Narramondo, l’Acna di Cengio e il fiume rubato. Quando la verdura sapeva di fenolo

Andrea Pierdicca
Andrea Pierdicca
Andrea Pierdicca (photo: narramondo.it)

“Circondario di Savona, Comune di Cengio, 26 marzo 1882. Verbale relativo alla domanda del signor Pessano Giuseppe per essere autorizzato ad impiantare nel tenimento Ponzano, territorio di questo Comune, una fabbrica di dinamite”.

Comincia probabilmente così, con tre righe su carta, l’epica e oscura vicenda che dal 1882 al 1997 ha coinvolto la vita e le lotte di abitanti ed operai della Val Bormida e dell’Acna di Cengio. Un dinamitificio, quello dell’Acna, aperto al confine di Liguria e Piemonte per ragioni di politica strategica, che in cento anni è stato capace di ridurre a irrimediabile “cancro” l’esistenza dell’intera valle, del fiume e delle sue risorse, inducendo la popolazione a impegnarsi in un’opposizione testarda e estenuante che ne fa oggi, a tutti gli effetti, l’ultimo caso riconosciuto di guerra civile italiana.

A leggere queste frasi e a farne memoria viva è ora, in tuta e scarponi, un operaio qualsiasi, interpretato con ardore e accanimento da Andrea Pierdicca, che della storia ci restituisce puntualmente l’evoluzione, disvelandoci, passo per passo, i meccanismi grotteschi di connivenze politiche e interessi economici celati nell’indifferenza di un potere senza risposte, che nella sola paradossale  pianificata oppressione ancora riconosce lo scopo del proprio agire. A farne le spese è come sempre la gente comune che qui, tuttavia, vediamo prontamente tornare a risorgere nelle grida, nei sorrisi e nei ricordi violati d’infanzia di una vita contadina fatta di fango e fatica ma, soprattutto, di affetti e buon senso.

Con rapidità, chiarezza e tormento il nostro affabulatore agilmente si trastulla e si dimena attraverso le parole del pluripremiato libro-inchiesta di Alessandro Hellmann, Cent’anni di veleno, tenendoci incollati alla sedia del piccolo Teatro delle Moline per un ora e quaranta di divertimento e incredulità.
Non mancano, va detto, nella regia di Nicola Pannelli, ammiccamenti continui agli stilemi consueti della narrazione, che tuttavia sembrano superare i limiti della tecnica. Merito di un messaggio la cui importanza ci chiede partecipazione, presenza attiva, che possa farsi testimonianza concreta nel fuori che, ogni giorno, ci ingabbia.

Agli applausi, così, ecco allora che Pierdicca ci invita a restare. Ci sono, su un banchetto a ridosso della scena, il libro di Hellmann, un po’ di miele e del vino che aspettano di essere raccolti. Un piccolo e inaspettato contributo di responsabilità al perpetuarsi della storia, che subito fa esplodere spontanei gli applausi e un po’ di generale vivacità.
Un uomo, all’improvviso, alza la mano. Ricorda quando, da bambino, negli anni ’60, il padre, responsabile all’Usl di Savona, era incaricato ad esaminare, in provetta, l’acqua torbida del fiume.
Il suo unico potere, prosegue, era quello di rilasciare multe. Cinquanta mila lire, ogni volta, l’equivalente allora di millecinquecento euro. Cercarono di dargliene cinquecento ma lui rifiutò e continuò a rilasciarle per anni.
Fermiamoci, qui. Pierdicca ringrazia. “Nel prossimo spettacolo – anticipa – racconteremo anche di un rappresentante dell’Usl che tutti i mesi regalava multe di cinquanta mila lire”.
Basta poco e il teatro si fa vita. Come questo spettacolo semplice, che arriva dritto al punto.

IL FIUME RUBATO
tratto da Cent’anni di veleno di Alessandro Hellmann
regia: Nicola Pannelli
con: Andrea Pierdicca
musiche: Alessandro Hellmann e Yo Yo Mundi
luci: Federico Canibus e Ture Magro
produzione: Narramondo
durata: 1 h 40’
applausi del pubblico: 2’ 10’’

Visto a Bologna, Teatro delle Moline, il 24 novembre 2008

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