Il gesto corale di Doriana Crema

Doriana Crema

 

Doriana Crema
Doriana Crema

“Quello che cerco nel seminario è di mettere a fuoco dettagli diversi della materia ‘corpo/espressione’. Il punto che accomuna qualsiasi dettaglio io stia osservando è la relazione dell’attore/danzatore con lo stato di presenza, dalla quale può, più consapevolmente, osservare e scegliere ciò che sta agendo”.

Con queste parole Doriana Crema descrive il lavoro che ha condotto per sette giorni con un folto gruppo di performer, scaturito nella rappresentazione Il gesto e la sua presenza nello spazio scenico.

Una coralità di individui, a volte disorganizzata, si muove in uno spazio difficilmente circoscrivibile (e poco comprensibile, dato il rumore in cui è inserito). A turno un soggetto (che dalla massa si distingue, avanza e si pone di fronte allo spettatore) cerca, attraverso un microfono virtuale, di comunicare qualcosa. Un sospiro, una parola, una risata, un urlo, una frase, un ripensamento, un inciampo nascono da queste particelle che cercano la propria singolarità.
Nel frattempo il coro reagisce, si articola, ingloba e rifiuta.
Come la piccola particella di sodio della famosa acqua diuretica, la performance termina con: “Qualcuno mi sente? C’è nessuno?”, sfumato dalle stesse note che hanno, pochi minuti prima, aperto lo spettacolo.

La danza, nella sua espressione performativa e contemporanea, reca in sé, spesso, due evidenti limiti espressivi: il primo è la mancanza di una coerente drammaturgia e il secondo l’assenza di ironia, anche autoreferente.
Nel lavoro di Doriana Crema, che non si avvale in questo caso solo di performer professionisti, il secondo limite espressivo è ampiamente superato. Il primo, a tratti, risulta invece abbastanza disturbante.
L’obiezione più efficace potrebbe essere che il lavoro proposto è soltanto il risultato di un laboratorio volto ad indagare la relazione tra il corpo e l’espressione, oltre che il rapporto tra l’azione e la presenza, la stasi. Spesso estetismo e tecnicismo puri non riescono a portare con sé un messaggio forte, all’opposto di molto teatro contemporaneo che risulta talvolta perfino strabordante di contenuti a fronte di una tecnica deficitaria.
Crema riesce ad inserire in un contesto spettacolare un solo messaggio, chiaro, descrittivo e forte. In questo senso un punto di rottura rispetto al resto dell’espressività del teatrodanza.
Purtroppo, però, questo messaggio non viene né completamente percepito dal pubblico né completamente esplicitato dai performer.
Viene da chiedere, ogni volta che il soggetto di turno si avvicina al finto microfono “Cosa vuoi dire? Ti ascolto. Su, dai…”. E purtroppo la risposta è ovvia, oppure si nasconde per timidezza.

Bene. Sono contento per chi ha fatto il laboratorio, in quanto, ora, conoscitore di  profonde essenze dell’essere indagate lungamente. Ma l’agire non è frutto molte volte di un istinto?
Questo istinto ingabbiato ed incatenato in approcci coreutici risulta di difficile comprensione, di faticoso assorbimento. E’ un agire taumaturgico, terapeutico, termale.
Ma per chi lo fa. Meno per chi lo riceve.
Il percorso che porta un operaio dell’arte al superamento di un livello di consapevolezza può divenire di dominio pubblico od andrebbe, forse, relegato e conservato nel silenzio della propria coscienza, nel silenzio del proprio agire?
A volte è difficile rimanere anonimi.

IL GESTO E LA SUA PRESENZA NELLO SPAZIO SCENICO
performance a cura di Doriana Crema
con i 20 danzatori partecipanti al workshop tenutosi dal 10 al 16 settembre 2008
in collaborazione con La Dimora Coreografica
durata: 20’
applausi del pubblico: 1’ 55’’

Visto a Torino, spazio esterno al Teatro Vittoria, il 17 settembre 2008
La Piattaforma 2008

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