Incanti 2016 chiude tra figure d’ombre e resistenze femminili

I Naufragi di Controluce Teatro d'Ombre|SoloS di Ymedio Teatro|Sorry
I Naufragi di Controluce Teatro d'Ombre|SoloS di Ymedio Teatro|Sorry

E’ una gioia ritrovare Marta Cuscunà a Torino. E dobbiamo ringraziare la rassegna di teatro di figura Incanti per averla ospitata in questa sua XXIII edizione.
La Cuscunà cresce, come le date del tour che la stanno portando in giro in Italia e all’estero (a maggio ha rappresentato l’Italia al Théâtre de la Ville di Parigi per il festival Chantiers d’Europe).

“Sorry, boys” (Dialoghi su un patto segreto per 12 teste mozze) aveva debuttato nel 2012; è il terzo spettacolo della trilogia “Resistenze Femminili”, composto anche da “È’ bello vivere liberi!” e “La semplicità ingannata”.
Oltre ad essere una grande prova attorale è soprattutto, e ancora una volta, l’opportunità per affrontare pregiudizi e stereotipi del mondo femminile. Di questa società che, oggi più che mai, corre all’indietro come un gambero impazzito, rimettendo in discussione diritti e ruoli che le donne hanno conquistato con fatica nei secoli.

L’opportunità le era stata offerta dai fatti accaduti a Gloucester, nel Massachusetts, nel 2009: 18 studentesse della scuola superiore rimangono incinte. Un numero di ben quattro volte superiore alla media nazionale. E non è un incidente. Si parla di “patto di gravidanza”. Il caso si allarga dalla cittadina alla nazione intera, e valicando poi i confini fino a diventare un vero e proprio caso (anche mediatico) mondiale.

Cosa ha spinto queste giovani donne americane a cercare una gravidanza tutte insieme? A sfuggire al controllo delle famiglie, della scuola, della società? Si verrà a scoprire che in questa cittadina i casi di violenza domestica hanno numeri impressionanti. E si scoprirà che ognuna delle ragazze ha dietro una storia di violenze vissuta in maniera diretta o come spettatrici. Ecco allora che il patto nasce dalla necessità di mandare in tilt un sistema in cui la sopraffazione maschile è all’ordine del giorno, dove la paura diventa consapevolezza di volere “altro” per i propri figli.

Questa storia è raccontata da Marta Cuscunà attraverso 12 personaggi, o meglio, 12 teste mozze progettate e realizzate da Paola Villani su calchi di modelli “viventi” e rese movibili da meccanismi ricavati utilizzando i freni delle biciclette.
In scena, appese a mo’ di animali impagliati, le teste prendono vita e voce attraverso l’attrice. Ogni testa la sua voce, ogni personaggio il rispettivo carattere. Sono gli adulti: i genitori,  gli insegnanti, il preside della scuola. Sono i maschi adolescenti che diventano padri senza esserne consapevoli. Usati come seme per questa gravidanza collettiva che non lascia spazio alla risata seppur dalla platea a tratti ne emerga qualcuna, tentativo ultimo di sdrammatizzare.
Ma forse non è davvero più tempo di sdrammatizzare, perché i segnali della violenza che ci circonda sono davvero troppi. L’unico spiraglio pare la marcia di quei 500 uomini che a Glouchester la organizzarono contro la violenza: una marcia che ha il segno in embrione di un cambiamento necessario.

Sorry, boys (photo: Gianluca Panareo)
Sorry, boys (photo: Gianluca Panareo)

Ad Incanti sono arrivati anche i “Naufragi” di Controluce Teatro D’ombre capitanati da Alberto Jona, direttore artistico della rassegna. Un lavoro delicato che risale al 1995 e nato per il centenario della nascita del cinema. In un’edizione dedicata proprio al legame tra teatro e cinema, Controluce ha scelto di riproporre un lavoro del passato in una versione che ha visto il passaggio del testimone dai creatori ai giovani attori Elena Campanella, Alice De Bacco e Marco Intraia,
tre naufragi raccontati attraverso il teatro d’ombra e le collezioni di sagome del Museo Nazionale del Cinema.
Se oggi, circondati da una tecnologia imperante, questa tecnica pare quasi anacronistica, la dobbiamo invece ringraziare perché ci obbliga ancora ad immaginare. In un’epoca di ritmi frenetici questo tempo è necessario e pacificatore.
Tre piccole storie sui testi di Dario Voltolini ci raccontano di naufragi, bestie marine e delle voci suadenti delle sirene trasmettendo il lento perdersi nella nostalgia.

Più che uno spettacolo è una dimostrazione del lavoro dell’Accademia d’Arte Drammatica Aleksander Zelwerowicz di Varsavia “Mask”, proposto all’interno del Progetto Accademia Paw#Warsaw. Il progetto, nato nella scorsa edizione in collaborazione con l’Accademia di Arte Drammatica Ernst Busch di Berlino, ha come obiettivo lo scambio e il confronto sul teatro di figura tra l’Italia e le realtà straniere.
“Mask” propone due momenti precisi (tratti da “Journey to the Interior of a Room” del polacco Michal Walczak e da “Can You Whistle,Joanna?” dello svedese Ulf Stark) che indagano entrambi la relazione corpo-anima, il “dentro” e il “fuori”.

Il live painting a cura di Stefano Giorgi “Tempi burrascosi” segna in qualche modo la giornata conclusiva di questa edizione di Incanti. E’ il racconto del diluvio universale attraverso il linguaggio musicale, la narrazione e la video proiezione della pittura. Sul palco, insieme a Stefano Giorgi, anche Andrea Rebaudengo al pianoforte, Riccardo Balbinutti alle percussioni e Paola Roman come voce recitante.
Attraverso le vicende di un pesciolino, rimasto impigliato su un albero all’atto della creazione, si ripercorre la storia del diluvio. Una fiaba musicale di Nicola Campogrande, sempre su testi di Dario Voltolini, con fin troppe “vocine” e acuti nella voce recitante, forse non così utili ai bambini per seguire la storia, a tratti un po’ troppo stucchevoli per gli adulti.

SoloS di Ymedio Teatro
SoloS di Ymedio Teatro

Prima volta in Italia del gruppo spagnolo Ymedio Teatro, che con “SoloS” hanno portato a Torino una piccola meraviglia.
“Solos” è la storia di Aurelio, un vecchio solo e probabilmente dimenticato da tutti. Nel caos della sua casa, dove la spazzatura si mischia ai piccoli vecchi dolcetti che rimandano al suo passato da panettiere, gli oggetti più disparati prendono vita per diventare compagni passeggeri e divertenti della sua solitudine.
Da sacchetti di plastica, zuccheriere e vecchi abiti nascono così spassosi personaggi. Il vecchio è aiutato nella manipolazione da due attori/angeli custodi che si prendono gioco di lui dolcemente, dando vita ad un terzetto che ci fa sia sorridere che ridere.
Bravissimo il protagonista nel ruolo di Aurelio, un vecchio credibile che trasmette tenerezza, ma anche i due “manipolatori”, efficaci nel rendere così autentiche le creature immaginarie, tanto reali da farci dimenticare la loro presenza di burattinai.
Uno spettacolo bello e intenso, che speriamo possa tornare ancora in Italia.

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