Al Vie Festival, in prima nazionale, lo spettacolo sulla necessità di ritrovare delle utopie per salvare il nostro mondo oggi
Difficile giudicare, e forse anche raccontare in ogni particolare, “Imagine”, lo spettacolo fiume di 5 ore, diviso in due parti assai dissimili tra loro, di Krystian Lupa, presentato per il Festival Vie 22 a Modena in lingua originale con i sottotitoli.
Come si evince dal titolo, il celebrato maestro polacco, oltre che regista anche drammaturgo e pedagogo, parte dalla famosa canzone di John Lennon, con il suo testo colmo di speranza, per realizzare una vera e propria fantasmagoria scenica con al centro, di rimando, la nostra disillusione per la perdita – avvenuta nella società contemporanea – di tutto l’immaginario incarnato in quella creazione.
“Imagine”, con le sue parole, esprimeva infatti alla perfezione la vera e propria rivoluzione culturale che avvenne a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, e di cui si nutrirono anche i movimenti legati alla New age. “Immaginate che non ci siano patrie. Non è difficile farlo. Nulla per cui uccidere o morire. Ed anche alcuna religione. Immaginate tutta la gente che vive la vita in pace”.
Queste erano alcune delle speranze che Lennon lanciava al mondo.
Ma cosa è rimasto, oggi, di quell’esortazione dell’artista statunitense, che morì ucciso da un suo fan?
Forse nulla, se proprio in questi mesi una nuova guerra, feroce e insensata, sta uccidendo centinaia di persone.
“Putin è il Dio della trasformazione dell’uomo in una carabina” viene infatti esplicitato in un momento dello spettacolo.
Nulla è restato oggi di quella fantasia visionaria, se anche il concetto di utopia è stato bandito da un mondo che non ha più voglia di cambiare le cose, e in cui solo il Dio Denaro conta.
Di tutto ciò, di quei tempi lontani pieni di speranze e delle nostre disillusioni, si parla nella prima parte dello spettacolo, in cui un gruppo di persone sono radunate in casa da Antonin, personaggio in cui è facile ravvisare Artaud, persone che hanno vissuto quella meravigliosa esperienza, e che ora vivono persi in un’esistenza senza particolari speranze di cambiamento, dove ognuno si chiede cosa avrebbe potuto fare e non ha fatto, mettendo in gioco anche sé stesso.
Ne seguiamo i ragionamenti, le varie posizioni, mentre su grandi schermi appaiono Lennon e i Beatles; al contempo ci tornano in mente le performance del Living Theatre, mentre si recita “Urlo” di Ginsberg, e ancora si evoca il filosofo polacco Zygmunt Bauman, che realisticamente ammoniva: “Il sogno in quanto tale non cambia molto le cose. E non vale la pena di perderci tempo”.
Karolina Adamczyk, Grzegorz Artman, Michal Czachor, Anna Ilczuk, Andrzej Klak, Michal Lacheta, Mateusz Lasowski, Karina Seweryn, Piotr Skiba, Ewa Skibinska, Julian Swiezewski e Marta Zieba si muovono come accade ne “L’angelo sterminatore” di Luis Buñuel, in un vortice di pensieri e rimandi in cui coccolarsi, mentre fuori il mondo va a scatafascio. Perché non sono bastate le parole per cambiarlo, il mondo, non sono bastati quei sogni affinché si potesse avverare una società migliore.
Finché, nel finale della prima parte, appare in carne ed ossa lo stesso John Lennon, e tutti i personaggi presenti si mettono ad adorarlo come un nuovo Cristo, quasi mangiandoselo, come una vera e propria ostia divina. Ma non è con questa apparizione che terminano le prime due ore e mezzo dello spettacolo, bensì con il suicidio di Antonin che, forse disilluso per un presente che non avrebbe mai preconizzato, si getta dal balcone.
Lo spettacolo, nella seconda parte, cambia radicalmente aspetto: al centro vi è la figura del suicida che, redivivo, si ritrova in un mondo parallelo, desertico, ricostruito visivamente in video, con i primi piani degli attori ripresi a circuito chiuso. Qui fa diversi incontri, tutti tesi a dimostrare l’insensatezza del mondo in cui viviamo, con gli attori che avevamo conosciuto nella casa di Antonin ora diventati profughi, immessi in un mondo di rovine, ma anche con gli spettri di Auschwitz e Norimberga ad aleggiare su tutto.
Momento centrale di questa seconda parte è l’arrivo di una grande farfalla/cavalletta, simile ad un’astronave, da cui scendono due marziani con cui Antonin, con qualche difficoltà, riuscirà a comunicare la sua disperazione. Saranno loro a portarlo via, riconsegnandolo poco dopo alla terra, trasformato in donna. Forse per comunicarci una speranza: il mondo potrebbe essere migliore se fosse governato dall’essere femminile.
“Imagine” risulta uno spettacolo a tratti interessante e non banale, che invita a riflettere su passato, presente e futuro, governato in scena da una serie di ottimi attori che si prestano agevolmente alla maestria di Lupa. Tuttavia il gioco scenico risulta spesso non omogeneo ed inutilmente (eccessivamente) dilatato.
IMAGINE
regia e scenografia Krystian Lupa
testo Krystian Lupa e creazione collettiva degli attori
musica Bogumił Misala
costumi Piotr Skiba
con Karolina Adamczyk, Grzegorz Artman, Michał Czachor, Anna Ilczuk, Andrzej Kłak, Michał Lacheta, Mateusz Łasowski, Karina Seweryn, Piotr Skiba, Ewa Skibińska, Julian Świeżewski, Marta Zięba
voce fuori campo Krystian Lupa
responsabile di produzione Karolina Pawłoś, Michalina Dement-Żemła
video Joanna Kakitek, Natan Berkowicz
assistente alla regia e collaboratore alla drammaturgia Dawid Kot
assistente alla regia Jan Kamiński
responsabile di palco Iza Stolarska
assistente ai costumi Aleksandra Harasimowicz
traduzione in italiano Marzenna M. Smolenska
traduzione in inglese Artur Zapałowski
coproduzione Teatr Powszechny Varsavia, Teatr Powszechny Łódź
Lo spettacolo è realizzato all’interno del Progetto internazionale “Prospero Extended Theatre”, grazie al supporto del programma “Europa Creativa” dell’Unione Europea
Lo spettacolo è consigliato ad un pubblico adulto
Durata: 4h 45′ più intervallo
Visto a Modena, Teatro Storchi, il 16 ottobre 2022
Prima nazionale
Éditions Actes Sud, 2016
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