Il folk antiesotico di Alessandro Sciarroni, fino all’ultimo spettatore

Folk-s - Sciarroni
Folk-s - Sciarroni
Il Folk-s di Sciarroni (photo: Matteo Mattesani)

Iniziamo col dire che siamo rimasti in sala fino alla fine. Sì, perché “Folk-S”, ultimo lavoro di Alessandro Sciarroni per sei perfomer presentato a Bologna nell’ambito della decima edizione del festival Gender Bender, non ha una durata predeterminata, ma è un meccanismo pensato per procedere a oltranza, che lascia il pubblico libero di andarsene quando crede, ma che va avanti fintanto che ci sia almeno uno spettatore in sala o un danzatore sul palco.

Congegno beffardo, che mescola il rigore della composizione coreografica al virtuosismo della estenuante ripetizione all’infinito e a qualche ammiccamento di troppo, “Folk-S” è il risultato di un processo di decontestualizzazione condotto a partire dallo Schuhplatter, il ballo tirolese e bavarese in cui gli esecutori battono le mani sulle proprie gambe e sulle suole delle scarpe.

Antichissima danza di corteggiamento tutt’oggi praticata e sentita come una tradizione “viva”, lo Schuhplatter viene qui completamente depauperato di qualsiasi connotazione “esotica” (eccezion fatta per l’abito tradizionale tirolese indossato dallo stesso Sciarroni) per divenire puro materiale dinamico, fonte d’ispirazione per la creazione di un modulo ritmico-coreografico sul quale si costruisce l’intero lavoro.

Eseguito a ripetizione, questo modulo diventa un percussivo ‘refrain’ che guida l’azione dei performer, i quali danno vita a una danza fatta di unisoni e di percorsi nello spazio, perennemente rotti e ricomposti, in cui la sequenza coreografica prestabilita da un lato si ripresenta implacabilmente uguale a sé stessa, e dall’altro si lascia perforare da momenti in cui qualcuno si ferma a cercare l’interazione – fugace – con qualcun altro, magari solo per un abbraccio o un cenno d’intesa.

Sin dal principio tutto è fin troppo chiaro. Percepiamo l’intento di questa operazione che separa la logica coreografica contenuta in una danza tradizionale da stereotipi e superficiali esotismi, ma avvertiamo subito come il meccanismo spettacolare esaurisca ben presto la propria energia, la quale – e forse questo è l’elemento di maggiore interesse dell’intero lavoro – passa più attraverso la dimensione sonora che non mediante quella visiva: la danza di “Folk-S” è fatta tutta di ritmo e percussività, ma si spegne ad ogni ripetizione senza acquisire fascino, potenza e  spessore.

A crescere progressivamente è però una sorta di folle tenacia degli interpreti, che sembra spingerli ad andare ciecamente oltre i propri limiti, restando in scena finché se ne ha la forza e, man mano che la stanchezza e il sudore aumentano, anche a strizzare l’occhio al pubblico, rendendolo pericolosamente complice e amico. Ecco allora che il rigore della coreografia gira sempre più vuoto, rovesciandosi nel suo contrario, lasciando emergere un virtuosismo e una fatica sempre più palesi. Una fatica che è troppa, ma non basta.

FOLK-S – Will You Still Love Me Tomorrow?
invenzione, drammaturgia Alessandro Sciarroni
folk-dancer, interpreti Marco D’Agostin, Pablo Esbert Lilienfeld, Francesca Foscarini, Matteo Ramponi, Alessandro Sciarroni, Francesco Vecchi
suono Pablo Esbert Lilienfeld
video e immagini Matteo Maffesanti
disegno luci Rocco Giansante
durata: 1h 30′
Applausi del pubblico: 2’

Visto a Bologna, Teatro Arena del Sole, il 30 ottobre 2012

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