E dunque siamo tornati di nuovo, ripercorrendo le strade de “Il Sorpasso” di Risi, nei luoghi che videro passeggiare Mastroianni e Suso Cecchi d’Amico, noi a mangiare – tra uno spettacolo e l’altro – la più buona porchetta della nostra vita sul mare di Castiglioncello, all’ombra degli alberi del Castello Pasquini.
L’occasione: l’ultimo week end della quindicesima edizione del festival Inequilibrio, la seconda con la direzione di Andrea Nanni, che Klp ha seguito per restituire le diverse particolarità dei numerosi spettacoli che quest’anno si sono riversati anche nelle località circostanti, in luoghi anomali ma estremamente seducenti.
A Rosignano Marittimo, per esempio, in una villa da poco ristrutturata e donata alla comunità, Renata Palminiello riadatta “Le tre sorelle” di Cechov consegnandola ad un gruppo di giovani attori della Galante Garrone.
Gli spettatori, seduti nel grande salone centrale dell’edificio, vengono letteralmente circondati dalle vicende di Maša, Ol’ga e Irina. In questo modo l’ordinario che li circonda, alcune sedie, un tavolo diventano straordinario, e il loro sguardo riesce ad abbracciare tutto ciò che avviene dentro e fuori la scena, sperimentando da vicino gli sguardi intrisi di speranze delle tre donne, ma anche immaginando – attraverso rumori e grida lontane – le vicende che non permetteranno a nessuna di esse di uscire dal loro piccolo guscio. “A Mosca, a Mosca” sospireranno ogni volta, ma gli inciampi del destino sempre in agguato le obbligherà solo e sempre ad immaginare improbabili fughe future.
Riempie il cuore vedere una quindicina di ragazzi, tutti bravi e impegnati nel restituire attraverso la semplicità di ogni arma che il teatro possiede, le emozioni cangianti del testo.
Renata Palminiello si affaccia poi ancora al nostro sguardo in un particolarissimo progetto sull’Antigone dedicato ai ragazzi, a cui tra l’altro il festival ha concesso molto spazio con gli spettacoli di Cà luogo d’arte, Inquanto teatro e Gli Omini.
Complice Letizia Quintavalla, il progetto dedicato al capolavoro di Sofocle si configura come un vero e proprio percorso creativo molto ampio, che coinvolge venti attrici di diversa estrazione per formazione artistica e pratica teatrale, una per ogni regione italiana. Insieme hanno preparato il racconto dell’infelice e temeraria fanciulla per un pubblico di ragazzi, e ognuna di loro lo riporterà nel proprio territorio.
Renata Palminiello, qui in terra toscana, narra in modo intensamente coinvolgente la tragica vicenda di Antigone, utilizzando delle semplici pietre che diventano i personaggi dell’azione e un mucchio di terra, emblematica protagonista di una storia anch’essa esemplare, senza tempo, che testimonia le ragioni del cuore e della fratellanza contro quelle della ragion di stato. E affinchè la storia narrata non venga persa, alla fine del racconto, l’attrice invita alcuni bambini a raccontare a loro volta questa storia ad altri bambini, lasciando loro in consegna le parole e i sassi usati nel racconto.
A Vada, sotto lo scheletro di un capannone industriale, il gruppo pratese di Kinkaleri, al calar del sole, inonda poi di colori sempre diversi il grande spazio scenico.
“For gun no fake you | All” è un progetto ancora in divenire (lo ritroveremo a Santarcangelo nel prossimo week-end), che interagisce con la figura di William Burroughs attraverso l’azione di due performer, Jacopo Jenna e Simona Rossi, che muovendosi in complice sintonia con gesti e versi intendono comunicare, rimandando al complesso mondo dello scrittore americano, riflessioni “sulla coscienza del linguaggio, sul suo potere e sulla possibilità di rivolta che potrebbe animare un corpo dell’oggi immerso nell’ordine e nel controllo”.
Intanto anche i rumori esterni vengono amplificati nello spazio scenico, e il risultato pare in perfetta coerenza con il cammino teatrale della compagnia, tra sperimentazione teatrale e installazione visiva, ricerca sul movimento e performance.
Sulla riva del mare, tra la sabbia bianca illuminata dalla luce delle torce, è ambientata invece la nuova curiosa narrazione di Stefano Massini “Balkan Burger”, affidata alla misurata recitazione di Luisa Cattaneo con le musiche dal vivo di Enrico Fink.
Viene narrata la storia di Razna che, nata ebrea in Hercegovna, tra etnie e religioni diverse, vede cambiare diverse volte la sua vita, diventando suo malgrado via via cattolica, ortodossa e musulmana, avendo come solo filo comune la macellazione della carne (tutta la carne) in un mondo governato dagli uomini, dove l’odio e la guerra regnano imperituri.
Sempre in faccia al mare, ai bordi della pineta Marradi, davanti a Villa Celestina, è ambientata “Volare via”, piccola performance imbastita dai giovanissimi di inQuanto teatro, a cui il festival ha dedicato un focus con tre spettacoli.
Il tema scelto nella piacevole pièce, appositamente scritta per il luogo appartenuto ad un gerarca fascista, è il volo. Spaziando tra gli anni, le arie e i continenti più distanti, Floor Robert, Giacomo Bogani e Andrea Falcone, utilizzando come è nel loro stile oggetti inusuali che acquistano nuova vita e dimensione, rendono omaggio soprattutto alle donne che hanno osato librarsi nell’aria, anche con il raffinato impiego di antiche melodie che Giacomo Bogani esegue dal vivo con partecipata emozione.
Ma a Castiglioncello abbiamo visto anche due spettacoli molto particolari agiti da non attori: “Che cosa sono le nuvole” di Nerval Teatro e “Chi siete voi” di Egumteatro.
In “Che cosa sono le nuvole” Maurizio Lupinelli, ispirandosi al bellissimo omonimo cortometraggio di Pasolini a cui associa anche evidenti rimandi poetici dell’altro capolavoro pasoliniano “La ricotta”, mette in scena un gruppo di attori diversamente abili che, a modo loro, rappresentano l’Otello di Shakespeare ed un’improbabile crocefissione attraverso un teatrino popolare, animato da figure che affrontano la vita con un gusto del gioco che non si incrina neanche davanti agli aspetti più tragici dell’esistenza. In perfetta sintonia con le intenzioni originarie del poeta friulano.
E così la persistenza di “un sogno dentro un sogno” è perfettamente visibile negli occhi e nella gioia degli attori protagonisti.
Della medesima felicità inventiva e necessità non ci è parso invece “Chi siete voi”, concepito da Annalisa Bianco e ispirato a “Il cavaliere inesistente” di Italo Calvino, in cui Piero Cencini e Lucio Vagaggini, ospiti della Casa famiglia Lorenzo Mori di Trequanda, sono due soldati senza identità governati da Olga Rossi, attrice professionista, qui nel ruolo di una suora.
Di grande e forte vitalità, dopo il precedente ottimo esito de “Il Signor di Pourceaugnac” di Molière, ci è parso il nuovo spettacolo di Punta Corsara “PetitoBlok, Il baraccone della morte ciarlatana”.
Come spesso accade nei testi di Antonio Calone, che firma questo ottimo lavoro, anche qui due mondi apparentemente diversissimi tra loro si incontrano, quello dell’autore napoletano Antonio Petito e del russo Aleksandr Blok, poeta e drammaturgo che mescolava nella seconda metà dell’Ottocento le tradizionali pulcinellate con storie rubate al melodramma e ai romanzi d’appendice italiani e francesi.
Nello spettacolo diretto da Emanuele Valenti un eccentrico ciarlatano russo, arrivato da poco dalla madre patria, intende sbarazzarsi, assoldando nientemeno che la morte, delle creature inventate da Petito: Pulcinella e Felice Sciosciammocca.
Con il linguaggio di una favola, lo spettacolo mescola la farsa alla commedia dell’arte, il circo alla sceneggiata, con un preciso gusto pittorico che si rifà ai balletti russi di Diaghilev (i costumi sono inventati e cuciti da Daniela Salernitano). Racconta così le tragicomiche sventure dei due protagonisti alle prese con una quotidianità fatta di fame e illusioni.
Alla fine sarà lo stesso ciarlatano che, trascinandoli nel suo baraccone, li farà (forse?) morire in scena, recitando la farsa di Petruska dove sperimenteranno e confonderanno “il lato umano e quello meccanico della paura, della fame e dell’amore”. Perchè, come si sa, le marionette non possono morire.
“PetitoBlok” si configura come una raffinata creazione dai contorni popolari, godibile per un pubblico di tutte le età, dove Giuseppina Cervizzi, Christian Giroso, Vincenzo Nemolato, Valeria Pollice e Giovanni Vastarella conducono in modo eccellente il gioco continuo di interscambio tra realtà e finzione.
Infine Dario De Luca, di “Scena Verticale”, cambia decisamente il registro del suo teatro e, appoggiandosi sulle parole di Giuseppe Vincenzi, in “Morir sì giovane e in andropausa” – atto unico in otto quadri e canzoni – riporta in auge in modo personale il teatro-canzone di gaberiana memoria per parlare del tema attualissimo della precarietà.
Parla e canta di tante cose Dario, partendo proprio dai molti aspetti della sua condizione di attore, precario, giunto ad un’età che manca decisamente di confini definiti. Parla e canta quindi del concetto abusato di giovane, dell’età fragile dei quarantenni dove nulla è certo, inventando neologismi per entrare di petto in un periodo come il nostro, dove nulla può essere dato più per scontato. E spesso lo fa partendo dalla sua Calabria, dove ancor più la morsa dell’incertezza ha sempre condizionato il futuro di uomini e donne.
Non tutto il repertorio delle invettive è dello stesso livello, e qualche volta si rischia la facile demagogia, ma la sincerità degli accenti, che si mescola all’ostentato sarcasmo per una realtà non più sostenibile, rende lo spettacolo accattivante e necessario. La Omissis Mini Orchestra, coinvolta per l’occasione, asseconda perfettamente le intenzioni del protagonista, producendosi anche in momenti di godibile teatralità.
Vi lasciamo infine al podcast della diretta di sabato 7 luglio da Castello Pasquini, nella quale i tre sciagurati ritratti nella foto a fianco (da six: Mario Bianchi, Marco Menini e Renzo Francabandera) hanno ospitato Cristiana Minasi e Giuseppe Carullo (che al festival hanno presentato “Due passi sono”, spettacolo vincitore del Premio Scenario per Ustica 2011, nonché recente premiato dalla giuria di In-Box 2012) e il ‘Gaber calabrese’ Dario De Luca di Scena Verticale, che ci ha raccontato, insieme al curatore delle musiche Giuseppe Vincenzi, la genesi di “Morir sì giovane e in andropausa – Atto unico in otto quadri e canzoni”.
Buon ascolto!