Se l’occhio ha una visione spaventosa,
il cuore s’arresta e rimane sospeso!
“Benvenuti nel testo cieco”. Così Maurizio Lupinelli introduce allo studio su Amleto che a Milano ha chiuso il cerchio di un doppio percorso iniziato lo scorso autunno a Castiglioncello per Armunia. L’ultima tappa de “L’incontro mancato”, un laboratorio di avvicinamento al testo di Shakespeare che coinvolge attori professionisti e non, di cui alcuni con problemi di salute mentale, è andato in scena al Teatro La Cucina nel contesto della rassegna annuale “Da vicino nessuno è normale“.
La cornice è quella dell’ex ospedale psichiatrico milanese Paolo Pini, un’area di trecentomila metri quadrati dismessa nel 1994 e progressivamente trasformata da asilo della segregazione in luogo di accoglienza e socialità. Merito di Olinda, l’associazione coordinata da Thomas Emmenegger (psichiatra di origine svizzera che qui giunse nel 1992 quando ancora cinquecento persone vi erano ricoverate) e da Rosita Volani, che se ne occupano in permanenza insieme a un gruppo di volontari gestendo l’ostello, il ristorante e la manifestazione estiva: un cantiere della creatività che unisce lavoro e ricerca, dove ogni attività alimenta l’altra.
Ed è così che quello che all’inizio era solo “un sogno di metà estate”, sostenuto dal desiderio non di aiutare ma di condividere, compie proprio in queste settimane i suoi tredici anni.
L’incontro con “Lupo” (Maurizio Lupinelli) è avvenuto per un’intensa affinità d’anime e si è concretato lo scorso anno con la presentazione del “Marat-Sade”, che ha inaugurato il teatro nell’ala in cui un tempo avevano sede la cucina e la mensa del nosocomio.
La pratica laboratoriale dell’attore-regista (qui solo regista) intercetta istanze profondamente simili, poiché non intende curare ma prendersi cura di. Il teatro è e rimane il luogo della ricerca creativa, e la pratica teatrale non è terapia, ma vita. Lupo trova il gesto nel fare insieme, esplorando ed esercitando la meraviglia. Coltivando l’interesse per una alterità che è superamento del limite, tanto che lo spettatore alla fine non distingue più chi è altro da chi (matto chi?). Così avviene anche per quel “testo-mondo” che è l’Amleto, talmente immenso da scegliere di non accedervi come attore, ma come conduttore, dal di sotto, per così dire: da quel fuoco sotterraneo, da quella materia magmatica composta di follie (non solo quella del principe) e di fantasmi che esplodono in una molteplicità di relazioni. In un cimitero di regni della follia retti da re morti di cui non si sa più come sono morti. Per lo più relazioni mancate, come quella portante tra Amleto e suo padre, ma anche quella tra Polonio e sua figlia che, troppo tardi riconosciuta, viene seppellita. O quella del dialogo distorto tra un medico-paziente e una gallina ragionante nel suo incedere schizofrenico.
Una insegna lampeggiante nel mezzo di un muro di cappotti accoglie nello spazio scenico già allestito, dove gli spettatori giungono accompagnati, dopo avere attraversato i viali che furono dell’ospedale e dove ancora si avverte la presenza di fantasmi veri. To play, nel senso di giocare e recitare, ma anche divertirsi e fare parte di qualcosa. Ed è vero al punto che l’identificazione avviene anche se la rappresentazione non dura neanche mezz’ora.
Cresce così il desiderio che presto giunga il 24 ottobre, quando alla Festa del Teatro di Milano debutterà lo spettacolo. E allora non sarà più una sola gallina a recare in scena la fabula, come un menestrello robinhoodiano, ma una cascata di galline rosse, che invaderanno il palcoscenico anticipando l’entrata di due Rosencranz e Guildenstern disorientati e disorientanti…
L’INCONTRO MANCATO
Se l’occhio ha una visione spaventosa, il cuore s’arresta e rimane sospeso!
Ultima tappa di avvicinamento all’Amleto
Laboratorio diretto da Maurizio Lupinelli
durata: 25′
Visto a Milano, TeatroLaCucina, il 14 luglio 2009