Il Maleficio acerbo di Alessio Maria Romano

Il maleficio
Il maleficio
Il maleficio di Alessio Maria Romano
Di questi tempi, si sa, il pubblico va conquistato spiazzandolo. E se la sperimentazione destabilizza ormai soltanto le vecchie generazioni (“sul palco?” è il commento di una signora mentre viene fatta accomodare al suo posto dall’assistente di sala), quelle nuove se ne compiacciono, come se la ‘boutade’ potesse talvolta valere più dell’opera in sé.

Sicuramente le scelte intraprese da Alessio Maria Romano nel suo nuovo lavoro “Il Maleficio”, ispirato all’opera omonima di Federico Garcìa Lorca e debuttato il 29 ottobre al Teatro Sala Fontana di Milano, colpiscono.
A cominciare da quella di far disporre in pubblico in fila indiana, di farlo salire a turno (e con selezione a discrezione) sulle scalette che portano al palco, dove l’assistente di sala, dopo aver sussurrato ad ognuno di poter “scegliere cosa e chi vedere, ascoltare e immaginare”, consente di varcare l’ostacolo del sipario chiuso.

Una volta entrati si è avvolti dalle note di una vecchia canzone d’amore anni anni Venti e soprattutto accolti (o travolti) dall’attore in smoking che, prendendoci per mano o concedendoci qualche passo di danza a due, ci fa accomodare su una delle sedie disposte a cerchio ai lati del palco.

L’atmosfera è suggestiva, anche se precaria e spartana. E lo spettacolo inizia sul serio quando svanisce la melodia e subentrano i rumori di insetti. Perché la commedia di Lorca parla di animaletti, e nello specifico di uno scarafaggino poeta che si innamora di una farfalla e pagherà l’errore di aver desiderato qualcosa di “molto lontano dalla sua vita” con la morte.
Una favola allegorica-zoomorfa con cui Lorca, trasponendo in chiave drammaturgica un personale disagio esistenziale, ci avverte su quanto la poesia, così come l’amore, quello incondizionato e indipendente dalle convenzioni sociali, possano essere pericolosi.

E, in uno strano meccanismo che ha del paradossale, Romano ce ne dà la pura dimostrazione. Spinto dal desiderio, forse eccessivo, di celebrare il poeta spagnolo e di riesumare sia la travagliata vicenda del “fiasco” della prima de “Il Maleficio della Farfalla” quanto l’inquietudine interiore di Lorca, finisce per trasformare il suo lavoro in un esercizio di stile, di vanità. Dove le intenzioni e le intuizioni, pregnanti ma sovraccariche di emotività, non trovano sempre la giusta realizzazione.

Mentre una voce registrata recita passi della commedia lorchiana, l’attore si muove all’interno del risicato spazio scenico danzando, dimenandosi, sfiorando i corpi degli spettatori e “giocando” con delle lampadine che creano effetti di luce e ombra.
La sua performance enfatizza la drammaticità del testo ma, specialmente in alcuni momenti, sembra quasi superflua. Così come inutile sembra la nostra, di presenza, chiamati ad assistere ad un dramma che appare in fin dei conti una questione personale. A meno che l’autore, attraverso questa dicotomia nel rapporto col pubblico (con il quale cerca un contatto fisico senza coinvolgerlo realmente e anzi facendolo sentire estraneo e quasi indesiderato) non volesse intenzionalmente esprimere quella conflittualità e distanza che separava Lorca dall’umanità.

Romano ci propone un lavoro che è il risultato di una riflessione profonda sia a livello contenutistico che formale, e che nasce dalla volontà di unire danza, teatro e radiofonia scindendoli all’interno dello stesso contenitore e dando un peso maggiore all’ascolto piuttosto che alla visione. Ma di fatto lo spettacolo richiede un perfezionamento, volto soprattutto a calibrare maggiormente i vari elementi usati, e a sfruttare con maggiore incisività e significato la performance scenica. Una maturazione a cui l’attore, che ha alle spalle molte esperienze (fra cui diverse collaborazioni con Luca Ronconi), ma alla sua prima opera autoriale, sarà certo in grado di approdare.  

IL MALEFICIO
da “il maleficio della farfalla” di F.G..Lorca
di e con: Alessio Maria Romano
sound designer: Davide Tomat
luci: Matteo Crespi
assistente: Elisa Galvagno
registrato presso il SuperBudda Studio di Torino nel Novembre 2011
produzione: PROXIMA RES in movimento

durata: 45’
applausi del pubblico: 1’ 20’’

Visto a Milano, Teatro Sala Fontana, il 29 ottobre 2013


 

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