Un’aria da balera all’ora di chiusura. Sedie in disordine, bicchieri da drink, bottiglie vuote. E poi tanti, tantissimi fiori a terra: macchie di colore accartocciate che brillano in un tutto-nero tridimensionale.
È un’atmosfera tanto evocativa, da non-luogo, quanto esatta e puntuale rispetto ad una estetica gaberiana, quella scelta dal regista Giorgio Gallione del Teatro dell’Archivolto di Genova per la messa in scena de “Il Dio Bambino”, spettacolo interamente in prosa scritto da Giorgio Gaber e Sandro Luporini nel 1993 e presentato al Teatro Pergolesi di Jesi nell’ambito della 12^ stagione di teatro giovani “Live-In”.
Il lungo sodalizio artistico tra Gaber e Luporini ha inizio nei primi anni Sessanta. Frutto della loro collaborazione, oltre ad alcune canzoni indimenticabili, sono alcuni spettacoli di matrice più propriamente teatrale che gli autori hanno “classificato” in due generi: teatro canzone e teatro di evocazione.
Appartengono al primo i famosi recital, spettacoli innovativi all’epoca – gli anni ’70 – che alternano canzoni e monologhi, dove vengono affrontati i più svariati argomenti, dalla famiglia alla coscienza individuale, dalla politica alla religione, con l’intento spingere il pubblico ad interrogarsi sull’oggi. Tra i titoli più famosi “Il Signor G” (1970).
Il teatro di evocazione, invece, contempla spettacoli in prosa che gli stessi Gaber e Luporini definirono come il tentativo, da parte di un solo attore, di narrare una storia a più personaggi: “…non puoi certo raccontare le vicende come se leggessi un libro […] – dichiararono in un’intervista – L’attore, oltre a raccontare, deve rivivere al presente personaggi e fatti […] per rendere vive le situazioni come se stessero accadendo. […] Una tecnica che lascia molto spazio alle riflessioni, cioè ai monologhi”.
Tra gli esperimenti più celebri, “Parlami d’amore Mariù (1986), “Il Grigio” (1988), e “Il Dio Bambino”, una prova più complessa e compiuta anche per il Gaber-attore.
Stavolta a far le veci del ‘cantautoreattore’ è Eugenio Allegri, la cui apparente levità nello stare in scena sarebbe probabilmente piaciuta anche a Gaber e Luporini, che hanno sempre guarnito le tematiche affrontate, anche le più ciniche, spietate o provocatorie, con una sorta di delicato dileggio.
Il titolo non deve trarre inganno perché l’argomento è multiforme e trascina, sempre con misura, a volte su, verso atmosfere briose e spumeggiati, e a volte giù, verso un cinico disincanto.
“Il Dio Bambino” è una storia d’amore, come tante, che si evolve nell’arco degli anni alternando croci e delizie, gioie e dolori, passione e stanchezza. Un viaggio tra gli alti e i bassi della vita di coppia esperiti e raccontati, però, dal solo punto di vista dell’uomo, che s’interroga sulle prerogative di maturità di un uomo vero, non più un bambino cresciuto e coi capelli grigi.
Attraverso un racconto-monologo il protagonista ripercorre la sua storia sentimentale con Cristiana, dal primo incontro in un albergo, quando era la donna dell’amico Gilberto, alla nascita del secondo figlio dopo un periodo di crisi.
In mezzo c’è tutto: l’esplosione della prima passione, l’andare a vivere insieme, la paura della responsabilità dei figli voluti o non voluti, la giovinezza che passa, tradimenti, orrore per l’abbandono, la freschezza di un nuovo possibile incontro e soprattutto “la necessità di risvegliare una persona: la coppia”.
Riuscirà il nostro eroe, alla fine, a portare a casa questo traguardo dell’esistenza – essere uomo – e saldare il conto con ciò che si è lasciato per strada? Forse sì. Probabilmente. Grazie a doti inaspettate e a fatti che ridaranno senso al tutto.
Uno spettacolo misurato e di delicata confezione, che evoca Gaber con alcuni frammenti registrati delle sue canzoni. Una performance garbata in cui si alternano ammiccamenti al pubblico dal sapore un po’ zuccherino a momenti più sudati e intensi. Dopotutto sono tanti gli ingredienti di una storia d’amore, specie se lunga una vita: miele, umori, qualche lacrima e un po’ di placenta.
IL DIO BAMBINO
di Giorgio Gaber e Sandro Luporini
con: Eugenio Allegri
regia: Giorgio Gallione
luci: Aldo Mantovani
realizzazione scene e costumi: Lorenza Gioberti
assistente alla regia: Monica Fondacaro
produzione: Teatro dell’Archivolto
durata: 1h 35’
applausi del pubblico: 2’ 13’’
Visto a Jesi, Teatro Pergolesi, il 22 aprile 2010