Il Road Movie di Mabellini: coast to coast negli States di Hamilton. Intervista

Angelo Di Genio in Road Movie (photo: Manuel Scrima)
Angelo Di Genio in Road Movie (photo: Manuel Scrima)

Sandro Mabellini, regista e autore che conosciamo per aver visto tra gli altri allestimenti una bella, contemporanea e significante messa in scena del “Cappuccetto rosso” di Joel Pommerat, ripropone in questi giorni al Teatro dell’Elfo di Milano (fino al 7 febbraio), dopo il debutto di due anni fa, “Road Movie”, fortunato monologo scritto da Godfrey Hamilton che vinse nel 1995 il Fringe First Award al festival di Edimburgo, e che è stato rappresentato oltre che in Italia anche negli Stati Uniti e in molti Paesi europei.

Testo e spettacolo ci proiettano direttamente nell’America degli anni Novanta, raccontando il viaggio attraverso il Paese – di cinque giorni – compiuto dal trentenne gay Joel per incontrare Scott, giovane poeta hippie, a cui non è mai riuscito ad esternare sino in fondo il suo amore.

Sono gli anni assai tragici in cui gli Stati Uniti da una parte devono ancora fare i conti con le ferite brucianti della guerra in Vietnam e dall’altra con la piaga dilagante dell’Aids, che mieteva già migliaia di vittime soprattutto tra gli omosessuali.

Il testo di Hamilton esprime benissimo tutto il disagio presente nella società americana di quegli anni, costellando il viaggio di Joe tra Atlantico e Pacifico di incontri che lo mettono a confronto con una umanità dolente, costituita da uomini e donne che devono in vario modo venire a patti con la lenta dissipazione delle relazioni più care.

Lo spettacolo, in questo modo, pone coraggiosamente in parallelo il Vietnam e l’Aids per parlare di amore e perdita di affetti in un contesto e in una società che ha bisogno di nuove certezze. Forse esattamente come la nostra, una società che nello stesso tempo ha smarrito inconsciamente la consapevolezza di poter ricordare gli orrori di una malattia che miete ancora migliaia di vittime.

Solo in scena, Angelo Di Genio, che avevamo già visto in “The History Boys” e nell’interpretazione di Biff Loman in “Morte di un commesso viaggiatore”, spettacoli che hanno segnato le ultime stagioni dell’Elfo, interpreta, anzi vive, tutti i personaggi presenti nello spettacolo, dialogando in scena al contempo con il violoncello e il pianoforte di Antony Kevin Montanari, su musiche originali di Daniele Rotella, che sottolineano gli umori e le atmosfere.

In occasione della riproposta di “Road Movie” al Teatro dell’Elfo, abbiamo incontrato Sandro Mabellini per approfondire con lui il senso dello spettacolo e in generale del suo lavoro.

Che senso ha, per te, riproporre uno spettacolo sull’Aids oggi, cosa che peraltro anche Teatridithalia aveva fatto con successo con “Angels in America”?
Proporre oggi un testo scritto negli anni ‘90 incentrato sulla tematica della contrazione del virus dell’HIV è (anche) una volontà di dare al teatro una funzione sociale, informativa. Molti giovani non sono per niente a conoscenza del problema, ma il rischio di contrarre il virus esiste tutt’oggi, come oggi esistono delle cure che permettono di non morire di Aids. Ma l’informazione e la prevenzione sono necessarie, e lo spettacolo può essere un impulso in questa direzione.

Ma “Road Movie” è veramente uno spettacolo sull’Aids? O vuole esprimere anche altro?
“Road Movie” non è solo uno spettacolo sull’Aids. Racconta anche una storia d’amore. E vorrebbe essere una dimostrazione che il teatro può anche fare a meno di tutto, tranne che degli attori, in questo caso dell’attore. Lo spettacolo vorrebbe in qualche modo esprimere il mio amore per la vita, per le relazioni umane, per gli attori. Non credo alla finzione, e cerco di trovare una forma che la renda sempre più marginale in uno spettacolo.

Che America attraversa Joel?
Joel attraversa un’America devastata dal senso di colpa della guerra del Vietnam e dal periodo di scoppio del virus. E’ un’America materialista e repubblicana, in cui i valori fondamentali sono il denaro e il successo pubblico.

E’ cambiata oggi quell’America?
Oggigiorno quell’America non c’è più in gran parte, ma rimane lo stato in cui c’è il più alto numero di detenzione di armi da fuoco, in cui vigono comunque molte ingiustizie, soprattutto a livello sociale ed economico.

Come hai lavorato con un attore così duttile come Angelo Di Genio?
Con Angelo, che trovo un attore straordinario nel talento e nella prontezza, ma anche nella duttilità come suggerisci tu, ho lavorato molto in funzione della sua performance. Ho cercato di costruire su di lui una griglia “aperta” dove potesse far vivere tutti i personaggi che interpreta, utilizzando pochi elementi scenici ma molto essenziali alla narrazione.
Ho cercato da una parte di guidarlo in modo molto preciso, sia a livello fisico che vocale che “animistico”, ma nello stesso tempo di ascoltare e accogliere molte delle sue proposte, spesso più interne allo spirito del lavoro delle mie stesse proposte.
Ho lavorato corpo a corpo con l’Angelo uomo, attore, personaggio, cercando di fargli prendere confidenza in questo gioco acrobatico dall’inizio alla fine della rappresentazione.

“Road Movie” è uno spettacolo composto anche di suoni e luci. Come ti sei mosso in questo senso?
Il suono del violoncello, e poi quello del pianoforte, è nato dall’esigenza di rendere fisico lo spazio dello spettacolo. Non essendoci praticamente niente in scena, ed essendo lo spettacolo un “Road Movie”, l’unico modo – a mio avviso – per dare corpo alla scena era la presenza del suono eseguito dal vivo, che rimanda immediatamente a luoghi e ambienti precisi.
La funzione della luce, praticamente un occhio di bue che segue il protagonista per tutta la rappresentazione, è quella di indirizzare lo sguardo dello spettatore sull’azione, come se fosse lo sguardo “voyeristico” di una telecamera, che spia nella vita di un povero cristo come Joel.

Che progetti hai in cantiere?
A marzo creerò uno spettacolo per bimbi prodotto da Accademia Perduta Romagna Teatri, che proverò al Festival di Santarcangelo, intitolato “Valentina e i giganti”. Alla fine dell’estate dovrei debuttare con la versione di “Trainspotting” di Wajdi Mouawad tradotta da Emanuele Adrovandi, mentre a novembre il Théatre de la Vie di Bruxelles mi produrrà “Cloture de l’amour” di Pascal Rambert. Infine, un progetto per il 2017 è una nuova versione dell’Antigone che sarà scritta da Deborah Gambetta.

Road movie
di Godfrey Hamilton
traduzione Gian Maria Cervo
regia Sandro Mabellini
violoncello Piero Salvatori
con Angelo Di Genio
produzione Beat 72 / Quartieri dell’arte

durata: 1h 45′

Visto a Milano, Teatro dell’Elfo, il 3 febbraio 2016

stars 3.5

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