C’è una relazione sottile tra lo schiudersi della natura e l’alleggerimento dei corpi in primavera, tra il prolungarsi delle ore di luce, il mitigare delle temperature e il ritorno ad una gestualità calda e manifesta, imperlata di sudore. Non c’è forse stagione più propizia per un festival che della potenza espressiva di muscoli, legamenti, nervi, vocalità, mimica e sguardi fa il suo centro?
Da stasera, 18 maggio, fino al 10 giugno torna a Torino Interplay – Festival Internazionale di Danza Contemporanea curato da Mosaico Danza con la direzione artistica di Natalìa Casorati: 30 le compagnie ospiti, provenienti da 15 Paesi per 11 prime nazionali e 14 regionali.
Diviso per tematiche, spiega Natalìa Casorati, il festival oltrepassa generi e spazi e toccherà gli spazi di Teatro Astra, Fonderie Teatrali Limone, Lavanderia a Vapore, Museo Ettore Fico e, tramite i “blitz metropolitani”, anche in spazi urbani aperti nel centro della città per intercettare, ancora una volta, anche quel pubblico ‘casuale’ del ‘sabato pomeriggio in centro’.
La preponderanza scenica delle sperimentazioni sonore, che contraddistinguono diverse creazioni presenti al festival, inaugura stasera l’edizione 2016 con, in prima nazionale, la performance per tre interpreti del coreografo italo-olandese Michele Rizzo, “Higher”, che fonde la ricerca del movimento con le sonorità elettroniche di Lorenzo Senni.
Strettamente legata alla struttura compositiva di Nico Muhly (Metropolitan Opera di NY) anche lo spettacolo “Loom” di Yuval Pick, coreografo italo-francese che cercherà di riprodurre, attraverso il corpo, la struttura logica e metrica e la sintassi del suono del compositore americano.
“Drumming”, solo di Daniele Albanese, fa invece uso della musica dal vivo di quattro percussionisti, esecutori di un componimento del minimalista Steve Reich, Leone d’Oro alla Biennale Musica di Venezia nel 2014. Affidata alla musica dal vivo di Daniela Cattivelli anche la performance “Ossidiana” della compagnia Le Supplici/Fabrizio Favale.
Tra le presenze femminili la coreografa israeliana Liat Waysbort con “Please me please – The solo”, sul tema della metamorfosi, danzata da Ivan Ugrin, e dalla Spagna l’ipnotica danza di Roser Lopez Espinoza con “Lowland”.
Il ronzìo del mondo, la sua complessità e crudezza legano tra loro altre ricerche coreografiche che agiscono sulla contemporaneità politica e sulle mutazioni antropologiche una precisa esegesi condotta attraverso i linguaggi del corpo: “Collective Loss of Memory” di RootLessRoot e Dot 504, compagnia ceca tra le più premiate in Europa, unisce i movimenti circensi alle mosse della lotta greco-romana alle proiezioni video di filmati registrati dalle telecamere di sicurezza.
Si rivolge alla Grecia di oggi “Relic” di Euripide Laskaridis, e alla “crisi” come involuzione morale “Idiot-syncrasy” di Moreno Solinas e Igor Urzelai; all’iperstimolazione sinaptica cui siamo sottoposti nella società dei consumi volge invece lo sguardo “Everything is ok” di Marco D’Agostin; alla realtà delle televendite si ispira infine “What happened in Torino” del coreografo di origini torinesi Andrea Costanzo Martini, membro della conosciuta Batsheva Dance Company.
“La complessità del vivere contemporaneo si intreccia con la nostra quotidianità, tanto più in un’Europa che sta cambiando e che mostra nuove ferite, riflettendosi inevitabilmente nelle espressioni artistiche e sulla funzioni sociali che queste hanno. Quali sono le strategie (creative) di sopravvivenza?”. E’ questa la domanda che si pone questa edizione di Interplay.
Ed ecco allora l’importanza delle collaborazioni, delle reti, dei progetti europei ed extraeuropei con cui il festival si lega. Questa capacità e questo desiderio di confronto è, secondo Natialìa Casorati, una risorsa fondamentale in un’epoca di muri che si alzano e frontiere che ispessiscono confini e divisioni forzate.
Tra i progetti a sostegno della giovane danza d’autore saranno presenti a Interplay il network Anticorpi XL e il progetto europeo Dance Roads (che coinvolge artisti di Francia, Italia, Romania, Olanda e Regno Unito).
Ad entrambi verranno dedicati due incontri di approfondimento e dibattito negli spazi della Lavanderia a Vapore, il 23 e il 25 maggio: “Talk about dance” affronterà le tematiche legate alle nuove figure professionali del settore produttivo, alla capacità di fare networking e traccerà un profilo degli spazi di residenza artistica.
Un’attenzione particolare si rivolge alla formazione. Si rafforza il progetto di avvicinamento alla danza contemporanea Youngest Critics for Dance (YC4D), realizzato durante un intero anno scolastico insieme a Krapp’s Last Post e che coinvolge gli studenti delle scuole superiori (e, in versione senior, gli studenti del Dams dell’Università di Torino) in un percorso di osservazione e rielaborazione dei linguaggi del contemporaneo attraverso incontri, realizzazione di interviste, recensioni e video.
Al lavoro del corpo negli spazi e alla formazione dei danzatori è invece dedicato il workshop della piattaforma scenica Physical Momentum Project, legata all’attività del coreografo di origini messicane Francisco Còrdova Azuela.
Il workshop di svolgerà in collaborazione con Mcf Belfioredanza. Physical Momentum Project porta inoltre ad Interplay la performance “Postskriptum” negli spazi out delle Fonderie Limone, seguita dall’azione site specific del coreografo Daniele Ninarello e da “Cascas d’ OvO (eGGshells)” del portoghese di origini brasiliane Lander Patrick.
Il festival si concluderà, come già nella scorsa edizione, al Museo Ettore Fico il 10 giugno.
Il progetto d’ interazione tra performing e visual arts in spazi non convenzionali (che lega l’esperienza di Interplay e il Mef) prosegue quest’anno con le performance di tre realtà coreografiche italiane: Gianluca Girolami con “M 1, poi 2, poi 3…”, Bellanda con “Ci sono cose che vorrei davvero dirti” e Senza confini di pelle con “Possibili derive”.
Il programma di Interplay è dunque densissimo, portando a Torino l’eterogeneità della nuova scena della danza contemporanea nazionale ed internazionale, nel tentativo di capire come, tra analogie e differenze, le nuove generazioni di coreografi trovino risposte dissacranti, provocatorie, esorcizzanti o liriche alla complessità del quotidiano.