Il debutto quest’estate al Festival di Teatro Antico di Veleia, che lo ha prodotto
César Brie torna a Veleia per due appuntamenti a chiusura del cartellone della stagione estiva 2024.
Il primo è la ripresa, nuovamente sold out, dello spettacolo dello scorso anno, “Anchise”, mentre il secondo, in prima nazionale, è “Il Lago dell’Oblio”, prodotto dallo stesso Festival di Teatro Antico.
Le due performance sono strettamente connesse e costituiscono un dittico intorno all’Eneide.
L’attore, regista e drammaturgo argentino, nel corso del suo lungo percorso artistico, ha esplorato a fondo i grandi testi dell’epica classica: nel 2000 ha affrontato l’Iliade, quasi dieci anni dopo l’Odissea, realizzando con il Teatro de Los Andes due spettacoli che sono entrati nella storia del teatro contemporaneo.
Questo ritorno ai classici dopo diversi allestimenti legati alla storia sociale e politica dei nostri tempi è in realtà un prosieguo della ricerca artistica che lo contraddistingue.
Se le tematiche che tanto hanno catturato il pubblico di Anchise ponevano l’attenzione sul padre del protagonista, profugo e naufrago che fa i conti con l’invecchiare e l’avvicinarsi della morte, la seconda performance si concentra su una particolare rilettura del sesto canto dell’Eneide, la discesa agli Inferi.
Ad affrontare questo particolare viaggio sono innanzitutto gli spettatori. L’accesso all’area spettacolo, ovvero l’antica cisterna-anfiteatro riscoperta proprio in quest’ultima edizione del festival, è già un momento performativo. Il pubblico prende posto facendo lo stesso tragitto degli attori, attraversando la scena dal fondo e “profanando” così il luogo dell’azione.
Un primo atto simbolico che azzera le differenze tra chi guarda e chi è guardato, perché tutti, per arrivare lì dove sono, hanno dovuto compiere un percorso. L’accesso agli inferi è però differente rispetto all’iconografia alla quale siamo abituati.
L’impianto scenico ideato da Gonzalo Callejas si costruisce sul bianco dominante di quinte, fondali e strutture, tutte mobili e azionate direttamente dagli attori, anch’essi vestiti di bianco. Una cornice celestiale o paradisiaca più concreta che astratta. Funi, contrappesi, vele morbide semitrasparenti contribuiscono a creare un ambiente simile ad una nave d’altri tempi, all’interno della quale l’equipaggio ha pari dignità. Non esiste un reale dietro le quinte nell’imbarcazione capitanata da Brie, lui stesso è impegnato a far muovere gli elementi scenografici in un meccanismo quasi perfetto, insieme al suo gruppo di giovani interpreti. Un mezzo di trasporto metaforico e autosufficiente che si fa carico della platea per portarla con sé altrove.
L’idea che la regia ci rimanda è di un mondo “altro”, strettamente connesso con quello dei viventi. Probabilmente la messa in scena ci vuole restituire quello che i vivi credono sia, per loro, il mondo dell’aldilà. Il viaggio di Enea è quindi scandito dagli incontri. Il rimando al viaggio dantesco è quasi inevitabile. Sono i reali protagonisti del Lago dell’Oblio.
Le parole che affidano all’eroe, seppur inficiate da una (solo apparente) perdita di memoria, raccontano della loro vita e delle cause per le quali si trovano lì. César Brie mescola con la sapienza che gli è propria i personaggi classici con altre figure, appartenenti al contemporaneo e non presenti nel testo d’origine.
Il suo allestimento è una vera e propria riscrittura coraggiosa, i cui intenti sono apertamente denunciati in un ironico prologo iniziale nel quale il regista immagina a colloquio Virgilio e Omero.
I due autori diventano le guide del viaggio e stemperano l’intensità del racconto con divertenti battibecchi incentrati su chi sia stato il reale inventore della storia e chi, invece, abbia tratto semplice ispirazione dalla genialità altrui.
L’esperienza profondamente umana di Enea è invece tutt’altro che ironica, e viene scandita da emozioni e immagini potenti. Molto intensa la definizione del personaggio di Didone, amata dall’eroe e ritrovata dopo il suicidio. La donna, coperta di sangue, dà vita, non troppo prima, al terribile agito di fronte agli spettatori.
La scena si macchia di un rosso vivo e indelebile che contraddistinguerà il tutto fino alla fine. Torna anche la figura di Anchise, interpretato dallo stesso Brie, per un ultimo avvicinamento al figlio prima della separazione definitiva e l’abbandono al suo destino.
Molte sono le tematiche che lo spettacolo riesce a portare indirettamente a galla, facendo affidamento su un gruppo di interpreti (Davide De Togni, Tommaso Pioli, Annalesi Secco, Alessandro Treccani, Laura Taddeo, Anna Vittoria Ferri) affiatato e ben diretto. Il rapporto con i defunti, il destino dell’uomo e le conseguenze dei suoi comportamenti, i conflitti e la guerra, senza tralasciare il fondamentalismo religioso e la speranza di una soluzione ultraterrena ai grandi interrogativi dell’esistenza. Tamburi e fiati entrano in punta di piedi nella trama e rinsaldano un’antica amicizia artistica tra César Brie e Lucas Achirico.
Il lago dell’Oblio
testo e regia César Brie
scenografia Gonzalo Callejas
musica e musico in scena Lucas Achirico
con César Brie, Davide De Togni, Tommaso Pioli, Annalesi Secco, Alessandro Treccani, Laura Taddeo, Anna Vittoria Ferri
produzione Festival di Teatro Antico di Veleia
durata: 1h circa
applausi del pubblico: 3′ 59”
Visto al Festival di Teatro Antico di Veleia il 19 luglio 2024
Prima nazionale