perché?” (1994), “Cappuccetto Arrosto” (1997), “Canzoncine alte così” (2002), “Strip” (2004), “C’è sempre un bosco” (2005), “Storia di un palloncino” (2007), “Ai bambini con le orecchie” (2008), “In mezzo al mare” (2012), “A proposito di Piter Pan” (2014), “I brutti anatroccoli” (2015) rappresentano un vero e proprio percorso nel mondo infantile che cambia ma, al medesimo tempo, pare un universo antico senza regole precise, che lo sguardo adulto non ha ancora contaminato.
Il volumetto “Il Cassetto Aperto. 99 post tra teatro e ragazzi” è quindi un utile strumento per comprendere non solo il suo pensiero ma, ciò che più conta, per capire tutte le ricchezze di un teatro costruito appositamente per l’infanzia, età che viene indagata nei suoi aspetti più intimi e particolari.
E a proposito del libro Antonelli racconta come sia stata “un’esperienza nata quasi per caso, dall’idea di tirar fuori gli appunti raccolti idealmente in tanti anni, e alimentatasi nel tempo dal dialogo coi tanti compagni di strada incontrati. Tanti frammenti come le tante sfaccettature di un’idea di teatro che parte da lontano, che vive nel presente, e che cerca di proiettare nel futuro la propria utopia. Ognuno di noi ha un cassetto nel quale si sono accumulate tante cianfrusaglie: l’idea per uno spettacolo che non farà mai, una riflessione sui massimi sistemi che si vergogna di condividere, una piccola suggestione. Fogli sparsi, bigliettini, appunti. Come tanti pensieri imperfetti. Riflessioni e aneddoti sul teatro, sui ragazzi, sul teatro ragazzi, sul rapporto con la scuola e sul rapporto con la vita”.
Il Cassetto Aperto. 99 post tra teatro e ragazzi
Silvano Antonelli
prefazione di Giovanni Moretti
16 euro (13,60 su Ibs)
Titivillus Edizioni
2015
pp. 240