Il Sentiero degli artisti: il cammino performativo di Laagam tra i boschi della Valtellina

Ph: Antonella Catalano
Ph: Antonella Catalano

Lungo l’itinerario naturalistico della Decauville, pillole di spettacolo con letture sceniche, musica, danza, performance e circo contemporaneo

Un meeting itinerante tra natura, cibo e soprattutto arte. È tra le felci, i castagni, le querce e le conifere delle Orobie che intraprendiamo “Il Sentiero degli artisti”, cammino teatrale lungo il viottolo che unisce Gaggio al Dosso del Grillo, in Valtellina.

Rami d’ORA e Collettivo Laagam (Erica Meucci, Flora Orciari e Riccardo Olivier) ripropongono a 1.000 mt d’altitudine una ricca giornata di spettacoli lungo la Decauville delle Orobie Valtellinesi.
Ormai in disuso, la Decauville era una ferrovia che collegava una volta dighe e bacini della zona, su cui viaggiavano materiali e persone. Di quei binari sopravvivono pochi resti, cancellati dal tempo e dalla ruggine. Il sentiero è ora adatto a sportivi ed escursionisti. Anche bambini, anziani e persone con disabilità possono farvi trekking.
Ed è proprio l’inclusività la cifra di questa esperienza. Le joëlette (carrozzine fuoristrada monoruota) messe a disposizione dall’associazione dappertutto OdV, e la presenza di interpreti LIS (Lingua dei Segni Italiana) consentono di partecipare anche a persone con difficoltà motorie.

Domenica 22 settembre la Valtellina realizza la staffetta tra l’estate e l’autunno. Quest’edizione del “Sentiero degli artisti” parte alle ore 10 dal bacino di Gaggio aperto da Edison (proprietaria dell’impianto) e giunge al Dosso del Grillo, con rientro in serata alle 18. In complesso, una dozzina di chilometri, interamente pianeggianti.
Giornata uggiosa. Brume di Lombardia, ma una temperatura ancora gradevole. Tempo di funghi e castagne. Scarpe comode e niente cuffie, solo il suono della natura. Nessuna regola rigida: durante la camminata si può anche chiacchierare. Tragitto artistico e solidale. Nessuna marcia forzata: procediamo distesi, senza ansia. Cespugli e pietre non sono mai invalicabili. Non ci si impantana nel poco fango, residuo della pioggia dei giorni scorsi. L’erba è fresca. La brezza accompagna questo pellegrinaggio artistico.

Prima fermata all’insegna dell’ecologia. Paola Pradella propone la lettura di “La signora Meyer e il merlo”, di Wolf Erlbruch. Il libro mette al centro una normale coppia di sposi: lui paziente e conciliante, con un quid di fatalismo sornione; lei cupa e ipocondriaca. I due troveranno il perfetto equilibrio quando adotteranno un piccolo merlo. L’istinto genitoriale può esprimersi anche accudendo degli animali. La signora Mayer supererà le proprie fobie insegnando a volare al piccolo merlo, volando a sua volta sopra i propri limiti e timori. Immagini e suggestioni per una riflessione pacata e surreale, che ci aiuta e deporre stress e assilli, e a trovare leggerezza e sorrisi subito all’inizio del viaggio.

C’è spazio anche per spiritualità dei boschi (all’andata), tra muschi e licheni; oppure tra le rocce ardite (al ritorno) di uno scorcio di paesaggio spoglio, quasi lunare. Katia Della Fonte in “Quadri in micropassi” interagisce con la natura del territorio in maniera subliminale. Una lentezza solenne. Una spiritualità orientale, evidenziata anche dalla scelta dei costumi, mai invasivi, che nella simbiosi con gli spazi paiono dissolvere come in uno sfumato leonardesco. Anche la musica, avvolgente come nebbia, puntiforme come gocce d’acqua, avvia la fusione con l’ambiente e i suoi misteri: incontra lo spirito brancolante dei boschi; dialoga con l’anima severa e spigolosa delle rocce.

Riscontriamo la stessa cura nel concerto “Natura ipnotica”. Alessandro De Simoni e Francesca Coizet creano una fusione polifonica tra paesaggio, strumenti ed elementi. Anche qui nulla di invasivo. Corde, piatti, percussioni minimaliste dilatano il mormorio di cespugli, alberi e vento. Il concerto è uno zefiro che contamina il pubblico, coinvolto in una sorta di training autogeno collettivo. Note, ritmi e timbri diventano performance spontanea attraverso le didascalie LIS, che risuonano come contrappunto danzato. Lentamente, questa musica ambient acquista corporeità attraverso l’uso di flauti e fisarmonica. È una solidità onirica che presto si trasforma in nenia, in una ninna nanna en plein air che strega gli uccelli in volo e oscilla come le foglie sui rami.

Con “Achilléa”, Giulia Battaglione e Matteo Casella coniugano danza e giocoleria. L’equilibrio tra corpo e oggetti interroga lo spazio. L’achillea è una pianta a ombrello dai fiorellini bianchi, in un tempo remoto usata per medicare le ferite da taglio in battaglia. Incontriamo la duplice identità di quest’erba, la forza e la delicatezza, la ruvidità e la levigatezza. L’interazione tra i due artisti è un equilibrio di contrappunti, simmetrie irregolari, discrepanze convergenti. È un flusso agile e veloce, che dà spazio alla magia dell’identificazione. Battaglione danza. E danza anche Casella, circense contemporaneo che utilizza palline e un mazzo di fiori secchi in un rimbalzo poetico. I due performer si fondono, diventano gemelli siamesi. Istituiscono poi il legame con il pubblico quando regalano fiori ai bambini, spettatori in erba.

Gli spettatori si connettono tra loro invece lungo tutto il percorso, in silenzio o dialogando, oppure avvicendandosi al trasporto delle joëlette. L’unione si consolida nella pausa pranzo all’Osteria Dosso del Grillo, dove gustiamo la tipica polenta taragna accompagnata da formaggio, oppure da salsiccia o stinco o costine. Dulcis in fundo, dessert a base di mirtilli.

Ph: Antonella Catalano
Ph: Antonella Catalano

Dopo il pasto, ripartenza con Camilla Cason, che nella performance “Partire da una tarantola” disfa come Penelope una grande tela di ragno, e crea un collegamento fra presente e passato, fra arte e terra, fra una Valtellina mitica proiettata nei vapori dell’autunno e un Sud assolato e non troppo arcaico, che usava il morso della tarantola come pretesto per una danza femminile incontrollata e liberatoria. Guidata da un canzoniere grico che avvicina la pizzica al fado, il Salento alla montagna, Cason sprigiona il corpo attraverso una danza viscerale e terrigna che frantuma la tradizione. La danzatrice libera tronco, braccia, testa e i lunghi capelli in un cerimoniale pagano che contamina gli spettatori, risucchiati in un vortice spirituale e animale.

La marcia riprende. Ognuno cerca silenzi e dialoghi interiori. Chiusura con Riccardo Olivier e Diana Anselmo, che performano la propria biografia e il proprio ritratto intimo e professionale. E attraverso un questionario rivolto a noi spettatori, smascherano stereotipi e pregiudizi.

Percorriamo l’ultimo tratto del sentiero che ci riporta al punto di partenza. Torniamo dove eravamo, eppure ci sentiamo diversi: rigenerati dal contatto con la natura; contaminati da un’arte usata non come vetrina, ma come tributo al paesaggio e riconoscimento della sua maestosa bellezza.

Collettivo Laagam / ORA – Orobie Residenze Artistiche
con il sostegno di Comune di Piateda, Fondazione Cariplo, Regione Lombardia
in collaborazione con Comune di Ponte in Valtellina, Dappertutto ODV, ENS Milano, Forme Cooperativa Sociale
presentano Rami d’ORA lungo la Decauville – Il Sentiero degli artisti
giornata accessibile di arti performative in quota

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