L’inarrestabilità della vita, l’estrema fragilità della morte nel secolo dell’aggressività della scienza è un’opera scritta e diretta da Vittorio Lucariello, regista napoletano d’esperienza, che ritorna con una messa in scena teatrale densa di citazioni per interrogarsi sul vivere nella società odierna.
Un’esperienza concettuale, personalissima, ai limiti del rappresentabile che, tramite l’immaginario delle storie vampiresche, induce lo spettatore a una riflessione profonda e tristemente attuale.
A fare da sfondo alla storia è la nostra epoca frammentata, in cui non esiste più il passato né tantomeno il futuro, ma solo un presente assente, deforme, mutilato.
Non esiste più l’universalità dei saperi ma un sapere universale, buono per tutti, fermo in alcuni parametri prestabiliti a monte dai poteri forti che hanno come obiettivo l’offuscamento delle coscienze. Quale sarà il male di Lucy, protagonista della pièce, se non la sua stessa esistenza? Lucy è dipendente dalla medicina, da quella scienza capace di conferirti l’eterna giovinezza vendendotela a buon mercato, ma è altresì legata al suo amico Doc, unico punto di riferimento ma ambiguo come un vampiro che ondeggia tra bene e male, tra umanità e perversione.
Ma chi è Doc, interpretato dal bravo Vito Marotta, se non l’uomo moderno che addenta il collo del prossimo pur di soddisfare la propria vanità, anche scientifica? Infine ci sono Elena, un giano bifronte a tutti gli effetti, femminile e maschile, violenta e sensuale, due facce di un’epoca ed Eva, la dottoressa di Lucy, dolce, sensibile ma estremamente fragile al punto da farsi contagiare dal male della propria paziente.
La messa in scena di Lucariello è manichea, volutamente sopra le righe ma piena di interrogativi a cui ancora non sappiamo rispondere con certezza. C’è tanta carne al fuoco, si respira un’atmosfera di morte, estrema ma che ben rappresenta la nostra società snaturata, vittima del consumismo sfrenato che porta addirittura a immaginare una grottesca asta in cui si bandiscono organi umani per costruire un “corpo-macchina”. Scienza e tecnica sempre meno a servizio dell’umanità, sempre più dell’immortalità dell’uomo.
Sulla falsa riga dei classici che l’autore cita, il vampiro è quindi colui che vive nell’eternità, ma che riesce a trovare redenzione perché sempre alla ricerca di sangue umano, proprio come i nostri signori del capitalismo.
L’opera di Vittorio Lucariello è geniale nella sua ridondanza, nel voler eccessivamente rimarcare i paradossi e le contraddizioni della nostra contemporaneità. Gli attori, tutti giovani, offrono una performance di livello, vissuta e, tra loro, alcune individualità come spiccano, come Elena Imperatore per la recitazione netta e scandita e Martina Liberti per una buona prova attoriale, pacata e intelligente.
Nelle note di regia, Vittorio Lucariello scrive : “Vivere non è morire. Privati dei progressi della moderna medicina, in realtà saremmo già tutti fuori dai giochi, giovani, meno giovani e bambini”.
Ma in realtà, stando alla cronaca di tutti i giorni, vivere è morire, provati dai progressi della moderna medicina e dai regressi di una civiltà ormai allo sfascio.
L’INARRESTABILITÀ DELLA VITA, L’ESTREMA FRAGILITÀ DELLA MORTE NEL SECOLO DELL’AGGRESSIVITÀ DELLA SCIENZA
testo e regia : Vittorio Lucariello
con : Elena Imperatore, Martina Liberti, Vito Marotta, Ilaria Parente, Marianna Popova.
scene : Salvatore Migallo e Adua D’Onofrio
luci e suoni : Vittorio Adinolfi
durata spettacolo: 55′
applausi del pubblico: 1’05”
Visto a Napoli, Spazio Libero Teatro, il 7 febbraio 2010.