La nuova produzione, con Ida Marinelli e la drammaturgia di Magdalena Barile, s’ispira alla figura della mecenate Peggy Guggenheim
In una desolata Venezia, dove ormai si va solo per morire, va in scena il declino, o meglio l’oscuro mondo, dell’arte contemporanea. Al centro una figura emblematica, una mecenate dell’arte, ispirata alle figure di Peggy Guggenheim e Luisa Casati Stampa, interpretata da un’amara Ida Marinelli (al Teatro Elfo Puccini di Milano fino al 2 febbraio), all’interno del suo palazzo-museo.
In questo ambiente estremamente bianco, con residui di una collezione un tempo esposta ed oggi chiusa in un caveau custodito da un vecchio leone il cui ruggito risuona stanco, va in scena una commedia amara e surreale. Un pamphlet sull’incomprensione, nella quale una stanca mecenate viene spinta dal suo giovane assistente a vivere di ricordi, quando l’istinto sarebbe quello di chiudere con tutto, compreso con se stessa.
La drammaturgia di Magdalena Barile è ricca di spunti, di accenni e capovolgimenti di senso, mettendo quasi in scena tutte le ombre del sistema dell’arte contemporaneo: le fondazioni, l’assenza di pubblico, la contestazione, gli artisti anti-sistema.
L’ingresso degli spettatori avviene come all’interno di un museo, alcune opere esposte e disposte sul palcoscenico, che gli spettatori osservano e studiano come in una qualsiasi sala espositiva. Nei residui di questa esposizione va in scena il tentativo dell’assistente della protagonista di ridar vita al museo, ricercando fondi, e tentando in extrema ratio di rinverdire la passione della stessa nei confronti dell’arte, presentandogli due artisti contemporanei sopra le righe. Tentativi vani, che sfoceranno in uno struggente finale mesto e tenero al tempo stesso.
La regia di Marco Lorenzi è vivace ed audace, in una pulizia di immagine comunque ben calibrata. Tra dialoghi con il pubblico ed intermezzi di puro movimento, l’impianto scenico si adatta al tono della commedia, così come il cast ben equilibrato, tra personaggi grotteschi e sopra le righe, e le calibrate interpretazioni di Yuri D’agostino, Angelo Tronca, Barbara Mazzi.
Le scene di Marina Conti, fra spazi bianchi, scale a scomparsa e riproduzioni di opere d’arte contemporanea, ironiche ma realistiche, completano l’ambientazione integrandosi con l’immaginario comune di una galleria d’arte contemporanea. Le luci di Giulia Pastore sono delicate e attente, regolari pur nel loro espressionismo austero.
Ida Marinelli, tra le fondatrici dell’Elfo, è stata promotrice ed ispiratrice di questo lavoro, commissionandone il testo, e costruendo su di sé un personaggio malinconico che, nonostante sia al tramonto della sua esistenza, è capace di esser luce per le nuove generazioni, seppur queste la contestino. E qui vi è forse la chiave di questa commedia, così ricca di spunti da apparire talvolta un po’ confusa: sta nel dialogo necessario tra le generazioni per ridare all’arte un senso, in una società in cui questa appare più un accessorio futile e destinato all’oblio.
Una produzione marcatamente al femminile che soddisfa il pubblico, seppur non tutto, ponendosi delle domande con leggerezza e malinconica ironia.
La collezionista
di Magdalena Barile
regia Marco Lorenzi
con Ida Marinelli e con Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Angelo Tronca
scene Marina Conti
luci Giulia Pastore
costumi Elena Rossi
suono Gianfranco Turco
assistente alla regia Giorgia Bolognani
produzione Teatro dell’Elfo, A.M.A. Factory
foto proiettate sulla scena: Guido Harari e Armin Linke (dall’archivio del Teatro dell’Elfo)
foto dello spettacolo Laila Pozzo
La compagnia e il Teatro dell’Elfo ringraziano in modo speciale Andrea Germani per il lavoro e il contributo alla
creazione dello spettacolo e del ruolo di Andy durante il primo periodo di prove
Durata 1h 25’
applausi del pubblico: 2’
Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 10 gennaio 2025
Prima nazionale